Poca leggibilità, poca chiarezza. Questi sono i difetti riscontrati da
una ricerca dell'Università di Bristol e della School of Journalism della Cardiff University sul mondo dei giornali e del giornalismo. Se la qualità dell'informazione dovrebbe essere la base fondante sulla quale costruire i giornalisti del futuro, in un'era in cui la quantità di notizie e i mezzi con cui vengono veicolate aumenta esponenzialmente, non stiamo facendo un buon lavoro. Come ci dice
Pier Luca Santoro,
un buon giornalismo dovrebbe fornire un'informazione di qualità su temi importanti, quali politica, ambiente, business e informazione economica. Invece sono le categorie che presentano
il minor livello di leggibilità, di comprensione, da parte del lettore.
Il tema viene ripreso sul Foglio, spiegando che questo dovrebbe suggerire un approccio diverso all’argomento.
Il giornalismo ha un futuro se offre qualità. In termini di quantità e velocità delle news, ci sono ormai altre fonti con prestazioni inarrivabili per una testata giornalistica:
a noi lettori serve controllo, verifica, metodo, interpretazione, selezione. Non ci serve uno scoop, ci serve una mano per capire il mondo. Ma la qualità non è per nulla in conflitto con la semplicità.
Se pensiamo che il giornalista qualitativo sia quello che scrive con latinismi o inglesismi, metafore e figure retoriche, stiamo cercando la persona sbagliata. Ci serve l'esatto contrario. Certo, oltre ai contenuti si può fare molto anche a livello di contenitore per aumentare la leggibilità degli articoli (
IL e
Plus del Sole 24 Ore stanno aprendo una strada in questo senso) ma, per ora, mi voglio fermare alla sostanza, alle parole, a quello che mi compete.
Parliamo di ambiente, un tema che ci tocca tutti da vicino: l'informazione che riceviamo è complessa, confusa e, spesso, partigiana (
vedi qui). Volete un esempio? Quant'è la quota di energia elettrica prodotta attraverso fonti rinnovabili in Italia? E qual è la fonte pulita più importante, oggi? Io ve lo dico qui sotto, in poche slide. Ma ci ho messo ore a trovare, e verificare, quei dati.
"Come è facile scrivere difficile, e come è difficile scrivere facile!" diceva Libero Bovio. Perché
scrivere facile presuppone conoscenza dell'argomento, sottointende un'analisi profonda di quello che dobbiamo raccontare e sottolinea, soprattutto, un grande rispetto nei confronti di quello che deve essere
l'unico punto di riferimento realmente importante per chi scrive: chi legge. Anche se si è esperti di temi complessi, la strada della comunicazione semplice c'è sempre. "Per un ricercatore o un esperto di un tema complesso e specialistico, è facilissimo cadere e rimanere imprigionato nei propri pregiudizi. Può sbagliare perché non si rivolge al pubblico giusto, perché non sceglie il mezzo giusto, ma soprattutto perché non fa leva sugli interessi e sulle emozioni giuste" dice
Giovanni Carrada in questo post.
Una lezione per molti giornalisti ma anche per molti comunicatori. Vuoi sapere quant'è la tua leggibilità?
Gioca qui.
(Foto presa dal blog del mio amico Alessandro Cosimetti, ricco di spunti in termini di leggibilità dei blog).