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venerdì 7 dicembre 2012

Facile scrivere difficile, il difficile è scrivere facile

Poca leggibilità, poca chiarezza. Questi sono i difetti riscontrati da una ricerca dell'Università di Bristol e della School of Journalism della Cardiff University sul mondo dei giornali e del giornalismo. Se la qualità dell'informazione dovrebbe essere la base fondante sulla quale costruire i giornalisti del futuro, in un'era in cui la quantità di notizie e i mezzi con cui vengono veicolate aumenta esponenzialmente, non stiamo facendo un buon lavoro. Come ci dice Pier Luca Santoro, un buon giornalismo dovrebbe fornire un'informazione di qualità su temi importanti, quali politica, ambiente, business e informazione economica. Invece sono le categorie che presentano il minor livello di leggibilità, di comprensione, da parte del lettore. Il tema viene ripreso sul Foglio, spiegando che questo dovrebbe suggerire un approccio diverso all’argomento.

Il giornalismo ha un futuro se offre qualità. In termini di quantità e velocità delle news, ci sono ormai altre fonti con prestazioni inarrivabili per una testata giornalistica: a noi lettori serve controllo, verifica, metodo, interpretazione, selezione. Non ci serve uno scoop, ci serve una mano per capire il mondo. Ma la qualità non è per nulla in conflitto con la semplicità. Se pensiamo che il giornalista qualitativo sia quello che scrive con latinismi o inglesismi, metafore e figure retoriche, stiamo cercando la persona sbagliata. Ci serve l'esatto contrario. Certo, oltre ai contenuti si può fare molto anche a livello di contenitore per aumentare la leggibilità degli articoli (IL e Plus del Sole 24 Ore stanno aprendo una strada in questo senso) ma, per ora, mi voglio fermare alla sostanza, alle parole, a quello che mi compete.

Parliamo di ambiente, un tema che ci tocca tutti da vicino: l'informazione che riceviamo è complessa, confusa e, spesso, partigiana (vedi qui). Volete un esempio? Quant'è la quota di energia elettrica prodotta attraverso fonti rinnovabili in Italia? E qual è la fonte pulita più importante, oggi? Io ve lo dico qui sotto, in poche slide. Ma ci ho messo ore a trovare, e verificare, quei dati.


"Come è facile scrivere difficile, e come è difficile scrivere facile!" diceva Libero Bovio. Perché scrivere facile presuppone conoscenza dell'argomento, sottointende un'analisi profonda di quello che dobbiamo raccontare e sottolinea, soprattutto, un grande rispetto nei confronti di quello che deve essere l'unico punto di riferimento realmente importante per chi scrive: chi legge. Anche se si è esperti di temi complessi, la strada della comunicazione semplice c'è sempre. "Per un ricercatore o un esperto di un tema complesso e specialistico, è facilissimo cadere e rimanere imprigionato nei propri pregiudizi. Può sbagliare perché non si rivolge al pubblico giusto, perché non sceglie il mezzo giusto, ma soprattutto perché non fa leva sugli interessi e sulle emozioni giuste" dice Giovanni Carrada in questo post. Una lezione per molti giornalisti ma anche per molti comunicatori. Vuoi sapere quant'è la tua leggibilità? Gioca qui.

(Foto presa dal blog del mio amico Alessandro Cosimetti, ricco di spunti in termini di leggibilità dei blog).

giovedì 22 marzo 2012

Scrivere un libro, parte seconda

Ecco il secondo tempo del post sul mio libro, la prima è qui. Qualche giorno fa mi sono soffermato sugli aspetti positivi, ora mi concentro su quelli più o meno negativi. Anzi, per dirla più correttamente, mi sembra giusto approfondire le cose in cui ci si imbatte quando lo stai scrivendo ma che nessuno, o quasi, ti ha detto prima (un po' come quando diventi papà). Perché scrivere un libro è un sogno di molti e oggi ce lo si può anche autopubblicare come ebook. Ma pensare, come me, che tra qualche mese sarà in libreria ha un ulteriore alone di magia. Sì, lo so, sono un tradizionalista ma che ci posso fare?

Ecco le mie considerazioni negative, o quasi, del fatto di scrivere un libro:
  • Ci vuole tantissimo tempo: io scrivo per lavoro e pensare di dover realizzare un libro di 150 pagine dedicato a quello che faccio mi sembrava relativamente facile. Niente affatto, soprattutto se si prende in considerazione il tempo necessario. Io da libero professionista pesavo i miei budget sulle ore stimate di lavoro: se avessi dovuto farlo per questo, avrei  strutturato una proposta davvero importante. Per realizzare la bozza ho lavorato 6 mesi, di notte (di giorno lavoro e ho una famiglia con due figli), con uno sforzo di concentrazione e costanza davvero notevole. Non è affatto uno scherzo. E, ripeto, io sono abituato a scrivere tanto e velocemente.
  • Pensare alla soddisfazione, non ai guadagni: "ah, scrivi un libro! Quanto ti pagano?" è la domanda che mi sono sentito porre da chiunque. La risposta: "non lo so ancora, dipende da quanto vendo. Quindi poco". Il guadagno che ti arriva dalla casa editrice, semplificando, è una percentuale legata alle vendite: tanto per capirci, sotto al 10% del prezzo di copertina per ogni volume. Facendo due conti, si capisce chiaramente che non lo si fa per soldi. Lo si fa per passione, per soddisfazione, per essere utili a qualcuno, un po' la stessa motivazione per cui scrivo questo blog. Mica mi pagano. Però ho trovato due clienti in passato scrivendo qui dentro, dato non prevedibile ma da non trascurare.
  • Bisogna chiedere una mano: all'inizio pensi di potercela fare tutto da solo e non ti spieghi tutti quei ringraziamenti che trovi negli altri libri, per correzione di bozze, consigli e altro. Quando sei a pagina 50, ti accorgi che i tuoi occhi non vedono più refusi, ripetizioni, errori di sintassi, e in un attimo realizzi: hai bisogno di una mano, anzi dieci mani. Io ho la fortuna di avere una mogliettina che scrive da Dio e legge tantissimo. Nonostante due figli a cui badare, abbiamo lavorato insieme, mi ha dato consigli, mi ha proposto correzioni. In più, ho chiesto aiuto anche ad altre persone e lo continuerò a fare. Da soli non ce la si fa, fidatevi.
  • Un libro è sempre vivo: questo è anche un aspetto positivo. Tuttavia quando hai finito di scrivere un capitolo, manca sempre qualcosa da approfondire, un caso ideale per sottolineare quel concetto. Non lo trovi e te ne fai una ragione. Dopo una settimana, vai su Twitter ed è là, bello pronto, in grado di spostare il baricentro del capitolo stesso: che fare? Rimettersi al lavoro? Il mio consiglio: il libro definitivo non esiste, dovete porvi delle scadenze e rispettarle. Se siete entro la deadline si modifica, se no niente. Avete presente gli scrittori dei film che hanno libri in sospeso da 5 anni? Non è così difficile diventare uno di loro, ve lo assicuro.
Un bilancio? Per ora sicuramente positivo. Tanta fatica ma si tratta di realizzare un piccolo sogno. E, come scrive oggi Pier Luca Santoro su Twitter (pubblicando anche la foto sotto): "Non dire mai che i sogni sono inutili perché inutile è la vita di chi non sa sognare" (Jim Morrison).


Aggiornamento di Settembre 2012: c'è una terza parte, quella delle soddisfazioni post-pubblicazione. La potete leggere qui.

mercoledì 14 marzo 2012

Scrivere un libro, parte prima


Nelle ultime settimane, come sanno perfettamente le persone che mi gravitano vicino (perché mi stanno sopportando), sto terminando di scrivere un libro. Un insieme di passione, notti insonni, occhiaie e cose da leggere. Il tema è professionale e riguarda la creazione di contenuti di qualità per Internet ma, non essendoci da parte delle aziende consapevolezza su cosa siano i "contenuti per il Web", avrà un titolo un po' diverso. Si tratta di una cosa che ho sempre voluto fare, uno di quei piccoli sogni che spesso rimangono nei cassetti. Nel 2011 mi ero deciso a fare un ebook, una cosa semplice e veloce sul tema che mi affascina di più, ossia la comunicazione nel settore delle rinnovabili. Invece è capitata una bella occasione con casa editrice seria, curatori di collane, editor che verificano i testi e deadline da rispettare. Ne saprete di più a breve, intanto voglio fare alcune considerazioni. Ho materiale per due post, come Tarantino aveva materiale per due Kill Bill (scusatemi il paragone).

Scrivere un libro è bellissimo di per sè ma è davvero dura: a me nessuno l'aveva mai detto esplicitamente. Ci vuole un impegno costante per mesi e, a meno che uno non faccia lo scrittore di lavoro, si deve lavorare part-time. Se hai una famiglia, due bambini, il tennis e una vita, incastrare il tutto ha del miracoloso. Tornando a noi, ecco alcune considerazioni positive sul fatto di scrivere un libro (entro la settimana scriverò quelle negative):
  • Possibilità di analizzare seriamente un tema: per scrivere un libro, devi consultare più fonti, cartacee e digitali, capire quali siano più autorevoli, più affidabili e più utili al tuo scopo. Devi analizzare, tagliarle, incollarle e integrarle nei tuoi discorsi. Si tratta di quello che si fa per un post, ma elevato alla potenza. Una fase utilissima per farsi un'idea, ragionata, su alcuni aspetti che di solito si trattano in modo più leggero e veloce. Sei costretto a fare un salto di qualità.
  • Trovare un tuo stile: fare un post di 2.000 battute con un unico stile è abbastanza facile, farlo per un libro di 160 pagine è molto, molto più dura. Nei mesi il tuo modo di scrivere cambia, si evolve e si espande (accade, ve lo assicuro), nel libro invece devi rimanere sempre coerente con te stesso. Trovare uno stile che vada bene per tutto il libro non è facile ma è un esercizio importantissimo.
  • Essere nella testa del lettore: quando scrivi un post, quelli che lo leggono lo fanno velocemente, comodamente e... gratis. Se qualcuno si compra il tuo libro, ha investito su di te non solo in termini di fiducia ma anche economici. Questo ti responsabilizza, ti fa essere attento a ogni parola, a ogni esempio, per non essere mai banale e scontato. Rileggere un capitolo che hai scritto mesi fa con gli occhi di un lettore è una lezione illuminante su quanto puoi diventare il peggior critico di te stesso.
  • Un libro è sempre vivo: si scrive un capitolo, lo si arricchisce, lo si verifica, lo si corregge. Va bene, è pronto. Qualche minuto dopo su Twitter ti segnalano una notizia su quel tema davvero interessante: inserirla o no? Certamente, si dirà. Questo processo tuttavia non ha una fine teorica, un capitolo è sempre in fieri. Solo stabilendo una deadline ci si può salvare, tenendo conto che qualche imprecazione, quando si andrà in stampa, ci sarà sicuramente. Meglio essere preparati al "ma non poteva uscire due mesi fa questa ricerca?!", perché arriverà.
Finisco il primo tempo di questo post con due citazioni. "I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro" sostiene Carlos Ruiz Zafón. E Borges aggiunge: "il libro non è un ente chiuso alla comunicazione: un libro è una relazione, è un asse di innumerevoli relazioni". Un libro sei tu e le tue relazioni, ma è anche una sfida molto dura. A breve la seconda parte (eccola), io torno a scrivere.

Aggiornamento di metà Giugno 2012: il libro è ufficialmente in libreria, si intitola "Promuoversi mediante Internet", qui trovate il post dedicato. Un'enorme soddisfazione. Perché sta vendendo bene ma non è l'unica cosa che conta.

(la foto è un omaggio a "L'uomo senza sonno", film con un titolo che andrebbe benissimo per descrivermi)