Il caso della NSA, della "talpa" Eric Snowden e dei dati intercettati è ormai di dominio pubblico da giorni, nelle analisi si passa da cosa spiano gli americani (la Cina, incredibile no?) ai soliti, inutili particolari morbosi sulla fidanzata del protagonista. Ma il centro della questione è un altro: cosa possono controllare, in realtà, le agenzie americane in merito ai nostri dati? Oltre alle foto di torte, gattini e tatuaggi che tanti di noi mettono su Facebook, trovano altro di interessante (sulla nostra "attenzione alla privacy", leggete qui e fatevi una risata)? A chiarire un po' di cose sui metadati, ossia le informazioni che "produciamo", consapevolmente o meno, quando usiamo la tecnologia, ci pensa il Guardian, ossia una delle due testate che hanno scoperchiato il caso. E non per caso.
Cosa ha fatto il quotidiano inglese di così innovativo? Una semplicissima e utilissima guida pubblicata online. Spiega cosa sono i metadati, quali informazioni possono essere verificate da agenzie come la NSA mentre noi usiamo una e-mail, Facebook, Twitter o Google Search. Descrive anche a cosa assomigliano questi metadati, per noi profani. Tutto spiegato in modo semplice, conciso e chiaro, senza fronzoli. C'è pure un ottimo esempio, legato al caso di Petraeus di qualche mese fa (bell'approfondimento di Repubblica, giusto citarlo, mica siamo sempre esterofili). Mi sono chiarito più le idee in 5 minuti che in giorni di articoli e articoletti sul caso. Questo deve fare il giornalismo: darmi le notizie, spiegarmele, chiarirmi le idee e rendermi un cittadino più consapevole. Non è la prima volta che cito il Guardian (un esempio qui), sono sufficientemente sicuro che non sarà l'ultima.
Ennesima conferma che spesso less is more, anche nel giornalismo.
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