lunedì 1 febbraio 2010

Spam e comunicati stampa, un legame sopravvalutato

La cara, vecchia storia dello spamming dei comunicati stampa. Sul suo blog, Stephen Davies rilancia la questione con un bel video (ammettendo onestamente anche un suo piccolo conflitto di interessi): si sottolinea come l'inondazione di press release verso i media sia paragonabile, se confrontata alla situazione del pianeta, all'inquinamento ambientale. Con una proposta: "come posso fare a ridurre la mia irrelevance oggi?"
Chi non si è posto la questione avendo il compito di dover inviare un comunicato stampa alla sua mailing list? E chi non si è sentito rispondere "la ringrazio, ma questa notizia non mi interessa per nulla"?

La questione sta, ovviamente, a monte. Si ha un messaggio da trasmettere, più o meno "forte", e si deve decidere a chi inviarlo. Il dubbio amletico di ogni addetto stampa: mailing list ristretta o allargata? Ci sono fondamentalisti per tutte e due le filosofie, per cui guru da consultare ce ne sono anche troppi. Mi limito a buttare là qualche considerazione:
  • La "mailing list perfetta" non esiste: anche con una notizia bomba, le probabilità di sentirsi rispondere "non è in target" sono comunque rilevanti. In più, la soggettività dell'opinione su cosa pubblichi una rivista è davvero ampia. Mio parere: fare una mailing list generale da adattare, di volta in volta, alla notizia e non una notizia che da adattare, sempre e comunque, alla mailing list. 
  • I giornalisti non hanno sempre ragione: si ha sempre un certo timore reverenziale a parlare con il caporedattore di riferimento, sapendo che se non porti a casa l'articolo hai 2 ore di riunione col tuo capo. Ma loro stanno lavorando come lo stai facendo tu, con la stessa dignità e rigore professionale. E anche loro, come te, possono sbagliare nel giudicare una notizia. Mio parere: "difendere" sempre, con cortesia e obiettività, il nostro comunicato stampa, non essere sulla difensiva sperando che la telefonata duri meno possibile. 
  • Lo spam, questo sopravvalutato: è assolutamente vero che la grande maggioranza dei comunicati stampa non hanno notizie così interessanti. Ma è altrettanto vero che la grande maggioranza degli articoli pubblicati non sono da premio Pulitzer. Mettiamo che un giornalista riceva 100 comunicati stampa al giorno: in 30 secondi ci dà un'occhiata e a valuta cosa fare. In tutto, 50 minuti delle sue otto ore. Ma poi ha notizie per farci un giornale. Mio parere: non mi pare una situazione così drammatica.
  • Cercare sempre la notizia: il nostro principale compito è comunicare notizie. E non tutte le informazioni che ci danno lo sono. Il nostro compito non è solo quello di inviare email ma, soprattutto, quello di dire, talvolta, una frase difficile: "questa non è una notizia". Facciamo del bene a noi, al nostro capo, al nostro cliente e ai giornalisti a cui dovremmo inviare il comunicato stampa. E cercarne eventualmente un'altra. Mio parere: spesso, le notizie vere non fanno notizia all'interno delle aziende. Dobbiamo cercarle, sempre.
Al di là di tutto, paragonare l'invio di comunicati stampa alla generazione di inquinamento atmosferico mi sembra un po' forzato. E' invece opportuno concentrarsi sulla creazione del comunicato stampa e sul contatto successivo con il giornalista, che sono le due fasi davvero decisive (trovare la notizia e poi "venderla" bene). L'invio è necessario ma non è una fase così fondamentale. Se pensiamo al flusso di informazioni che sono e saranno generate dai social media, i giornalisti rimpiangeranno il giorno in cui dovevano solo aprire le agenzie di stampa e Outlook per scegliere le notizie tra "il caro, vecchio spam".

2 commenti:

  1. assolutamente d'accordo Riccardo.
    Cristina

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  2. @Cristina: innanzitutto, ti ringrazio. Penso che, spesso, siamo proprio noi a farci troppi problemi riguardo alla mailing list e a non urtare troppo la sensibilità dei giornalisti. A priori. Dovremmo avere un po' più di rispetto per il nostro lavoro, che è duro ma bellissimo.

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