No, non si tratta di Lost. Niente confronto tra vita e morte, tra linee di vita parallele, tra bene e male. Tutto è iniziato oggi con un post del solito Seth Godin sull'importanza delle deadline per chi lavora. L'incipit è di impatto: alla gente le deadline, ossia le scadenze, non piacciono. E io, in questo specifico caso, sono un perfetto esempio di "gente". Non mi è mai piaciuto che un qualsiasi dirigente, cliente, ente o parente (che finiscono curiosamente tutti in -ente, come gente appunto) mi segnalasse scadenze entro cui fare delle cose. Sono sempre stato uno che ha rispettato i tempi indicati e questo modo di fare ("consegnami questo entro il ...") faceva sì che io reagissi con un implicito moto d'orgoglio, come se non fosse necessario sottolineare la scadenza. Questo fino a ieri.
Da quando lavoro da solo, la prospettiva è cambiata completamente. Essendo drasticamente diminuito il numero di deadline provenienti dall'esterno, ho vissuto un periodo in cui mi organizzavo giorno dopo giorno, avendo un numero di clienti abbastanza limitato. Ma ho scoperto che mi mancava qualcuno in grado di impormi le deadline. Perché, per dirla alla Seth Godin, "le deadline funzionano [...] sono uno strumento utile ed economico per farti prendere una decisione e poi partire". Il loro nome è fuorviante perché sono proprio le scadenze, se prese nel modo giusto, a tenerti in vita. Sono delle "live-lines". Quando chiamare un cliente, quando telefonare a un giornalista, quando finire una presentazione sono tutte scelte che, se sei un libero professionista, devi imporre su te stesso. E non è facile. Perché non puoi essere troppo indulgente, auto-assolverti e via. Le devi scrivere, le devi valutare, le devi rispettare. E devi giudicarti ogni giorno, il tuo capo sei tu. Contemporaneamente, il migliore e il peggiore possibile. Imporsi una deadline è un lavoro sporco ma qualcuno lo deve pur fare. Perché è utile.
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