Scrivevo questo quasi un anno fa:
Il giornalismo ha un futuro se offre qualità. In termini di quantità e velocità delle news, ci sono ormai altre fonti con prestazioni inarrivabili per una testata giornalistica: a noi lettori serve controllo, verifica, metodo, interpretazione, selezione. Non ci serve uno scoop, ci serve una mano per capire il mondo. Ma la qualità non è per nulla in conflitto con la semplicità.
Un mio pallino da sempre, quello che il futuro dell'informazione non sta solo in storie brevi, divertenti, di facile impatto (gattini e affini, insomma) ma anche nella qualità. Tante volte accade un po' di sconforto quando vedi tanti "
boxini morbosi" sulla parte destra di onoratissimi portali di informazione.
Però, ogni tanto, ti arrivano delle conferme importanti e oggettive, condite con parole di persone che stimi, che forse il futuro vero è quello che intravedi tu. Annalee Newitz,
citata da Giuseppe Granieri, dice cose che confortano in questo senso. E una ricerca,
citata qui, segnala una controtendenza importante:
We’ve heard this a lot lately: Fun stories, not serious stories, work on social media.
But we’ve found otherwise. You can shape serious stories to make them shareable and more informative for the public. We’re not talking about watering down serious journalism — we’re talking about crafting stories for the digital audience.
Creare storie in modo nuovo per nuovi lettori e un nuovo modo di leggere. Questa è la sfida che sembra funzionare già oggi.
Ci stiamo ancora lavorando, per carità. Ma intanto godiamoci questa bella notizia. E buon venerdì.
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