lunedì 17 dicembre 2012

Il giornalismo deve credere nel proprio futuro

Il Guardian, testata di cui apprezzo da tempo la visione strategica nel proporre un nuovo modo di fare giornalismo e di relazionarsi con i lettori, ha deciso di chiudere la sua applicazione "sociale" per condividere i suoi contenuti su Facebook. Non perché non funzionasse, al contrario funzionava troppo bene ma spostava il baricentro del sistema di informazione verso le logiche del Social Network (più like, più visibilità) e non le sue (più "notizia", più visibilità). Avevo detto la mia mesi fa ma lo sviluppo dell'argomento, di interesse primario per chiunque si interessi del futuro dell'informazione e del giornalismo, mi porta ad approfondirlo. Ne hanno parlato molti addetti ai lavori in Italia, ne cito quattro, tra i più brillanti, con un estratto che ho scelto per riassumere il fulcro dei loro ragionamenti (leggeteli tutti i post, ne vale assolutamente la pena):
  • Luca De Biase: Un giornale deve servire alle persone anche ciò che non sanno di voler sapere. La sorpresa dell’inchiesta su un argomento nuovo è uno dei piaceri che aprono la strada alla crescita della conoscenza. E se un giornale non svolge questa funzione perde troppo valore.
  • Pier Luca Santoro: «The Guardian», da un lato, prosegue con coerenza straordinaria, senza esitazioni, il proprio percorso di apertura e trasparenza nei confronti dei lettori e, dall’altro lato, riporta all’edizione online, al sito web del quotidiano la centralità di “luogo” che favorisce il contatto e la relazione  con e tra le persone sulla base dei loro distinti interessi, dimostrandosi “SociAbile” e non predatorio come invece insistono ad essere la stragrande maggiornaza delle testate. Come scriveva Sun-Tzu nel suo celeberrrimo “Arte della Guerra” la strategia senza tattica è la strada più lenta per la vittoria, la tattica senza strategia è rumore prima della sconfitta.
  • Gigi Cogo: Il problema è la scarsa propensione a negoziare che, badate bene, è tipica di tutto ciò che viene erogato nel cloud. [...] Le cose, però, stan cambiando e molti provider di servizi cloud hanno capito che rischiano di perdere i fornitori di contenuti. La favola che i social media e i social network possono sopravvivere SOLO con gli user generated content, è finita. Ergo le parti, prima o poi, si siederanno a un tavolo, dinamica che nel cloud rappresenta un vero paradosso.
  • Marco Dal Pozzo: La mia visione è che non ci sarà nessun negoziato. Saranno gli editori a dover cedere, a meno di scelte diverse di cui PierLuca Santoro ha più volte disquisito nel suo spazio. La speranza che ho, invece, è che tali negoziati ci siano, purchè al centro di ogni trattativa venga posto il Cittadino, il lettore (mi piacerebbe, cioè, prevalesse più la logica secondo cui tra i due litiganti il terzo gode che quella del terzo incomodo).
I quattro post già bastano e avanzano per farsi un'idea dell'importanza e della complessità del tema. Aggiungo una mia personalissima riflessione. «Il cliente può licenziare tutti nell'azienda, dal presidente in giù, semplicemente spendendo i suoi soldi da un'altra parte» ha detto Sam Walton, fondatore di Wal-Mart (la più grande azienda al mondo per fatturato e dipendenti nel 2010). Questa frase, citata nel mio libro, si può adattare perfettamente al nostro caso: se il lettore/utente va da un'altra parte, può licenziare tutti sia in un Social Network che in una testata giornalistica. Il lettore sta al centro, come auspicato da Marco Dal Pozzo, anche se spesso ce ne dimentichiamo, per pigrizia e un po' per rassegnazione.

Ritengo che la scelta di mettere al centro il proprio sito Internet e non un social Network sarà, alla lunga, quella vincente. La strategia, come dice Santoro, è ciò che conta davvero, la tattica è necessaria ma non sufficiente. E l'informazione, citando Gigi Cogo, non è solo UGC ma molto di più. Per questo, il futuro del giornalismo dipende da quanto i giornalisti e gli editori credono nel proprio futuro. Perché "un giornale deve servire alle persone anche ciò che non sanno di voler sapere", come dice De Biase. Il Guardian ha fatto la sua scelta e io, nel mio piccolo, faccio un tifo sfegatato per loro e per il modello che propongono. Ne vedremo delle belle.

(Photo Credits: http://www.lsdi.it/2012/il-giornalismo-italiano-e-l-alfabeto-digitale-parte-un-sondaggio/giornalismo-3/)

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