lunedì 3 settembre 2012
Il potere delle parole giuste
Il potere delle parole è grande. Per chiunque operi nel mondo del marketing e della comunicazione, questo è un mantra imprescindibile: sulle parole si plasmano i claim delle pubblicità, le vision aziendali, le relazioni online e tante, mille altre cose. Spesso, tuttavia, i responsabili aziendali o tanti ottimi professionisti che lavorano nelle imprese tendono a non rendersi conto di questo nel dovuto modo: usano le stesse parole all'interno e all'esterno dell'impresa. A risolvere questo problema servono le linee guida, ossia brevi ma utilissimi riassunti di "cosa dire e come farlo bene" per raccontare un'impresa a chiunque non ne faccia parte, che sia un cliente, un partner, un fornitore o il postino. Un esempio recente è la scoperta del "manuale segreto di Apple", dove l'azienda della mela spiega nel dettaglio ai suoi dipendenti come devono rivolgersi verso l'esterno. A una prima occhiata, non sembra che vi siano regole magiche. Invece, è illuminante.
Io lavoro in un'azienda che fa software e scopro ogni giorno di come i programmatori tendano a parlare con chiunque come fosse uno di loro, usando spesso termini gergali e modi di dire quasi incomprensibili al resto dell'umanità. E questo si sa. Talvolta, tuttavia, questo comportamento, perfettamente logico e comprensibile, può portare a situazioni particolari. Tutti gli sviluppatori di software, ad esempio, sanno che non esiste un software senza bachi. Il "bug-free" è un illusione, la loro sfida quotidiana è ridurrli al minimo per rendere un software il più stabile e performante possibile. Logicamente, questo vale per tutti i prodotti, non esistono cose perfette. Tuttavia, talvolta si rischia di comunicare questo assunto anche davanti a un potenziale cliente, dando per scontato che lui lo condivida. Quasi sempre non è così. Guardiamo la comunicazione di grandi case automobilistiche: vediamo motori che non si rompono, gomme che non si bucano, benzine che non inquinano. Sappiamo che non è realistico ma non ce ne preoccupiamo. E le aziende non lo sottolineano, anzi.
La sincerità nella comunicazione aziendale paga, lo dico da sempre. Ma la verità va comunicata in modo intelligente. Apple dice ai suoi dipendenti: non dite mai che il software "è andato in crash" ma che "non risponde", non affermate mai che c'è un bug o un problema ma che c'è "una situazione che non va". Una persona normale dice: non c'è differenza. Invece, nelle orecchie di chi ascolta, e vuole comprare, la differenza è sostanziale e, probabilmente, decisiva. Perché certe parole fanno accendere lampadine, altre le spengono. Il potenziale cliente va rassicurato, capito, sollevato. Mentire non è mai la soluzione, trovare le parole giuste per creare empatia lo è. Per questo, è importante realizzare delle linee guida aziendali: io ci sto lavorando. Meglio che gli sguardi sorpresi siano dei programmatori prima, che dei possibili clienti poi.
(photo credits: dilbert.com)
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