giovedì 24 gennaio 2013
Il costo del fact checking
La principale obiezione di un editore o di una testata quando gli si propone di migliorare il fact checking è: costa troppo. In termini di tempo (la verifica delle fonti e delle notizie non è cosa veloce da fare), di risorse (ci vuole un team dedicato oppure una necessità di formazione supplementare per i redattori) e di procedure (necessita una policy con step definiti che assicuri la veridicità, non la verità, della notizia). Siamo davvero sicuri che sia così? Oggi c'è un caso eclatante: El País, quotidiano spagnolo molto apprezzato e molto avanti rispetto a tanti altri nell'affrontare la rivoluzione digitale dei media (vedi qui), ha pubblicato una foto falsa di Hugo Chávez, presidente del Venezuela. Costringendo il giornale a ritirare precipitosamente le copie con la foto falsa, provando a sostituirla al volo ed avendo un danno di immagine notevole, vista anche l'importanza della questione. Costi? Elevati.
Quelli del País hanno detto di "voler condurre alcune verifiche interne per identificare i responsabili dell’errore". Ribadisco che è una foto che è stata sbattuta in prima pagina, non a pagina 16 in un trafiletto. La cosa positiva è che è il quotidiano stesso ad ammettere pubblicamente l'errore (ricordiamo che è quello a maggior diffusione in Spagna), cosa rilevata anche da altri quotidiani. Probabilmente dentro la redazione del giornale spagnolo pensano oggi che investire un po' di risorse, anche in un periodo drammatico come questo per l'editoria, nel fact checking forse non sia poi così costoso. O almeno lo spero.
La credibilità si paga e il futuro, nella marea di informazioni che arriva al lettore ogni minuto, si gioca lì.
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