tag:blogger.com,1999:blog-62634519617527211832024-03-18T10:48:14.048+01:00Libero non professionistaComunicazione e marketing, con la massima semplicitàLibero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.comBlogger383125tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-21552766884596745402019-05-09T19:38:00.000+02:002019-05-09T19:38:00.585+02:00Gli articoli sponsorizzati, due riflessioni <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCxWDFOUU81DG7zgRdUdaJ4JYmpxIB-yhhKWgpcC8sP3KVrPJ6-6EWqCh4cZgb2puOtz8Xd3brF7Hv72qUZE4JTBBFH8PEzva_MAIFzscxXN3ydcbuHRkcPtGJDhLsEJ7L4hZ_RuSpHhc/s1600/Sponsored_LNP.PNG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="518" data-original-width="648" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCxWDFOUU81DG7zgRdUdaJ4JYmpxIB-yhhKWgpcC8sP3KVrPJ6-6EWqCh4cZgb2puOtz8Xd3brF7Hv72qUZE4JTBBFH8PEzva_MAIFzscxXN3ydcbuHRkcPtGJDhLsEJ7L4hZ_RuSpHhc/s400/Sponsored_LNP.PNG" width="400" /></a></div>
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<br />
Gli articoli a pagamento ci sono sempre stati. <b>Il "giornalismo di una volta, quello coi valori e i cronisti d'assalto" non è mai esistito. </b>O almeno, non c'è mai stato solo quello. Mi spiego.<br />
<br />
Quando iniziai il mio lavoro in ufficio stampa, gli articoli sponsorizzati si chiamavano pubbliredazionali. Nome orribile. Io poi li chiamavo "publiredazionali" poi <a href="http://forum.accademiadellacrusca.it/phpBB2/viewtopic.php@p=90.html">la Crusca mi convinse che sbagliavo</a> e aggiunsi una B. Non mi piacevano, per la mia idea nobile di "redazione". <b>Ma il giornalismo, come imparai, è cosa complessa e gli ideali, che ci sono ancora (o almeno ci voglio credere), sono solo una parte del tutto</b>. C'è da guadagnare e avere aziende che pagano per essere sul giornale in modo diverso dalla pubblicità tout court, in un modo più... redazionale, è sempre stato interessante per un editore.<br />
<br />
<b><a href="https://liberononprofessionista.blogspot.com/2009/10/web-advertising-sempre-con-buon-senso.html">Ne scrivo dal 2009</a>. Ora si chiamano <i>sponsored content</i>. Oppure <i>native content</i>, se il "sponsored" non ti piace tanto. O, se poi vuoi essere davvero cool, <i>native ads</i>. La sostanza non cambia di una virgola</b>, l'inglesismo non ti salva: è un contenuto che diventa qualcosa di simile al prodotto della redazione ma viene pubblicato perchè qualcuno paga e non è direttamente l'editore. Diciamolo ancora: ci sono sempre stati.<br />
<br />
<b>La differenza la fa sempre, e sottolineo sempre, il rispetto verso il lettore</b>. Se io leggo una news su un'azienda, voglio capire subito se è stato pubblicato perché un giornalista ha ritenuto fosse una notizia (poi su questo si possono scrivere altri 237 post ma avete capito) oppure perché un'azienda ha pagato. Preferisco la prima ma non demonizzo la seconda. <b>Spesso questa trasparenza non c'è e qui sta la cosa brutta. Perché se il media non mette in chiaro le cose, mi prende in giro. Senza se e senza ma.</b><br />
<br />
<a href="https://www.ilpost.it/2019/05/09/articoli-sponsorizzati/">Il Post ci ha scritto un post oggi</a>. Loro due parole, io più umilmente ci faccio due riflessioni:<br />
<br />
<ol>
<li>Caro Post, apprezzo che tu mi rispetti come lettore e mi spieghi la tua linea editoriale e redazionale. Mi scrivi "ARTICOLO SPONSORIZZATO", <a href="https://www.ilpost.it/2019/05/09/prossimo-passo-salone-libro-sostenibilita/">come qui</a>, e non posso che apprezzare.</li>
<li>Caro Post, tu scrivi che è "una cosa che non avviene per gran parte degli articoli di simile natura che trovate sui quotidiani o su altri siti". Oltre a prendere posizione, potresti agire con chi dovrebbe tutelare la deontologia professionale?</li>
</ol>
<a href="https://www.mobilemarketer.com/news/emarketer-native-ads-to-grab-63-of-display-spending-in-2019/552996/">I <i>native ads</i> vanno benissimo pare.</a> Ma c'è da fare chiarezza.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-71487534740582258602019-01-04T21:52:00.000+01:002019-05-09T11:33:05.791+02:00Il lungo periodo (il ritorno del blog) <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAWFLiiTpfcld8b18Tt1vCHDi1TY-RemeZQY9i-SSrPIn7Jk65s8vsMV0wz29-qPY-iiqa7Or7vroi8HmYIF4UwGuemoVrbr0uDzvHIPcEJD3eVoW4HH90YFdWUH8UAR76kUE1V2WOq14/s1600/IMG_20181227_152321.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAWFLiiTpfcld8b18Tt1vCHDi1TY-RemeZQY9i-SSrPIn7Jk65s8vsMV0wz29-qPY-iiqa7Or7vroi8HmYIF4UwGuemoVrbr0uDzvHIPcEJD3eVoW4HH90YFdWUH8UAR76kUE1V2WOq14/s400/IMG_20181227_152321.jpg" width="400" /></a></div>
<b><br /></b>
<b>Il 2019 è l'anno del blog</b>. Ritorno al futuro, insomma. Per chi come me ha sempre scritto di marketing e comunicazione, il luogo della conversazione ormai è un altro. Si scrive più brevemente negli ambienti sociali, magari più frettolosamente e seguendo molto hashtag e trending topic. Ma è lì che si dibatte.<br />
<br />
Detto questo, <b>il "troppo breve" non mi ha mai conquistato. Come in tutte le cose della mia vita, io sono di medio e lungo periodo. Anche nella scrittura e nella riflessione, sono di lungo periodo. Long form come stile di vita</b>, insomma. Per questo niente mi ha dato più soddisfazioni di questo blog: tanti mi hanno chiesto perché l'ho congelato, mi leggevano volentieri. Ma, come scrivevo sopra, avevo scelto altri luoghi.<br />
<br />
Io a questo ritorno del blog non ci credo fino in fondo. <b>Tuttavia il mai dire mai è il mio vero mantra, nel bene e nel male</b>. Per cui, dopo 3 anni e mezzo, nasce oggi un nuovo post. Perché spero ardentemente in un ritorno all'approfondimento, all'analisi e alla dialettica. Necessario in un settore, come il mio, dove 3 anni e mezzo sono a velocità luce e ci vuole gente che metta ordine alle idee.<br />
<b><br /></b>
<b>Ma anche perché, in fondo, sono un romantico. Bentornati.</b><br />
<br />
Una novità: le foto a corredo saranno solo mie. Le trovate anche su Facebook, Instagram e Twitter. Per ribadire il concetto.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-62574425590670150432015-07-10T13:30:00.000+02:002015-07-10T14:14:14.335+02:00Apple, il Wrestling marketing e le PR ai tempi dei social media<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip-B7nEhLuDfZm_7OoblSpmcuUf9xYajahbuGRNk_D3STwf4cyM6d3gV5VwuDy8OzeHaYPGclyblb8lRCnGrvUhp-VUNN17_sCGSpebODEBQNUISCjqAjB4LCwckB0MtOWBE8b4ow1LWA/s1600/Hulk.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="270" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEip-B7nEhLuDfZm_7OoblSpmcuUf9xYajahbuGRNk_D3STwf4cyM6d3gV5VwuDy8OzeHaYPGclyblb8lRCnGrvUhp-VUNN17_sCGSpebODEBQNUISCjqAjB4LCwckB0MtOWBE8b4ow1LWA/s400/Hulk.jpg" width="400" /></a></div>
Sto finendo i miei 15 giorni a casa in malattia (niente di grave, tranquilli) e ho potuto leggere molto più del solito. <b>Ho avuto una sensazione: Apple sta cambiando strategia di marketing e comunicazione. </b>Ne è nato un post lungo. <br /><br /><b>L'azienda che ha inventato il <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2011/10/hanno-inventato-il-mistake-marketing.html">mistake marketing</a> sta reinventando le care, vecchie PR al tempo dei social network. </b>Riassumo: sta lanciando Apple Music per far ascoltare la musica in streaming e <a href="http://www.ilpost.it/2015/06/21/taylor-swift-apple/">la cantante Taylor Swift si indigna</a> (molto, troppo educatamente) perché pare che non le paghino i diritti per i primi tre mesi, gratuiti per gli utenti. Apple risponde molto, troppo velocemente che accoglie la richiesta della cantante e lo fa via Twitter (non con un comunicato stampa, per la prima volta) con le parole di un executive (non di Tim Cook). Cose impensabili ai tempi di Steve Jobs. <b>A pensar male si fa peccato ma ne escono tutti troppo bene. Tutto premeditato? No, dai, il complottismo estivo no.</b><br /><br />Poi leggo un'altra news: Rdio, un servizio che offre streaming di musica come Spotify, <a href="http://www.wired.it/play/musica/2015/06/22/apple-storia-si-ripete-contrario/">riprende una storica pagina pubblicitaria di Apple di 34 anni prima</a> per "augurare il benvenuto" ad Apple stessa in quel mercato. Sottolineando che non innova ma è follower. <b>Come ne esce Apple? Come un'azienda innovativa da 34 anni che ora si butta su un mercato nuovo con tutti i rischi del caso</b> (facendo dimenticare, per un attimo, che fa soldi a palate vendendo smartphone e tablet costosissimi). <b>Non male, mi pare</b>. Anche questa potrebbe essere una cosa studiata a tavolino? Tutto legittimo, eh.<br /><br />In un periodo dove i social network sono brutte gatte da pelare, la società potrebbe aver adottato questo schema: entro in scena, mostro i muscoli (Apple Music ma vale anche per Apple Watch), vado in difficoltà (sono un'azienda normale), attendo il momento giusto (chiamo a raccolta i miei supporter e testimonial) e poi ne esco con estrema signorilità (accolgo richieste e accetto l'ironia). Fantasia? <b>Nel wrestling, dove <a href="http://www.theguardian.com/culture-professionals-network/2015/mar/31/event-marketing-tips-pro-wrestling-progress">lavorano geni di marketing e storytelling</a>, è lo schema usato da sempre. Il grande limite è che tutti gli attori devono operare sotto una regia coordinata. Non proprio uno scherzo.</b><br /><br />Ecco alcuni fatti, non sensazioni. Katie Cotton, la storica PR Chief di Apple (e probabile mente del mistake marketing), <a href="http://recode.net/2014/05/30/goodbye-to-all-that-today-is-katie-cottons-last-day-at-apple/">ha lasciato Apple l'anno scorso</a>. Al suo posto c'è <a href="https://www.apple.com/pr/bios/steve-dowling.html">Steve Dowling</a> che, insieme a Tim Cook, gestisce la comunicazione. <b>Un approccio diverso dal precedente, meno chiuso, più aperto e collaborativo. Apple comunica anche al mondo della musica e della moda, non solo al mondo IT e tecnologico</b>. Non solo, coinvolge star del settore non solo come testimonial ma come esperti nei propri progetti (un esempio? <a href="http://www.webnews.it/2015/07/02/trent-reznor-apple-music/">Trent Reznor</a>). <br /><br />Quindi niente complotti, solo un cambio di strategia e di passo. <a href="http://www.beyonddevic.es/2015/07/02/apples-evolving-pr-strategy/">Non sono l'unico a pensarla c</a><a href="http://www.beyonddevic.es/2015/07/02/apples-evolving-pr-strategy/">osì</a>.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-20883297999994323472015-06-19T18:30:00.000+02:002015-06-19T18:30:00.497+02:00Juventus, un problema d'immagine (non solo suo)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizRfrrSu6uxPe0TrHLWkg4aWtxf-Qwm7EJON4fyhwwfX9A4SI8nZtAS91_tmA6HitW817Ctae9zQnAjt8WJnMLVbHpkt6IHZDdcesoAwljpTONouhqMAFxuiTDRNkDNEIgHPQ2Zm9LTKs/s1600/CampagnaJuve.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEizRfrrSu6uxPe0TrHLWkg4aWtxf-Qwm7EJON4fyhwwfX9A4SI8nZtAS91_tmA6HitW817Ctae9zQnAjt8WJnMLVbHpkt6IHZDdcesoAwljpTONouhqMAFxuiTDRNkDNEIgHPQ2Zm9LTKs/s400/CampagnaJuve.jpg" width="400" /></a></div>
Immagini, calcio e polemiche. No, non è la solita storia di tifoserie e di violenze ingiustificate, qui si tratta di un problema di immagine, anzi di un'immagine. La Juventus ha dato inizio alla propria campagna abbonamenti con una campagna di comunicazione (sì, è tutta campagna). Questa è incentrata su <b>una foto ad effetto, quella che si vede qui sopra</b>. Bene, é venuto fuori che la stessa immagine, o quasi, era stata usata da una squadra spagnola di terza divisione circa due mesi fa. E son partite le polemiche su plagio e affini. <a href="http://www.wired.it/attualita/media/2015/06/18/creativita-tempi-internet-caso-juve/">Spiega tutto molto bene Michele Boroni qui</a>: la foto, la stessa, è stata presa legittimamente da entrambe le società (o dai loro partner) da un portale specializzato (Shutterstock). Infatti il Badajoz, la squadra spagnola, l'ha presa benissimo.<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<div dir="ltr" lang="it">
Ciao <a href="https://twitter.com/juventusfc">@juventusfc</a>, non ti preocupare, tutto bene con una partita di calcio in Badajoz tra bianconeri. Saluti. (2/2) <a href="http://t.co/jRvuddeirK">pic.twitter.com/jRvuddeirK</a></div>
— C.D. Badajoz (@CDBadajoz1905) <a href="https://twitter.com/CDBadajoz1905/status/610912479363751939">16 Giugno 2015</a></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>
Qual è allora la questione? Le foto spiegano più di mille parole, si dice, ed è verissimo. <b>Il problema è che fare belle foto, quelle che "parlano" da sole, non è affatto facile</b>. E un fotografo costa. Ci sono portali che hanno migliaia di immagini a portata di mano, per pochi euro. Problema risolto e tutto a posto quindi? Non proprio.<br />
<br />
Il problema è che spesso <b>quelle foto sono belle e "parlano" ma non nella nostra lingua e c<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2012/03/la-voce-dellazienda.html">on la nostra voce aziendale</a>.</b> Quante foto della stessa modella vediamo sul catalogo di prodotti di un'impresa e, allo stesso tempo, su un sito di incontri? Quante riunioni di manager 30enni di ogni etnia vediamo in centinaia di siti di Pmi nostrane (fossero verosimili sarei contentissimo, sia chiaro)? Tante, troppe. <b>Foto che parlano ma non comunicano niente della nostra unicità, anzi.</b><br />
<br />
Shutterstock non fa nulla di male, soddisfa una necessità. Il<b> problema sta in chi compra, in chi non spende tempo e risorse per provare a parlare davvero ai propri clienti.</b> L'alta qualità delle foto è un limite, ma per provare basta una Reflex o un iPhone. La vera questione è questa: non si sa cosa dire, allora si fa come gli altri. Non si perde due ore a sperimentare. Non si coinvolge un fotografo freelance per vedere l'effetto che fa. Perché no?<br />
<br />
Care aziende, sperimentate! Shutterstock e i suoi simili sono sempre lì. Al massimo si rischia di dover giocare un'amichevole con una squadra di terza serie spagnola. <b>Avere rispetto dei nostri utenti e dei nostri clienti, di chi ci guarda e ci legge, quello sì che è difficile.</b><br />
<br />
<i>P. S. Nell'azienda dove lavoro, le foto sono tutte nostre, senza alcuna eccezione. L'ispirazione l'abbiamo presa da altri, certo, però l'esecuzione è tutta nostra, con i difetti e le imperfezioni. Noi siamo quelli lì.</i>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-80804165254144999632015-05-29T07:00:00.000+02:002015-05-29T07:00:01.505+02:00Mobile first? Forse abbiamo avuto troppa frettaNegli ultimi mesi, meglio anni, il mantra per chiunque volesse consigliare le aziende nella loro promozione online è stato: <b><i>mobile first</i></b>. Riassunto breve: tutti abbiamo uno smartphone, quasi tutti abbiamo un tablet, a breve i PC saranno morti e sepolti, facciamo contenuti e contenitori adatti ai piccoli schermi. Tutto giusto, no? Non esattamente. Stanno nascendo alcune riflessioni, <a href="https://blog.intercom.io/why-mobile-first-may-already-be-outdated/">come questa</a> che ritengo molto interessante e che va più in profondità. <b>Oltre al <i>first</i> c'è di più. Mi focalizzo su un punto:</b><br />
<blockquote class="tr_bq">
<i>It’s true that for many people their mobile screen is their primary screen most of the time. What’s not true is that this is the only screen that matters.</i></blockquote>
<b>Non è tanto importante lo schermo che guardo (qui lo smartphone vince facile) ma lo schermo che conta per riflettere e decidere</b>. Guardiamo <a href="https://blog.intercom.io/wp-content/uploads/2015/05/Times-and-screens.png">l'immagine qui sotto</a>: stiamo 8-10 ore al giorno davanti a un PC, contro le 2/3 ore davanti a un tablet o uno smartphone.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blog.intercom.io/wp-content/uploads/2015/05/Times-and-screens.png" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="640" src="https://blog.intercom.io/wp-content/uploads/2015/05/Times-and-screens.png" width="352" /></a></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
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Siamo così sicuri che, per decidere su tante cose della nostra vita, lo smartphone o il tablet siano l'unica cosa che consultiamo? Magari sì, ma intanto riflettiamoci su. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="http://blogs.wsj.com/cmo/2015/05/26/mobile-isnt-killing-the-desktop-internet/">Un dato di fatto</a>: <b>si accede molto di più al Web con i device mobili. I dati sono sotto i nostri occhi, </b>come lo sono i nostri smartphone, primi testimoni di questo fatto. <b>Ma quello che non ci dicono è che l'accesso da PC non cala, rimane costante. <i>Mobile Isn’t Killing the Desktop Internet, </i>insomma.</b> La torta cresce, smartphone e PC non si rubano le fette tra loro. </div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<br /></div>
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Per questo, <b>per comunicare online, la cosa fondamentale è il progetto che ci sta dietro, non il dispositivo che usano le persone per accedere ai nostri contenuti.</b> Un progetto che ci fa capire chi ci guarda e cosa interessa a chi ci legge. Un obiettivo molto più difficile da realizzare rispetto a un sito "mobile first". E qui sta il punto.</div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-1221751990499620792015-04-29T07:00:00.000+02:002015-05-04T12:06:29.267+02:00Quattro lezioni di marketing per le PMI<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtezPYuiAJO15tbItdZ6zvnyfktgxjhxFsy3m1_8NgKfAbRWY0G0x_NlIp-1oPEhM53sSAeJUtgfllCbrrtqNC-35M81K8OGr-qVRnHMDtOe4Og5xoBFevEuO8JQccPzGgBpZLE8Ijsl8/s1600/b2b-tech-content-marketing-strategy.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="287" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtezPYuiAJO15tbItdZ6zvnyfktgxjhxFsy3m1_8NgKfAbRWY0G0x_NlIp-1oPEhM53sSAeJUtgfllCbrrtqNC-35M81K8OGr-qVRnHMDtOe4Og5xoBFevEuO8JQccPzGgBpZLE8Ijsl8/s400/b2b-tech-content-marketing-strategy.jpg" width="400" /></a></div>
<b><br /></b>
<b>Le PMI possono imparare a "fare marketing" dalle grandi aziende? <a href="http://www.forbes.com/sites/theyec/2015/04/28/6-marketing-moves-small-businesses-can-borrow-from-big-companies/">Un interessante articolo pubblicato da Forbes</a> sostiene che è possibile, anzi che dovrebbero farlo</b>. Condivido. Ovviamente bisogna adattare quelle idee a scenari diversi, con budget e obiettivi più limitati ma, non per questo, meno significativi. A mio parere, l'ordine indicato dall'articolo può essere adattato meglio allo scenario italiano "rimescolando" i vari punti. Si tratta di un punto di vista che potrebbe essere un buon inizio di un buon dibattito.<br />
<br />
<ul>
<li><b><span style="color: orange;">Pianificare le notizie da veicolare</span></b>: le grandi aziende hanno team dedicati, strumenti importanti, budget ad hoc. Le PMI però possono decidere di programmare gli annunci da fare, dando modo e tempo ai propri dipendenti (che al 95% non "veicolano contenuti" per mestiere) di preparare articoli e news interessanti. Questi annunci possono cogliere le opportunità di visibilità offerte da scadenze normative o eventi, che hanno date prevedibili. In più, si genera una costanza di comunicazione che può portare solo benefici alla credibilità aziendale.</li>
</ul>
<ul>
<li><b><span style="color: orange;">Cercare collaborazioni e partnership</span>: </b>le aziende medio/piccole in Italia sono abituate a vedersi "sole contro il mondo" e a guardare le altre imprese come veri e propri nemici, non come normali avversari che perseguono normali obiettivi di business. In realtà esistono opportunità di collaborazione che potrebbero portare benefici a entrambi i partner, anche solo iniziando a fare quattro chiacchiere su progetti specifici. Solo che si ha paura "che ci rubino quelle idee mirabolanti che non abbiamo ancora ben chiare neanche noi". </li>
</ul>
<ul>
<li><b><span style="color: orange;">Dotarsi degli strumenti giusti con costi giusti</span>: </b>oggi esistono software a basso costo che permettono a una PMI di fare campagne di direct marketing, gestire il CRM e analizzare nuove opportunità di business in modo efficace e completo (<a href="http://www.infusionsoft.com/home2">vedi qui</a>). Spesso si pensa che siano strumenti sovradimensionati. Spesso, per questo motivo, neanche li si valuta con attenzione. Spesso si sbaglia.</li>
</ul>
<ul>
<li><b><span style="color: orange;">Creare un network di media che dia visibilità ai prodotti</span>: </b>spesso le aziende pensano che si possa andare sui media solo pagando cifre esorbitanti in pubblicità e redazionali. In realtà siti e riviste specializzate cercano continuamente buoni contenuti da riprendere, pubblicare e analizzare. Il problema sta spesso nel fatto che non si creano "buoni contenuti" ma articoli autoreferenziali e ripieni di copia e incolla tratti dalle brochure commerciali. Diciamolo insieme: tranne noi, chi li pubblicherebbe?</li>
</ul>
<br />
L'articolo di Forbes cita altri due punti, ossia <b>automatizzare la gestione dei social media e portare avanti iniziative per far si che i nostri partner/clienti parlino di noi</b>. Io consiglierei a chi legge queste righe a fare una riflessione sui primi quattro punti. Sarei già contento.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-27692724791167546562015-04-03T06:30:00.000+02:002015-04-03T06:30:03.137+02:00Real Time Marketing: il futuro è ibrido<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2x7dT6uvwDNTDttwRBkgsGZxVNmGMevG8kVS8FCDKxD9rzp82VXeuZA7oS9nB9bEp2rxUbQZEpEhQ3UAIg8FJM07HO_7MtQTVcy4D4ayCIrchjb-Qa7urxnEIrdIRDDVkYQBEGbGNSs8/s1600/realtimeweb1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg2x7dT6uvwDNTDttwRBkgsGZxVNmGMevG8kVS8FCDKxD9rzp82VXeuZA7oS9nB9bEp2rxUbQZEpEhQ3UAIg8FJM07HO_7MtQTVcy4D4ayCIrchjb-Qa7urxnEIrdIRDDVkYQBEGbGNSs8/s1600/realtimeweb1.jpg" height="255" width="400" /></a></div>
Ho scritto numerose volte che gli obiettivi di marketing non sono gli obiettivi di vendita, <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/11/come-andata-la-campagna-delle-lattine.html" target="_blank">ad esempio commentando l'andamento della campagna delle lattine personalizzate di Coca Cola</a>. Tuttavia è vero che <b>i tempi stanno cambiando</b>. <a href="http://vincos.it/2015/04/02/le-nuove-sfide-del-marketing/" target="_blank">Come dice giustamente Vincenzo Cosenza</a>:<br />
<blockquote class="tr_bq">
La linea di demarcazione tra chi provvede a promuovere il prodotto e chi ha il compito di venderlo continua a sfumare. Al tempo della rete al marketer è richiesto, sempre più, di portare risultati tangibili di business.</blockquote>
<b>Mai come oggi, commerciale e marketing si stanno avvicinando, creando spesso figure molto più ibride rispetto a quelle che si vedevano anni fa</b> con i marketer che si occupavano solo di ricerche di mercato e media plan e i venditori a parlare di agenti e listini da scontare. Oggi il contatto tra persone e aziende, oppure tra aziende e aziende, è molto più diretto, grazie anche a Internet. Ci vogliono professionisti più versatili, in grado di capire subito l'esigenza della persona con la quale si relazionano e di preparare da subito le basi per un'opportunità di vendita (<i>imparare a comprendere e migliorare la “customer experience” delle persone, dentro e fuori internet, </i>come dice Vincos).<i> </i>Proprio <b>la gestione della customer experience è il fattore decisivo per contribuire alla crescita dell'azienda.</b><br />
<br />
Già nel 2012 scrivevo <a href="http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_libro.aspx?ID=20206&Tipo=Libro&titolo=Promuoversi+mediante+Internet%2E+Nuovi+contenuti+per+il+web%2C+nuovi+clienti+per+la+propria+impresa#" target="_blank">sul mio libro "Promuoversi mediante internet"</a> che un'azienda d<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2012/03/la-voce-dellazienda.html" target="_blank">eve avere una voce propria, unica, inimitabile</a>:<br />
<blockquote class="tr_bq">
Le persone che lavorano insieme devono parlare, confrontarsi e decidere procedure comuni, linee guida che devono poi essere declinate in attività specifiche. Questo ovviamente presuppone una consapevolezza organizzativa molto avanzata.</blockquote>
Se un potenziale cliente ci contatta, non abbiamo una seconda occasione per fare una buona prima impressione. <b>L'organizzazione deve essere strutturata per agire subito attraverso persone diverse con competenze diverse che però condividono linee guida omogenee</b>. Il <a href="http://en.wikipedia.org/wiki/Real-time_marketing" target="_blank">Real Time Marketing</a> è un fattore decisivo già oggi perché, se non siamo bravi, il nostro interlocutore ha un'opzione alternativa veloce e sicura: Google.<br />
<br />
(Photo credits: <a href="http://www.square2marketing.com/blog/bid/152507/How-Real-Time-Marketing-Drives-Inbound-Marketing-Leads">http://www.square2marketing.com/blog/bid/152507/How-Real-Time-Marketing-Drives-Inbound-Marketing-Leads</a>)Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-26935202845590248322015-03-25T06:30:00.000+01:002015-03-25T06:30:01.309+01:00Dalla carta al digitale, un'evoluzione con qualche sorpresa <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="http://www.revolucaodigital.net/wp-content/uploads/2013/04/Fujitsu-touchscreen-papel-610x457.jpg?d01e53" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="" border="0" src="http://www.revolucaodigital.net/wp-content/uploads/2013/04/Fujitsu-touchscreen-papel-610x457.jpg?d01e53" height="298" title="" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La "carta digitale" (<a href="http://www.revolucaodigital.net/2013/04/17/fujitsu-reinventa-papel/" target="_blank">qui immagine originale</a>)</td></tr>
</tbody></table>
<b><br /></b>
<b>La rivoluzione digitale si sta compiendo sotto i nostri occhi: la carta sembra ormai obsoleta</b>, a rischio estinzione, con l'affermazione di ebook e testate online adatte anche a tablet e smartphone. Per non parlare degli onnipresenti social network, nuova grande passione anche dei giornalisti della vecchia scuola. <b>La realtà, come sempre accade, riserva sempre qualche sorpresa e rende meno nette queste vittorie annunciate</b>. Perché le persone, ossia le variabili più complesse e imprevedibili di tutto questo discorso, non sempre seguono quello che preannunciano tanti esperti nelle loro bellissime presentazioni. A proposito, <a href="http://wallblog.co.uk/2015/03/18/why-digital-marketers-need-to-get-over-their-love-affair-with-the-internet/" target="_blank">sapevate che pure Internet scomparirà?</a><br />
<br />
Sono uscite alcune <b>ricerche che sottolineano risultati in parte sorprendenti visto che siamo abituati a leggere che il digitale vince sempre e comunque</b> sul quel "materiale igroscopico, costituito da materie prime prevalentemente vegetali, unite per feltrazione ed essiccate" che è la carta. Ad esempio, pare che<b> <a href="http://editoria.tv/editoria/libro-batte-ebook/" target="_blank">leggendo un libro cartaceo le informazioni restino più impresse</a> </b>che usando un PC, un tablet o un ebook reader (punto di vista personale: non ho avuto questa percezione ma può essere). Inoltre, <b>se si devono prendere appunti, <a href="http://www.vox.com/2014/6/4/5776804/note-taking-by-hand-versus-laptop" target="_blank">la carta è migliore perché si ha più comprensione dei contenuti</a></b>. Sul secondo risultato devo dire che sono piuttosto d'accordo, per esperienza personale: su carta i concetti sono più creativi, più miei, seguono la mia logica e le relative connessioni, non quelle di un software per testi fatto da altri. Certo, <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/11/cinquantatre-idee-per-un-sito-web.html" target="_blank">gli ibridi sono già tra noi</a> ma non divaghiamo.<br />
<br />
<b>Parlando di rivoluzione digitale e di "scomparsa della carta", non si può non citare le previsioni e le analisi legate al mondo dei media</b>. Il problema è che se si deve pensare a un nuovo modello di giornale che vada oltre il cartaceo, specialmente se si vogliono ottenere ricavi, è bene <b>prefigurarsi bene la strada da seguire e i concetti da capire</b>. Ad esempio, è vero che Facebook è una piattaforma molto diversa da un sito Web o un quotidiano cartaceo ma <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/01/guardando-il-sole.html" target="_blank">il giornale è sempre quello e deve essere coerente con sé stesso</a>. Sta qui il difficile. Pare che al <a href="http://blog.debiase.com/2015/03/facebook-come-piattaforma-editoriale-dice-new-york-times/" target="_blank">New York Times lo sappiano bene</a> mentre <a href="http://www.datamediahub.it/2015/03/23/newsbrand/#axzz3VCbOPlxB" target="_blank">al Messaggero</a> abbiano opinioni diverse. Non è una strada facile, solo ora, dopo anni di parole (<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2012/10/the-all-digital-future.html" target="_blank">vedi qui, anno 2013</a>) sta emergendo <a href="http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2015-03-20/la-luce-americana-digitale-modello-wsj-la-crescita-083226.shtml" target="_blank">qualcosa di davvero concreto e sostenibile</a>.<br />
<br />
Stiamo a vedere come evolve tutto il discorso, al di là di presentazioni, eventi e ricerche. Perché vedere cose come la carta digitale dell'immagine sopra fa restare a bocca aperta, ma bisogna usarle quelle cose e qui è tutta un'altra storia. Da sempre ritengo che <b>la carta abbia grandi qualità (semplice, concreta, durevole) e che non sia alternativa al digitale, almeno non nel medio periodo</b>. Perché è dura a morire.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-1713645464414732952015-01-09T06:30:00.000+01:002015-01-09T09:14:55.072+01:00Non sono solo vignetteNelle ore successive al vigliacco attentato a Parigi alla redazione di un giornale satirico da parte di due terroristi, tra le mille questioni (<a href="http://www.mantellini.it/2015/01/07/una-cosa-lunga-sui-rapporti-fra-giornalismo-e-rete/" target="_blank">vedi qui</a>) se ne è posta una che mi ha fatto riflettere. <b><a href="http://www.ilpost.it/2015/01/08/pubblicare-vignette-charlie-hebdo/" target="_blank">Nel dare la notizia si doveva o non si doveva pubblicare quelle vignette</a>? </b><br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<a href="https://twitter.com/chedisagio">@chedisagio</a> poche vignette in prima pagina. Essendo protagoniste assolute della vicenda, fa riflettere un po'.<br />
— Riccardo Polesel (@riccardopolesel) <a href="https://twitter.com/riccardopolesel/status/552991668421812225">8 Gennaio 2015</a></blockquote>
Prestigiose redazioni hanno detto la loro, come è giusto che sia: ognuno fa le sue scelte, ha la sua linea editoriale e dei principi che ne regolano il funzionamento. Alcuni hanno deciso di sbatterle in prima pagina, altri no, <a href="http://www.politico.com/magazine/story/2015/01/charlie-hebdo-crisis-of-free-speech-114067.html?hp=r3_3#.VK8YAyuG-Sp" target="_blank">creando riflessioni serie sul tema della libertà di espressione</a>. Qui però, a mio parere, la questione è diversa. <b>Le vignette sono parte integrante di questa notizia, in quanto esprimono il "perché" un fatto è avvenuto. Il "perché" è un elemento imprescindibile del dare una notizia, come prevede la <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Regola_delle_5_W" target="_blank">regola aurea delle 5 W</a></b>, e uno dei principali valori aggiunti del giornalismo. Ti spiega i fatti. Per questo, seguendo la regola, ogni giornale avrebbe dovuto pubblicare il movente della strage, per spiegare al proprio lettore perché è nata quella azione e dargli una chiave di interpretazione.<br />
<br />
<b>Le vignette sono nate insieme al giornalismo</b> e, in particolare, quelle molto dirette fanno parte della tradizione dai tempi della nascita delle Gazette americane. <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Join,_or_Die" target="_blank">La prima, pare, la fece Benjamin Franklin</a>. Fa specie pensare che tanti mass media, in particolare americani, abbiano deciso di non pubblicarle, adducendo le più varie motivazioni. Una delle più preoccupanti, forse, è quella <a href="http://www.politico.com/blogs/media/2015/01/internal-cnn-memo-we-are-not-at-this-time-showing-200711.html" target="_blank">espressa dalla CNN</a>. Ripeto, ognuno nella sua redazione fa come gli pare ma ricordiamo che il rispetto per il lettore deve venire prima di tutto. Se non è così, aboliamo le 5 W, direttamente.<br />
<br />
Personalmente, la prima pagina che avrei fatto io è quella de L'Echo: <b>nero a lutto, frase ad effetto, tante vignette e non solo quelle "incriminate"</b>. Niente foto dei killer: troppo facile. E sbagliato.<br />
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://pbs.twimg.com/media/B6x5RV2IIAAYRRh.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="400" src="https://pbs.twimg.com/media/B6x5RV2IIAAYRRh.jpg" width="267" /></a></div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-51368119040904409372014-11-25T08:00:00.000+01:002014-11-25T08:00:03.549+01:00Repetita iuvant?<div class="separator" style="clear: both; text-align: left;">
<a href="http://farm4.static.flickr.com/3584/3821844437_82cf695dce.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://farm4.static.flickr.com/3584/3821844437_82cf695dce.jpg" height="358" width="400" /></a></div>
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Ho appena finito di leggere un libro che parla di relazioni, di media digitali, di conversazioni. Si tratta di un'autrice davvero brava, che scrive come pochi, raramente banale. Eppure, pur formalmente perfetto, l'ho trovato privo di anima, di scintilla, di curiosità. Era come leggere una serie concatenata molto bene di pensieri (suoi) già letti, già scritti, già emersi. Il fatto è che quando le aspettative sono alte, come in questo caso, penso sia facile che accada. Ma non è questo il punto. Mi sono rivisto in modo chiaro in quel libro: da tempo, forse troppo, io e altri stiamo girando intorno agli stessi concetti, alle stesse (false) novità, alle stesse analisi. Lo stesso disco nel quale rimescoliamo solo le tracce. <b>Quando guardiamo lo specchio, e non il numero di amici o follower, non vediamo niente di nuovo.</b><div>
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Internet non è più una novità da molto tempo, Facebook ha dieci (ripetiamo, dieci) anni, Twitter otto. Eppure siamo sempre lì a dire che le aziende non capiscono la rivoluzione che scorre sotto i loro piedi, che non fanno relazioni in modo giusto, che non scrivono contenuti interessanti. Lo storytelling? Ne leggo 10 al giorno di titoli di post sullo storytelling e non c'è nessuno di questi che mi dica qualcosa di nuovo. Questo è anche il motivo per cui questo blog non è più aggiornato due volte a settimana ma una al mese: <b>qualdo leggo di un tema che mi ispira, faccio una ricerca e trovo un post già scritto, più bello, più interessante, più appassionato di quello che mi accingo a scrivere. Già all'interno di questo blog.</b> E questo mi deprime un po'.</div>
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<b>Io continuo a chiedermi come mai non esista ancora un social network aziendale che permetta alle aziende di trovare partner, clienti, rivenditori, fornitori senza ricorrere alle ricerche di Google. </b>Possibile che se cerco un vecchio amico lo trovo in due secondi su Facebook o LinkedIn mentre se cerco un grafico devo andare a ripescare un vecchio biglietto da visita, chiedere a un collega o usare un motore di ricerca? Dai, non venitemi a dire che il grafico, lo stampatore o altre figure così le cercate su Facebook, non vi credo. Ed ecco, appare la scintilla, di queste cose <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2011/11/ce-spazio-per-un-social-business.html" target="_blank">ho scritto già</a> e <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2011/09/la-mia-vita-sociale-va-in-analisi.html" target="_blank">più volte</a>.</div>
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<b>I mercati sono conversazioni, si sa. Ma il <a href="http://it.wikipedia.org/wiki/Cluetrain_manifesto" target="_blank">Cluetrain Manifesto</a> è del 1999. Sarebbe ora di aggiornarle, quelle conversazioni.</b></div>
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<b><br /></b></div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-43969409195209014242014-10-24T18:30:00.000+02:002014-10-24T18:30:01.008+02:00Il terrorismo della cioccolata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwVHQpaoe-t4HKvrw9TnhXaMxoIgwo21xifrJJQ-D12cT7Gu9Um0hvzgu7WpqbOIKBcsns7-da3zEP9_Iw_wdjVKCBJqbE5B4sLdY14cVQKS2HqLKjJ9T2PDe7oNsbzuSkJZMbYnMzqOI/s1600/ISIS.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgwVHQpaoe-t4HKvrw9TnhXaMxoIgwo21xifrJJQ-D12cT7Gu9Um0hvzgu7WpqbOIKBcsns7-da3zEP9_Iw_wdjVKCBJqbE5B4sLdY14cVQKS2HqLKjJ9T2PDe7oNsbzuSkJZMbYnMzqOI/s1600/ISIS.jpg" height="272" width="400" /></a></div>
Leggo oggi <a href="http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2014/10/24/belgian-chocolate-company-is-latest-to-decide-isis-might-not-be-such-a-good-name/" target="_blank">la notizia</a> che un'azienda belga che produce e vende cioccolato (ripeto, cioccolato) ha deciso di cambiare la propria denominazione che usa dal 1923. Come si chiama? ISIS Chocolates. Come capiranno tutti, il motivo è legato all'assonanza con un'organizzazione islamica diventata molto famosa nei media negli ultimi tempi. Al di là del fatto che spero vivamente sia una bufala (non ho avuto tempo di controllare ma lo farò e rettificherò in caso, da buon amante del fact checking), resta l'idea che il terrorismo ci possa condizionare in molti modi anche se non dovrebbe.<br />
<br />
Come può pensare che una persona media possa farsi condizionare dall'acquisto di una barretta di cioccolata se questa si chiama come un'organizzazione islamica che controlla un territorio tra Iraq e Siria? E se domani nasce l'Islamic Brave Movement - IBM dobbiamo porci un problema di acquisto di un server? Ripeto, cambiare la denominazione di un'azienda quasi centenaria per motivazioni come queste la ritengo, oltre che un'idea poco strutturata, un danno di immagine non da poco. C'è da fare un rebranding totale con queste motivazioni? No, semplicemente.<br />
<br />
Business is business, amici belgi. Tenete duro, tenete il nome e vedrete che festeggerete i 100 anni senza più patemi tra qualche anno.<br />
<br />
(Photo credits: <a href="http://www.isischocolates.be/chocolate-figures/" target="_blank">ISIS Chocolates</a>)Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-4096248064446841452014-07-30T07:30:00.000+02:002014-07-30T07:30:01.976+02:00Verso la seconda pagina di Google e oltre<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.esarcasm.com/wp-content/buzz-lightyear-sues-google-buzz-3.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.esarcasm.com/wp-content/buzz-lightyear-sues-google-buzz-3.jpg" height="321" width="400" /></a></div>
<br />
Un vecchio modo di dire usato da chi si occupa di Internet è che la seconda pagina di Google "<a href="http://digitalsynopsis.com/tools/google-serp-design/" target="_blank">è il posto migliore dove nascondere un cadavere</a>" perché nessuno andrà mai a vederla (<a href="http://gizmodo.com/if-youre-browsing-the-second-page-of-google-results-y-1529538929" target="_blank">un esempio su milioni è qui</a>). Il mito dei primi risultati del più famoso motore di ricerca del mondo, anche se ormai è riduttivo descriverlo così, è ancora splendente e intoccabile, ci sono decine di post a confermarlo. Tuttavia, come sempre, anche i miti hanno i loro limiti. <b>"La psicanalisi è un mito tenuto vivo dall'industria dei divani"</b> diceva Woody Allen. E, prendendola con ironia ma non troppo, si potrebbe dire che la prima pagina di Google è un mito tenuto vivo dall'industria del Web.<br />
<br />
Se ci si pensa un attimo, questo approccio conviene a tutti. Un "win-win" perfetto. A chi fa business sulla ricerca (Google ma non solo) promuove il mito perché li si concentrano i maggiori ricavi dell'advertising (vedi <a href="http://blog.tagliaerbe.com/2010/03/come-guadagna-google.html" target="_blank">un Tagliaerbe d'annata</a>, un post del 2009 trovato al secondo posto della mia ricerca "come fa i soldi Google", e <a href="http://www.usnews.com/opinion/blogs/economic-intelligence/2013/06/25/why-googles-business-model-works" target="_blank">questo</a>, più recente). A chi con Internet e dintorni ci fa il fatturato, non solo in termini di SEO, conviene perché fa acquisire credibilità e importanza a tutta una serie di servizi online che offrono alle aziende. Alle aziende stesse, che pagano per essere lì, ai primi posti al sole, come ai bei vecchi tempi dei media planning su quotidiani e settimanali. <b>Un complotto, insomma? No, ovviamente, solo un modello di business che funziona alla perfezione.</b><br />
<br />
Lungi da me dal voler smentire il mito, che ha basi solidissime. Ma tanto dipende anche dal come si usa, e perché, un motore di ricerca. <b>Se io sto cercando informazioni rare, quasi nascoste, come numeri di telefono, e-mail o nominativi di decision maker aziendali, difficilmente le troverò nella prima pagina.</b> Perché sono dati non comuni, poco linkati, magari inseriti online una sola volta, "tanto chi vuoi che li trovi". Sono informazioni che fanno la differenza tra una mail a vuoto e un'opportunità di business. In più, diamo per scontato che i dati più rilevanti siano presenti su siti costruiti come si deve, gestiti da gente che sa come ottimizzare contenuti e parole chiave, che siano posti ideali da trovare. Non è così, specialmente nel B2B.<br />
<br />
Nella pagina 5 o 6 di Google si trovano miniere di informazioni utili per il business. S<b>e vi dicessi che il 90% degli utenti guarda anche la seconda pagina di Google, e non alla ricerca di cadaveri, ci credereste? <a href="http://www.blogtrepreneur.com/2013/04/06/search-behavior-a-case-study-with-surveymonkey-and-iacquire/" target="_blank">Una ricerca di SurveyMonkey dice esattamente questo</a>.</b> Il mito resiste ma qualche riflessione ulteriore male non fa.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-36702565396135349192014-06-27T18:30:00.000+02:002014-06-27T18:30:00.431+02:00Si fa presto a dire "geniale!"Il morso di Suarez a Chiellini durante i mondiali brasiliani è stato, oltre che una brutta pagina di sport, u<b>n formidabile incentivo per proporre svariate iniziative di marketing e comunicazione</b>. I Social Media, per ora, sono stati gli assoluti protagonisti, per ragioni molto semplici da comprendere in termini di velocità di creazione e pubblicazione. Ha iniziato McDonald's Uruguay, seguita a ruota da produttori di gomme da masticare, catene di ristoranti e tanto altro (<a href="http://blogs.wsj.com/cmo/2014/06/24/mcdonalds-invites-chomping-soccer-player-luis-suarez-for-a-bite/" target="_blank">vedi qui</a>). <b>Insomma, un connubio ideale tra sport e food con una manciata di ironia a condire il tutto</b>. Per quanto riguarda l'Italia, abbiamo due illustri esempi (vedi <a href="https://twitter.com/Barilla/status/482118654977662977/photo/1" target="_blank">qui</a> e <a href="http://www.ilpost.it/2014/06/27/pubblicita-eataly-suarez-chiellini/" target="_blank">qui</a>) e quella di Barilla stravince: immagine elegante, ironia deliziosa e un claim, "mordi e fuggi", perfetto.<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
Un mondiale mordi e fuggi! Vi ringraziamo per aver tifato Italia con noi! <a href="https://twitter.com/Vivo_Azzurro">@Vivo_Azzurro</a> <a href="https://twitter.com/hashtag/CalcioBarilla?src=hash">#CalcioBarilla</a> <a href="http://t.co/B05P81dH7s">pic.twitter.com/B05P81dH7s</a><br />
— Barilla (@Barilla) <a href="https://twitter.com/Barilla/statuses/482118654977662977">26 Giugno 2014</a></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>
C'è un ma. Si fa presto a dire che una campagna di marketing è "geniale", se andate su Twitter (o su Facebook) ne trovate a centinaia di idee "geniali", il termine è entrato nella lingua dei social network e non da oggi. Poi, insomma, è una parola di 7 battute ("geni" addirittura di 4, fantastica per un retweet espresso) che <b>vuol dire tantissimo in un mondo "social" in cui pensiero e scrittura vanno veloci, spesso anche troppo</b>. Il problema è che le campagne di marketing, oltre alle idee geniali, alla creatività e alle capacità di padroneggiare i mezzi, devono avere degli obiettivi, concreti e misurabili. <b>Come abbiamo già visto, non sempre un'idea che sembra geniale poi porta a quei risultati concreti che ci si aspetterebbe: <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/11/come-andata-la-campagna-delle-lattine.html" target="_blank">Coca Cola e le sue "geniali" lattine personalizzate in Italia non hanno portato a un aumento delle vendite</a>.</b> Certo, questo non è l'unico parametro per analizzare il successo di una campagna di marketing (che non fa miracoli, mai e <i>repetita iuvant</i>) ma è uno dei fattori, e neanche uno secondario.<br />
<br />
Queste campagne su morsi e "mangiare italiano" portano benefici a livello di posizionamento sul mercato:<br />
<ul>
<li><b>Fanno testare con mano la creatività delle aziende e delle persone che vi lavorano in modo diretto e competitivo</b> (tante idee, solo alcune vincono in termini di numero di like, impressions e retweet).</li>
<li><b>Fanno aumentare la visibilità del marchio e della sua percezione in modo positivo</b> (un "però, bravi questi di McDonald's!" non è mica poco per un'azienda abituata a essere più criticata che adulata).</li>
<li><b>Fanno vedere come le aziende interagiscono col mondo</b>, sanno cosa succede fuori, si adattano velocemente a notizie di cronaca (pensiamo anche alle pubblicità storiche di un <a href="http://www.repubblica.it/politica/2012/07/14/foto/il_ritorno_di_berlusconi_ryanair_chi_te_lo_fa_fare_-39060921/1/" target="_blank">noto gestore di voli low cost</a>). </li>
</ul>
Oltre a questo, portano anche benefici in termini di vendite? Stiamo a vedere. Si tratta di un bel test, mondiali di calcio e social media marketing insieme. Si sa, quando il gioco si fa duro, i geni cominciano a giocare. Vediamo se vale anche per vendere.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-38379329135553869342014-06-04T09:00:00.000+02:002014-06-04T09:00:00.733+02:00A lezione di marketing da Lady Gaga<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhITVMYYd_HAr2eE9rkO5lOc4Ui5VcEghn6CexcKTnUR4YZgM7wTswuimLFoUfIA_ghLk7s7O8YNRckxafh7gtaYKeKRfOngXCukrHNZmAj86J4KabHGZLMHFPjoHGz-atmsDBHMdjVhV8/s1600/Lady+Gaga.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhITVMYYd_HAr2eE9rkO5lOc4Ui5VcEghn6CexcKTnUR4YZgM7wTswuimLFoUfIA_ghLk7s7O8YNRckxafh7gtaYKeKRfOngXCukrHNZmAj86J4KabHGZLMHFPjoHGz-atmsDBHMdjVhV8/s1600/Lady+Gaga.jpg" height="266" width="400" /></a></div>
<br />
Negli ultimi giorni ha fatto scalpore <a href="http://www.ilpost.it/2014/05/29/apple-beats/" target="_blank">la notizia di Apple che si è comprata Beats</a>, la creatura di Dr. Dre specializzata nella vendita di costosissime cuffie, per 3 miliardi di euro. Le cuffie di iPhone e iPod non sono più sufficienti per ascoltare musica? Ed Apple non era in grado di prodursele da sola? Cercando qualche intelligente punto di vista per capire meglio la questione, ho trovato <a href="https://medium.com/@mvakulenko/to-understand-beats-you-need-to-understand-lady-gaga-e334de3da6d2" target="_blank">questo articolo</a>, davvero interessante. Secondo chi scrive, dobbiamo partire da Lady Gaga e dal fatto che l<b>a sua musica serve a vendere tutto tranne la musica stessa</b>. Non è una spiegazione nuova (<a href="http://online.wsj.com/news/articles/SB10001424052748704094304575029621644867154" target="_blank">vedi qui</a>) ma <b>è molto interessante analizzarne il contenuto alla luce di un nuovo modo di fare marketing e non solo nel music business.</b><br />
<br />
In un libro che sto leggendo si spiega come chi vende software non vende solo codice. Vende esperienza in specifici settori di business, vende un servizio di supporto per far funzionare quella soluzione, nella sostanza vende la propria azienda, il proprio brand, le proprie persone. Vende molto di più di bit e byte. Lo stesso vale per Beats. Non vende solo cuffie, punta a creare<b> una piattaforma in grado di creare un legame diretto tra l'artista e i suoi fan</b> che si concretizza in business legato a concerti, sponsorizzazioni, eventi e tanto altro. Far soldi con le cuffie, per quanto siano costose, è solo una parte dell'idea e neanche quella principale:<b> il prodotto serve a creare la community dove far entrare le persone, farle divertire e far loro comprare un sacco di altre cose.</b><br />
<br />
I 99 centesimi con cui iTunes vende le canzoni, modello di business geniale che dava una soluzione intermedia ideale tra i "costosi ma semplici da comprare" CD e i "gratuiti ma difficili da trovare" Mp3, forse stanno facendo il loro tempo. Lady Gaga dice che<b> le sue canzoni neanche li valgono quei 99 cents perché sa perfettamente che il suo business non sta lì.</b> La musica già oggi si ascolta praticamente gratis in streaming (anche con cuffie da 9,90 euro) e serve capire come monetizzare la musica senza contare sulla musica stessa. Che sia Beats il nuovo che avanza non lo sa ancora nessuno, <b>Apple però scommette su di loro e lo fa senza eliminare il marchio che acquista, altra novità epocale per la società. </b>Tante novità insomma.<br />
<br />
Apple fa ancora i suoi margini sulle vendite dei prodotti (<a href="http://www.apple.com/it/pr/library/2014/04/23Apple-Reports-Second-Quarter-Results.html" target="_blank">vedi qui</a>) ma può essere che intravedano grossi mutamenti nel prossimo futuro. <b>Se gli iPhone di domani servissero a vendere tutto tranne gli iPhone stessi? Vedremo cosa ha da dire Lady Gaga nel frattempo.</b>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-63402598545604018812014-05-21T09:00:00.000+02:002014-05-21T09:00:12.526+02:00Grilli, Vespe e fact checkingA margine della presenza di Beppe Grillo da Vespa (che non ho visto), vedo in giro un sacco di selfie dei due protagonisti (che non avrei voluto vedere) e leggo giudizi molteplici e numerosi. <b>Se ogni tanto mi leggete, saprete quanto mi interessino giornalismo, fact checking e comunicazione politica</b>. Ecco, tutte e tre queste passioni sono condensate in questo giudizio:<br />
<blockquote class="tr_bq">
La cifra artistica della genialità di Grillo consiste proprio nell’aver definitivamente rottamato (anzi annichilito, vaporizzato, atomizzato) il concetto di fact checking in un paese che semplicemente non ha gli strumenti per discernere il vero dal verosimile.</blockquote>
Questa frase mi ha colpito per un motivo particolare: era l'unica dell'intero articolo (<a href="http://phastidio.net/2014/05/20/il-bimbo-e-spiderman/?fb_action_ids=10202922691324937&fb_action_types=og.likes" target="_blank">lo trovate qui</a>) sul quale non concordassi per niente (il resto del pezzo è molto buono). <b>Il fact checking in Italia è moribondo da decenni, semplicemente perché i giornalisti hanno perso le basi del loro lavoro.</b> Grillo non ha rottamato nulla, ha fatto semplicemente come Berlusconi negli ultimi vent'anni: vai in diretta, vendi il prodotto con frase ad effetto, ripeti le cose più volte (o urlale, alla Grillo) e la pancia dei lettori/spettatori sarà saziata. <b>Ha demonizzato per mesi l'ex cavaliere e la TV per poi utilizzarli entrambi per scopi che hanno un grosso limite: una tattica di brevissimo periodo.</b> Nessuna strategia, nessun obiettivo, nessuna prospettiva di governo. Questo si è visto benissimo, nonostante i selfie del conduttore.<br />
<br />
<b>"La democrazia in diretta non funziona"</b> <a href="http://leonardo.blogspot.it/2014/05/la-democrazia-in-diretta-non-funziona.html" target="_blank">si dice qui</a>. Pienamente d'accordo. <b>La differita metterebbe il giornalista in una posizione di vantaggio, avendo modo di verificare le informazioni. Se le TV vogliono la diretta, lo fanno anche loro per una tattica di brevissimo periodo: gli ascolti.</b> I giornali avrebbero il tempo per <b>fare quei controlli che rendono il fact checking una necessità per il giornalismo del futuro ma non li fanno, perché non interessano. </b>Così dicono. Avete provato a leggere i dati delle vendite e degli ascolti? Sicuri sicuri che vada tutto bene così?<br />
<br />
A mio modo di vedere, se qualcuno mi fa vedere, con metodo e preparazione specifica (il fact checking è cosa difficile da fare), che un politico mi ha raccontato un sacco di balle, non potrei fare a meno di ringraziarlo. Soprattutto nel caso di un giornalista. <b>Dovrebbe essere il suo mestiere, non farsi le foto da solo con l'intervistato di turno.</b>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-40116264092246884282014-04-17T14:00:00.000+02:002014-04-17T14:19:37.334+02:00Piccole, grandi lezioni di giornalismoSono a pranzo e leggo su Twitter che <b>il Guardian ha cancellato un articolo che aveva pubblicato su un falco "assunto" dal Vaticano per proteggere le colombe del Papa. Era un pesce d'Aprile</b>.<br />
<div>
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
Il Guardian ha cancellato un suo articolo dopo aver scoperto che la "notizia" era un pesce d'aprile <a href="http://t.co/Cqh9o9R7rd">http://t.co/Cqh9o9R7rd</a> via <a href="https://twitter.com/PressPassMe">@PressPassMe</a><br />
— Francesco Costa (@francescocosta) <a href="https://twitter.com/francescocosta/statuses/456731201869344769">17 Aprile 2014</a></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>Va bene, direte voi, mica è la prima volta, <b>cosa c'è da commentare? C'è tanto da dire, invece</b>. E sta tutto in quelle tre righe: il Guardian ammette di averlo cancellato, non lo cancella e basta. Comunica al suo lettore tre cose, in modo semplice, diretto, chiaro:<br />
<ul>
<li>Anche noi dell'illustre The Guardian, <a href="http://www.repubblica.it/esteri/2014/04/14/news/pulitzer_snowden-83614466/" target="_blank">freschi vincitori del premio Pulitzer</a>, cadiamo nella trappola dei pesci d'aprile;</li>
<li>Ammettiamo serenamente per iscritto, sul nostro stesso sito, di aver preso una bufala e di non aver controllato bene le fonti, ossia di non aver fatto bene il nostro lavoro;</li>
<li>Te lo diciamo apertamente, caro lettore.</li>
</ul>
<b>Si chiama sensibilità verso chi ci legge, ossia verso chi paga lo stipendio a tutti quelli della redazione.</b> Ci ho già scritto in passato (<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/07/sbatti-il-fact-checking-in-prima-pagina.html" target="_blank">vedi qui</a>), lo ribadisco: sono sempre belle lezioni per il giornalismo in generale, specialmente quello italiano.<i> Repetita iuvant.</i></div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-56738162257533178832014-04-07T09:00:00.000+02:002014-04-07T09:00:03.800+02:00Confessioni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJhaATUD5_SnWk87jUBoTeNFu7S2t7cOuBvoNU49T3F23JJ-oXR5MtEcFK-OQnf2BxpCmsV6qkRPMT1JJCygZN3v_Q7nAfiZdLKxCUG4Z_EX7iHQMdtrW_zvBb9btMwJbWa61SZFnpAKU/s1600/7033147877_fa333b9bcd_z.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJhaATUD5_SnWk87jUBoTeNFu7S2t7cOuBvoNU49T3F23JJ-oXR5MtEcFK-OQnf2BxpCmsV6qkRPMT1JJCygZN3v_Q7nAfiZdLKxCUG4Z_EX7iHQMdtrW_zvBb9btMwJbWa61SZFnpAKU/s1600/7033147877_fa333b9bcd_z.jpg" height="300" width="400" /></a></div>
<br />
Ultimamente sto frequentando poco questo spazio di parole, riflessioni e idee che è il mio blog. Mi scuso con tutti coloro che mi leggono ma sto dando assoluta priorità al lavoro: ho tante cose da fare e mi considero fortunato per questo. <b>Sono in un periodo molto intenso in cui tutte le mie capacità, limitate, sono concentrate a promuovere l'azienda dove lavoro e i suoi prodotti.</b> Un sacco di riunioni, un sacco di riflessioni su pricing e personalizzazioni, un sacco di ore impiegate in viaggi e parole. Prometto che tornerò ad aggiornare questo spazio con la frequenza che aveva, ossia almeno un post a settimana.<br />
<br />
Intanto butto lì una veloce riflessione. <b>Leggo molti articoli che sottolineano sempre il potere dei Social Media (<a href="http://www.thenewsprint.co/blog/hey-its-me-the-little-guy" target="_blank">eccone uno</a>) e, dal punto di vista professionale, li condivido</b>. Tuttavia la mia esperienza lavorativa attuale, imperniata nel mondo del B2B, mi offre chiarissime indicazioni: <b>se utilizzati bene, il telefono, la mail e gli incontri di persona fanno vendere, creano opportunità, ampliano le prospettive. I Social Media molto, molto meno</b>. Forse è ancora presto, forse non li usiamo con la necessaria potenza di fuoco ma, tirando le somme, restano un ottimo canale di relazione ma, al momento, non di business. <br />
<br />
Come sapete, non è un'opinione nuova (vedi <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2011/11/ce-spazio-per-un-social-business.html" target="_blank">qui</a>) ma ora ho numeri, e molto chiari. Purtroppo non li posso comunicare, sono dati aziendali ma vi assicuro che<b> tira di più una mail, o un incontro (condito da empatia e sincerità), di un carro di tweet. </b><br />
<b><br /></b>
<i>(Photo credits: <a href="http://tantodomanimisveglio.blogspot.it/2012/07/torno-subito.html">http://tantodomanimisveglio.blogspot.it/2012/07/torno-subito.html</a> e <a href="https://www.flickr.com/photos/paolobis/">https://www.flickr.com/photos/paolobis/</a>)</i>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-64806959836242248972014-03-12T09:00:00.000+01:002014-03-12T09:00:06.461+01:00Il futuro del giornalismo? Integrità e correttezza<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.artspecialday.com/wp-content/uploads/2014/01/Un-giornalista-alle-prese-con-un-articolo-.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://www.artspecialday.com/wp-content/uploads/2014/01/Un-giornalista-alle-prese-con-un-articolo-.jpg" height="315" width="400" /></a></div>
<br />
Ho scritto spesso di come <b>esista un territorio molto ampio tra come è percepito il giornalismo dagli addetti ai lavori e da tutto il resto del mondo</b>. I primi vedono erose tutte le loro certezze, non esistono, ad oggi, modelli di riferimento per capire come sarà il giornalismo non dico tra 20 anni ma anche tra 5. I secondi invece vedono il giornalismo come lo si vede da sempre nel cinema e nei giornali, un mondo fatto da gente romantica a cui piace scrivere che va alla ricerca di notizie tra corruzione e affari sporchi, il tutto pagato da lettori e investitori in pubblicità. Ecco, <b>questa distanza la spiega benissimo <a href="http://www.nytimes.com/2014/03/09/public-editor/lodestars-in-a-murky-media-world.html?_r=0" target="_blank">un articolo scritto da Margaret Sullivan</a>, il "controllore" degli articoli del New York Times (<a href="http://www.ilpost.it/2012/09/06/che-cos-e-public-editor-new-york-times/" target="_blank">il Public Editor, dicono loro</a>). </b>L'articolo è stato <a href="http://www.ilpost.it/2014/03/11/consigli-giornalismo/" target="_blank">ripreso molto bene dal Post</a>, che lo spiega e lo integra con altre riflessioni interessanti sul modo specifico della redazione di fare giornalismo.<br />
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<b>Mi soffermo su due concetti fondamentali, e non solo per il New York Times</b>. Gli strumenti cambieranno e molto velocemente, i modelli per portare avanti un giornalismo che faccia profitti (ok le belle storie ma non solo di questo vive il giornalista) devono ancora essere trovati, ci sono tante incertezze. L'unico modo di andare avanti è attaccarsi ai veri requisiti che fanno del giornalista, o di quello che dovrebbe essere, un <b>vero, e utile, tramite tra una notizia e una persona comune: integrità e correttezza</b>. Integrità vuol dire avere rispetto di chi legge, vuol dire citare le fonti di chi ha detto alcune cose, vuol dire avere a cuore il proprio lavoro e la propria passione. Correttezza significa dare notizie verificate e controllate, in più vuol dire ammettere di aver sbagliato e farlo pubblicamente, senza darci troppa enfasi ma con onestà intellettuale. Cito la Sullivan (tradotta dal Post):</div>
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<blockquote class="tr_bq">
<i>Siamo tutti in una gara mondiale per dare le notizie subito. Ma la verità accertata è più importante che mai, e a volte è meglio rallentare. [Diversi recenti esempi] hanno ricordato l’importanza dell’informazione coi piedi per terra, soprattutto nelle situazioni concitate.</i></blockquote>
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Integrità e correttezza vuol dire <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2012/11/il-futuro-del-giornalismo-tornare-al.html" target="_blank">guardare al futuro tornando un po' al passato</a>, quando le notizie erano pubblicate da pochi produttori di informazioni. Ora produttori lo possiamo essere tutti, basta un blog, ma alcune regole, quelle davvero importanti, contano ancora. <b>Una di queste si chiama credibilità. Quella non si compra e, al tempo stesso, vale come l'oro. Oggi come domani.</b></div>
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Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-56317563539966670942014-02-24T14:00:00.000+01:002014-02-24T14:00:15.361+01:00Comunicare (e vendere) con gli stickerQualche giorno fa parlavo con un mio collega dell'affare Facebook-Whatsapp, principalmente dei "19 miliardi di dollari". Poi il discorso si è spostato all'utilizzo delle <b>emoticon all'interno dei messaggi di chat, battezzandolo come "una cosa che fanno tantissimo i ragazzi"</b>. Aprendo poi il mio profilo Whatsapp, mi sono reso conto anche di quanto io, non proprio un ragazzino, li usi in modo molto più esteso rispetto a quanto mi rendessi conto. Perché? <b>Sono immediati, basta un tap, senza scrivere niente, per commentare qualcosa in modo molto più veloce ed efficace di tanti giri di parole. </b>Ovvio, non sostituiscono le frasi ma per farsi sentire e dire la tua in una chat sono ideali.<br />
<br />
Oggi leggo <a href="http://marcomassarotto.com/2014/02/09/whats-app-line-e-wechat-le-messenger-app-che-sfidano-facebook-e-twitter/" target="_blank">un bel post di Marco Massarotto</a> e scopro che <b>una piattaforma di messaggistica istantanea ha poggiato proprio sugli emoticon, anzi sulla loro evoluzione, una buona parte del suo modello di business. </b>Line, una specie di Whatsapp giapponese molto in crescita, <a href="http://thenextweb.com/asia/2013/07/12/stickers/#!w3vle" target="_blank">fa molti soldi con la vendita degli sticke<u>r</u></a>, di fatto emoticon evoluti e più complessi che entrano a fare parte integrante della conversazione stessa. Alcuni sono gratuiti, altri si comprano o noleggiano per un tempo limitato. In più, Line propone alle aziende <b>stickers personalizzati per il loro brand o il loro settore di business, in modo tale da usarli per promuovere i propri prodotti o servizi (guardate qui sotto, ad esempio).</b><br />
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<iframe allowfullscreen="" frameborder="0" height="225" src="//www.youtube.com/embed/YkaNjHb-lbQ" width="400"></iframe> </div>
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Un modello interessante quindi perché non poggia sulla vendita dell’app (scelta complicata per tutti, come appare evidente) né sulla pubblicità. Certo, ci sono anche servizi aggiuntivi, quali giochi e applicazioni per l'intrattenimento, che rendono sostenibile il modello proposto da Line. <b>Forse, ad oggi, non si vive di soli sticker e bisogna vedere se questi, molto utilizzati in Asia, lo saranno altrettanto nei paesi occidentali.</b> Quel che è certo è che battezzarli come "cose per ragazzi" forse è riduttivo, specialmente per quelli della mia generazione. Stiamo a vedere, anche perché il tema "Whatsapp e dintorni" è caldo, come potete leggere qui sotto.<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<a href="https://twitter.com/robven">@robven</a> Ouch! Anche se non intrinsecamente legato all'acquisto da parte di Facebook. <a href="https://twitter.com/marcomassarotto">@marcomassarotto</a><br />
— Andrea Contino (@Contz) <a href="https://twitter.com/Contz/statuses/437912775084371968">24 Febbraio 2014</a></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-39309319599916119752014-02-14T15:21:00.002+01:002014-02-14T15:21:38.655+01:00I minori sui media: cinque riflessioni quotidiane<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAz335JbjYZpoK6h028kFJV7ixSX3Z2RIb0HhY_7PcEnbs8MaMXGn5QxsS6klyzUSL59kNRnOgL-edOH_VYa9S7hUGJjFeh-IpdUS1FfTijos80R6Pf2ELXVgAFwy6C4KZr53FJBCq7fY/s1600/Bambino_pixelato.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAz335JbjYZpoK6h028kFJV7ixSX3Z2RIb0HhY_7PcEnbs8MaMXGn5QxsS6klyzUSL59kNRnOgL-edOH_VYa9S7hUGJjFeh-IpdUS1FfTijos80R6Pf2ELXVgAFwy6C4KZr53FJBCq7fY/s1600/Bambino_pixelato.jpg" height="316" width="400" /></a></div>
<br />
Leggo <a href="http://www.wired.it/internet/social-network/2014/02/13/ecco-perche-non-troverete-foto-di-mia-figlia-su-facebook/" target="_blank">un bell'articolo di Wired</a> sulla scelta di una mamma di <b>non pubblicare le foto di sua figlia su Facebook, Twitter o altri luoghi.</b> Se mi leggete un po', sapete che la questione delle immagini dei minori è un mio pallino da un po' (<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/05/i-minori-sui-media-social-e-non.html" target="_blank">vedete qui</a>). Ritengo che ognuno <b>con le sue foto ci fa quello che vuole, e questo vale anche per quelle dei figli, di cui i genitori tutelano i diritti. </b>Proprio per quest'ultimo motivo, non voglio dare consigli, <b>solo qualche spunto di riflessione con cinque semplici domande:</b><br />
<br />
<ul>
<li>Siamo sicuri di conoscere bene le nostre impostazioni di privacy sui vari social network?</li>
<li>Sappiamo che le foto che pubblichiamo su Facebook appartengono a Facebook che può farci, più o meno, quello che gli pare?</li>
<li>Siamo sicuri che i nostri figli approveranno, quando capiranno cosa vuol dire, la nostra scelta di pubblicare online le loro foto in modo massivo e in totale buona fede?</li>
<li>Siamo sicuri di essere così diversi dagli adolescenti che talvolta critichiamo per il fatto che "mettono tutto online"?</li>
<li>Siamo sicuri di essere consapevoli del nostro ruolo di produttori di contenuti e di informazioni di cui abbiamo la responsabilità?</li>
</ul>
<b>Se le risposte sono tutte affermative, c'è già stata una bella riflessione a monte, che è quello che serve davvero. </b>Se non sono tutte affermative, meglio pensarci su due minuti. Non costa quasi nulla. Io cerco di farlo tutti i giorni.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-65111628123651345972014-02-06T09:30:00.000+01:002014-02-06T09:44:16.460+01:00In un mare di news, contano le relazioni<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKt3TV6pGhmQ0YFbpYwfdaxFfyrC5L3ITqIw7_c3BJSb7kFB6ZQjwa3zSkgUwQIJoLQRDiLuy92a_JqNQ4lbhTEVFoRVVb_7xlnbt_kI2NXMP1IiKcIwNzgKxWuVQEVWsgkQT3wJd8vIJV/s1600/too-many-tabs.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjKt3TV6pGhmQ0YFbpYwfdaxFfyrC5L3ITqIw7_c3BJSb7kFB6ZQjwa3zSkgUwQIJoLQRDiLuy92a_JqNQ4lbhTEVFoRVVb_7xlnbt_kI2NXMP1IiKcIwNzgKxWuVQEVWsgkQT3wJd8vIJV/s1600/too-many-tabs.jpg" height="640" width="424" /></a></div>
<br />
Dati,sensazioni, riflessioni. Partiamo dai dati: ogni giorno, a quanto pare,<b> <a href="http://www.theguardian.com/media-network/media-network-blog/2014/jan/08/brands-move-beyond-content-marketing" target="_blank">siamo bombardati da 5.000 messaggi diversi provenienti da fonti diverse</a>. E, inevitabilmente, tendiamo a ignorarne sempre di più, molto spesso in modo inconscio</b>. Questo non contribuisce a selezionare le notizie che ci interessano maggiormente, specialmente quelle provenienti da brand che, in realtà, potrebbero e dovrebbero interessarci. La febbre da comunicazione online, spesso causata da poche basi solide a livello di cultura di marketing e comunicazione, prevede <b>l'uso di potenti mezzi a basso costo per bombardare a tappeto. I dati dicono che oggi serve a poco, domani servirà ancora meno.</b><br />
<br />
Le sensazioni. Lavorando sul campo tutti i giorni mi accorgo di come, alla fine, gli strumenti tradizionali come gli incontri faccia a faccia, le mail e le telefonate, ossia le modalità di comunicazione one-to-one, permettano di ottenere più risultati di decine di altre attività più innovative ma delle quali, inevitabilmente, perdiamo il controllo. Le persone vedono che dall'altra parte c'è una singola persona che dedica il suo tempo a loro, solo a loro, in quell'istante. Tempo che spesso non porta a risultati concreti ma che <b>crea opportunità che, si sente, sono più solide, più possibili, più realistiche.</b><br />
<br />
Le riflessioni. <b>Nell'era della quantità facile e gratuita si deve tornare alla qualità difficile e costosa in termini di tempo per ottenere risultati? Dico di sì.</b> Questo è quello che porta, durante una riunione, una telefonata, uno scambio di opinioni su Skype e altri contesti, a sentire buone sensazioni, a cercare di capire davvero chi c'è dall'altra parte, guardandolo in faccia, sentendo il suo tono di voce, vedendo che parole usa per rispondere. Mi sa che la partita, quella vera, si gioca su cose come empatia, coinvolgimento, fiducia, rispetto e reputazione. <b>Tutte cose che si costruiscono in modo lento in un mondo sempre più veloce. Paradossale? Mica tanto. Il tempo costa e va gestito al meglio.</b><br />
<b><br /></b>
<i>(Photo credits: <a href="http://www.apairofpears.com/2014/01/tgif.html">http://www.apairofpears.com/2014/01/tgif.html</a>)</i>Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-19921011285553161612014-01-22T14:00:00.000+01:002014-01-24T17:07:25.355+01:00La notizia della morte di Facebook è fortemente esagerata<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU7sBOfEaSPQBK2hr8g55o4ACm9tO2QeiltFvb66XJhxFBa2_ngxaIPlWUBtx6A_GlDiPSpy090nxPESZ1I9hCto2R7MR2gK21r1y7q0zeMr5SO3G0uNzsBaZTRaRBidDBbfLUOOkq5w/s1600/facebook-graveyard-image-1-689921216.jpg.jpeg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgU7sBOfEaSPQBK2hr8g55o4ACm9tO2QeiltFvb66XJhxFBa2_ngxaIPlWUBtx6A_GlDiPSpy090nxPESZ1I9hCto2R7MR2gK21r1y7q0zeMr5SO3G0uNzsBaZTRaRBidDBbfLUOOkq5w/s1600/facebook-graveyard-image-1-689921216.jpg.jpeg" height="267" width="400" /></a></div>
<b><br /></b>
<b>Da tempo leggiamo che Facebook non è più <i>the place to be, </i>il nuovo che avanza, il posto dove tutti sono e parlano in continuazione. </b>Vediamo molto spesso dei <i>de profundis </i>che segnalano <a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/01/23/news/facebook_perder_l_80_degli_utenti_in_tre_anni_dalla_princeton_social_media-76722167/" target="_blank">una morte lenta ma costante del social network per eccellenza</a>, causata da molteplici fattori coincidenti: nascita di altri posti sociali più cool, arrivo dei genitori a rovinare le chiacchierate degli adolescenti, teorie socio-macro-economiche di vario tipo, <a href="http://www.lastampa.it/2014/01/22/tecnologia/facebook-tante-previsioni-negative-ma-resta-il-numero-al-mondo-MmwpQ3UF8pgmHViZY74uIN/pagina.html" target="_blank">un'epidemia</a> da curare, etc. Certo, è evidente, nessuna cosa di questo mondo può crescere all'infinito (pensate che per la prima volta <a href="https://www.ansa.it/terraegusto/notizie/rubriche/dolcipiaceri/2013/12/19/Ferrero-crisi-fa-sentire-prima-volta-vendite-calo-_9804989.html" target="_blank">calano le vendite in Italia anche della Ferrero e della sua Nutella</a>, notizia che avrà un suo post dedicato appena trovo qualche numero in più da analizzare) ma dire che "Facebook è morto", come tutte le frasi analoghe con qualsiasi soggetto che non riguardi cose prima realmente vive, <b>va bene solo per un articolo o un post di un blog per voglia raccattare qualche visitatore in più.</b><br />
<br />
Leggete <a href="http://www.rivistastudio.com/editoriali/media-innovazione/facebook-e-morto/" target="_blank">questo ottimo pezzo di Rivista Studio</a> e vi fate un quadro molto preciso. Calano gli active users? Zuckerberg e soci si portano a casa "oltre 2 miliardi di dollari, con un guadagno di 25 cent per azione a fronte di stime più basse". Non male per un morto. E la chiamerei maturità. Chiaro, Facebook sta cercando nuovi modelli di crescita di altro tipo, in primis legati al mobile:<b> non ho mai fatto particolarmente il tifo per quelli di Menlo Park, anzi, ma i numeri sono lì.</b> Un particolare: guardate la foto del Presidente Obama pubblicata sull'articolo citato su e notate da chi è attorniato. Tutti trentenni o giù di lì (<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/02/jon-favreau-goes-to-hollywood.html" target="_blank">vedi anche qui</a>). <b>Poi si capisce perché gli Zuckerberg (ma a sua volta anche i Bill Gates di anni fa) crescano lì e molto, molto più che da noi. Si chiama fiducia nella generazione successiva. E quella è davvero moribonda in Italia.</b><br />
<br />
A proposito di cose che apparentemente muoiono, c<b>hiudo con un <a href="http://giornalaio.wordpress.com/" target="_blank">addio al Giornalaio</a>, uno dei miei blog di riferimento. </b>Solo che non se ne va, <b>si evolve in qualcosa di nuovo, ossia <a href="http://www.datamediahub.it/" target="_blank">DataMediaHub</a>, progetto davvero interessante a cui va il mio personale in bocca al lupo</b>. "Se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; se invece muore, porta molto frutto" diceva uno che di morte, e resurrezione, se ne intendeva parecchio. Forse è meglio rifletterci su prima di lasciarsi andare a titoli facili, no? Io ho parafrasato Mark Twain, mi considero a posto.<br />
<br />
<b><u>Aggiornamento del 24 gennaio</u></b>: a quanto pare, neanche chi lavora in Facebook è, al momento, così moribondo. <a href="http://www.repubblica.it/tecnologia/2014/01/23/news/facebook_perder_l_80_degli_utenti_in_tre_anni_dalla_princeton_social_media-76722167/" target="_blank">La replica alla ricerca di Princeton è semplice e brillante</a> (e leggete il paragone con l'aria, illuminante). Diffidare sempre delle previsioni sul futuro fatte su quanto accaduto in passato.Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-5893159559883766382014-01-15T09:30:00.000+01:002014-01-15T09:30:01.867+01:00Redazioni "aperte": è La Stampa, bellezza <div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://www.notcot.com/images/2009/05/arkitip0.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="280" src="http://www.notcot.com/images/2009/05/arkitip0.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
<a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2012/03/follow-leader.html" target="_blank">Quasi due anni fa</a> scrivevo che <b>i due quotidiani italiani sui quali scommettevo a livello di intraprendenza verso il futuro del mondo del giornalismo erano La Stampa e Il Sole 24 Ore</b>. Del quotidiano piemontese mi aveva molto colpito <a href="http://www.lastampa.it/2012/02/06/cultura/opinioni/lettere-al-direttore/un-cambio-di-passo-verso-il-nostro-futuro-1Jbt688bzj2VNnm17UwaoI/pagina.html" target="_blank">l'editoriale del direttore</a> che parlava di tre figure nuove per il suo giornale e non solo: Digital Editor (Marco Bardazzi), Web Editor (Dario Corradino) e Social Media Editor (Anna Masera). <b>"Un giornale è un corpo vivo, che deve sapersi sempre adattare all’ambiente in cui si muove" si scriveva testualmente.</b> Poteva sembrare un annuncio fatto sull'entusiasmo del momento, per cogliere al volo le nuove mode legate a Social Media e <a href="http://www.nextlevelofnews.com/2012/02/liquid-newsroom-how-will-the-process-of-curating-editing-and-publishing-news-look-like.html" target="_blank">redazioni liquide</a> per rendersi protagonisti, con obiettivi di breve periodo. Poteva sembrare.<br />
<br />
A due anni di distanza, quell'annuncio è stato seguito da tante iniziative e <b>una recentissima conferma della voglia di adattarsi al mondo che cambia</b>. Nel momento in cui Anna Masera ha deciso di cogliere <a href="http://www.lastampa.it/Blogs/web-notes" target="_blank">un'occasione importante</a> (temporanea e non priva di rischi, dato che mettere insieme giornalismo, comunicazione e politica è difficile a livello di credibilità), il giornale ha preso una decisione nuova, fuori dagli schemi: ha nominato come Social Media Editor un non giornalista, <a href="http://giornalaio.wordpress.com/" target="_blank">Pier Luca Santoro</a> (<a href="https://twitter.com/pedroelrey" target="_blank">@pedroelrey</a> su Twitter). Un grande professionista, competente ed esperto, oltre che un amico, ma di fatto privo di tesserino (come <a href="http://dallapasqua.it/2014/01/13/il-non-giornalista-diventa-social-media-editor-anche-questa-e-innovazione/" target="_blank">ha notato per primo Carlo Felice Dalla Pasqua</a>, altro amico e, lui sì, giornalista). <b>Particolare per nulla trascurabile, se si conosce un attimo il conservatorismo del mondo del giornalismo italiano (io sono giornalista iscritto all'Albo, sottolineo).</b><br />
<br />
Non ci si ferma qui. I responsabili del quotidiano hanno deciso che Pier Luca sarà solo il primo esperto a essere coinvolto, <b><a href="http://www.lastampa.it/2014/01/13/tecnologia/social-media-da-oggi-a-la-stampa-porte-aperte-agli-innovatori-della-rete-vY2HT9pa5zEcvNhrFwsngL/pagina.html" target="_blank">ne sceglieranno uno ogni due mesi</a> per portare idee, progetti, entusiasmo e competenze all'interno della redazione fino al ritorno di Anna Masera</b>. Un passo importante, nuovo, da evidenziare. Che porterà giornalisti ed esperti della rete a conoscersi meglio, reciprocamente. Una prova? Leggete qui sotto. Mica facile il compito del Social Media Editor.<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<a href="https://twitter.com/pazzoperrep">@pazzoperrep</a> Eh, "beccato" qs non la sapevo :P cc: <a href="https://twitter.com/marcobardazzi">@marcobardazzi</a><br />
— Pier Luca Santoro (@pedroelrey) <a href="https://twitter.com/pedroelrey/statuses/423148322728460289">14 Gennaio 2014</a></blockquote>
<br />
<i>(Photo credits: <a href="http://www.notcot.com/">www.notcot.com</a>)</i><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-84225052470200113502014-01-07T09:30:00.000+01:002014-01-07T09:30:04.559+01:00I 120 cani coreani: un caso di fact checking ben poco accurato<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://cdn1.www.greenstyle.it/wp-content/uploads/pets/2013/04/cani_corea_nord_guerra.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://cdn1.www.greenstyle.it/wp-content/uploads/pets/2013/04/cani_corea_nord_guerra.jpg" height="225" width="400" /></a></div>
<b>Facciamo un esempio facile dell'importanza del fact checking, oggi.</b> Qualche giorno fa i media hanno avuto la possibilità di pubblicare una news strana, drammatica, cruda, che univa cronaca nera a relazioni internazionali, potenzialmente capace di generare molta visibilità. Non è parso loro vero: <a href="http://www.lastampa.it/2014/01/03/esteri/lo-zio-di-kim-sbranato-dai-cani-jcfApbWKijoOK0AAIGky0M/pagina.html" target="_blank">sparata subito online, spesso in prima pagina</a>. Ma c'era un piccolo, trascurabile problema: la notizia era stata lanciata da una fonte poco affidabile, molto poco affidabile, e per nulla verificata. E lo sapevano tutti, compresi noi normali frequentatori di Twitter (vedi sotto).<br />
<blockquote class="twitter-tweet" lang="it">
<a href="https://twitter.com/guidoolimpio">@guidoolimpio</a> home page Corriere con news enorme non verificata e fonte non affidabile? <a href="https://twitter.com/spinellibarrile">@spinellibarrile</a> <a href="https://twitter.com/simopieranni">@simopieranni</a> <a href="https://twitter.com/Aiannuzzi">@Aiannuzzi</a> <a href="https://twitter.com/SMaurizi">@SMaurizi</a><br />
— Riccardo Polesel (@riccardopolesel) <a href="https://twitter.com/riccardopolesel/statuses/419145734819049472">3 Gennaio 2014</a></blockquote>
<script async="" charset="utf-8" src="//platform.twitter.com/widgets.js"></script>
<br />
<div>
<b><a href="http://www.slate.com/blogs/the_world_/2014/01/03/kim_jong_un_uncle_reported_eaten_by_dogs_why_you_should_be_skeptical_of.html" target="_blank">Lo scetticismo è forte, fortissimo</a>, ma nei media tradizionali, anche quelli molto autorevoli, lo si dice quasi sottovoce, la si butta sul solito "giallo" giornalistico</b> (termine che, in questo specifico caso, pare quasi umorismo grottesco di bassa lega). Se le cercate oggi le notizie sono ancora lì. Invece è una bufala al 99%: pare che tutto sia nato da un famoso "battutaro da social media" cinese (sic), <a href="http://www.theguardian.com/world/2014/jan/06/story-kim-jong-un-uncle-fed-dogs-made-up" target="_blank">almeno così dice il Guardian</a>. Ma a parte questo, il punto fondamentale viene <a href="http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2014/01/03/no-kim-jong-un-probably-didnt-feed-his-uncle-to-120-hungry-dogs/" target="_blank">sottolineato benissimo dal Washington Post, ci sono cinque grossi errori</a> da parte dei giornalisti occidentali:<br />
<br />
<ol>
<li><b>La verifica delle fonti</b>: il giornale di Hong Kong che per primo ha lanciato la notizia è <a href="http://www.scmp.com/news/hong-kong/article/1395930/publics-trust-hong-kong-media-sinks-all-time-low-credibility-poll" target="_blank">19esimo (su 21) nel ranking di credibilità</a> dei soli giornali della città. </li>
<li><b>La verifica della copertura stampa in Cina</b>: nessun altro media cinese ha rilanciato la notizia. Ok, sono alleati coi nordcoreani, si potrebbe dire ma la cosa appare strana lo stesso.</li>
<li><b>La verifica della copertura stampa in Corea del Sud:</b> la notizia non è stata ripresa dai media sudcoreani, che teoricamente avevano tutto l'interesse a sottolineare la crudeltà del regime del Nord. Invece ha prevalso un pragmatismo sulla verifica della notizia che, a quanto si dice, non è poi così usuale a Seul. Una lezione per tutti i media occidentali.</li>
<li><b>La verifica dei tempi</b>: la storia non è nuovissima, ha continuato a girare per giorni senza alcuna conferma, Qualche dubbio doveva nascere in menti obiettive.</li>
<li><b>Le modalità</b>: per quanto la Corea del Nord sia un paese del tutto particolare, hanno protocolli militari e penali molto rigidi. Se <a href="http://www.nytimes.com/2013/12/24/world/asia/north-korea-purge.html?pagewanted=all&_r=0" target="_blank">le principali agenzie sudcoreane dicevano "esecuzione per fucilazione"</a>, perché preferire i cani citati da un media di Hong Kong di bassissima credibilità?</li>
</ol>
<b>Ho detto che è una bufala al 99%. Perché non al 100%?</b> Perché a noi occidentali piace pensare alla Corea del Nord come a un paese strano, fuori dal mondo, dove può accadere qualunque cosa. Io non faccio eccezione. In più, <a href="http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Hong-Kong-41395581-03be-4e5a-9813-c225dbc8d902.html" target="_blank">non ci sono fatti che smentiscano in modo inoppugnabile la notizia</a>. <b>Rimane però il 99 a 1: se doveste scommettere su vero e falso, cosa fareste? E poi è davvero così importante sapere se è stato fucilato o sbranato da 120 cani? </b><a href="http://www.abc.net.au/news/2014-01-07/rodman-lands-in-nkorea-for-basketball-on-kim27s-birthday/5187534" target="_blank">E poi arriva Dennis Rodman...</a><br />
<br /></div>
Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-6263451961752721183.post-13177002170981093322013-12-24T09:30:00.000+01:002013-12-24T09:30:01.771+01:00Cinque cose che mi segno sull'agenda di carta<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="http://appuntidilavoro.files.wordpress.com/2011/11/102_1021.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="300" src="http://appuntidilavoro.files.wordpress.com/2011/11/102_1021.jpg" width="400" /></a></div>
<br />
Oggi è la vigilia di Natale, dubito di pubblicare altri post da qui alla fine del 2013 (la famiglia prima di tutto) per cui riassumo brevemente <b>cinque riflessioni che ho fatto in questi giorni e che mi segnerò sull'agenda, cartacea, che terrò sulla scrivania.</b><br />
<br />
<ol>
<li><b>Proseguire con la qualità (e chi se ne frega dei numeri)</b>: come ho <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/11/meno-tweet-piu-qualita-mi-do-una.html" target="_blank">già anticipato qualche post fa</a>, meno quantità e più qualità nella mia vita "sociale". Se vogliamo che i media ci diano notizie più utili e serie, iniziamo noi a produrre contenuti utili e seri. La battuta ci sta sempre, basta che sia pronta, originale e intelligente, non rimasticamenti da trending topic. Una riflessione in più se pubblicare o meno fa sempre bene (<a href="http://www.lastampa.it/2013/12/21/multimedia/esteri/un-tweet-razzista-e-la-pr-in-carriera-viene-licenziata-HpevxFpB4SgaXOCo5KK6pI/pagina.html" target="_blank">vero Justine</a>?).</li>
<li><b>Obiettivo sui risultati, meno sulla fuffa da addetti ai lavori</b>: il post che è piaciuto di più è stato <a href="http://liberononprofessionista.blogspot.it/2013/11/come-andata-la-campagna-delle-lattine.html" target="_blank">quello sulla Coca Cola</a> perché rispondeva con qualche numero e qualche riflessione onesta a un quesito che si ponevano in molti, oltre a me. A gennaio Nutella darà i suoi numeri, prometto massima attenzione anche a quelli. E se non scriverò nulla sulle grandi novità dell'anno, abbiate pazienza.</li>
<li><b>Massima attenzione alle relazioni personali</b>: quest'anno, per tanti motivi e qualche colpa, ho un po' trascurato gli incontri "dal vivo" con persone e colleghi che stimo, bidonando numerosi eventi, camp o semplici aperitivi. Mi riprometto di essere più bravo nel 2014 perché mi sono reso conto che sono incontri che mi fanno bene e mi danno vari spunti anche dal punto di vista professionale.</li>
<li><b>Priorità al lavoro: </b>l'ho sempre data ma nel 2014 mi riprometto di dare il 110% a livello lavorativo, perché ritengo di essere arrivato a un buon punto di maturazione a livello di responsabile marketing ma ho ancora ampi margini di miglioramento (quando non li avrò più, inizierò a preoccuparmi). Temi di interesse? Pricing, mobile marketing, CRM e <a href="http://www.smartinsights.com/managing-digital-marketing/marketing-innovation/marketing-trends-2014/" target="_blank">molto altro</a>.</li>
<li><b>Formazione, il grande ritorno:</b> quest'anno ho trascurato la lettura di libri tecnici rispetto agli anni passati, avevo tante cose a cui pensare e poca voglia di fermarmi a leggere. Nel 2014 voglio tornare ai miei livelli abituali (una ventina di libri all'anno, metà per svago, metà per autoformazione) perché vedo che anche lì sono diventato un po' più pigro, ho meno input e non mi piace.</li>
</ol>
Buon Natale a tutti e grazie per i feedback che mi date in cento forme, sono benzina purissima per il motore di questo blog (e per la mia passione per queste cose).<br />
<br />Libero non professionistahttp://www.blogger.com/profile/00560377522087254170noreply@blogger.com0