Noi addetti ai lavori del settore marketing certe volte sopravvalutiamo il potere del "progetto". Un corposo documento in Word o una presentazione da decine di slide, infarcita di bellissimi capitoli divisi per strategia, messaggi, target e altre cose rispettabilissime, assume connotati quasi sacri. Tutto è lì, consultabile, controllato, valutato. Questo è assolutamente giusto, per carità, spesso il problema è l'esatto opposto, ossia l'improvvisazione creativa non troppo organizzata. Ma l'esperienza sul campo, quella passata da clienti nelle mie ultime due settimane, mi ha fatto riflettere molto.
Avevamo a disposizione progetti definiti, tempistiche approvate, obiettivi misurabili e un sacco di altre cose per gestire undici eventi. Un po' come i generali che si trovano con le cartine sui tavoli e le loro divisioni che si spostano con bellissime e ordinatissime bandierine. Però la battaglia sul campo, tanto per tornare ai concetti militari tanto cari al marketing (obiettivi, strategia, etc.), è un'altra cosa. Spesso si vincono con l'improvvisazione di un capitano sporco di fango che ha la piena fiducia dei suoi soldati, non con le strategie dei generali con tante stelle sulla divisa immacolata ma lontani, laggiù, nelle retrovie. Negli undici eventi gestiti in queste ultime due settimane ho notato come, in un'organizzazione generale comunque definita, hanno contato tanti aspetti non misurabili. L'empatia con il tuo riferimento diretto, la disponibilità a fare qualcosa che non era compito tuo, il darsi una mano ora dopo ora dimenticandosi di essere "clienti" e "fornitori" (parola che odio, sappiatelo) ma una squadra.
Il semplice stare ad ascoltare il cliente, capendo dove sono le sue principali preoccupazioni (soggettive) oltre che i problemi (oggettivi) è stato un valore aggiunto più che tangibile. Ho scoperto che tanti altri attori presenti sul mercato non hanno questo tipo di atteggiamento, non sono per nulla flessibili, si basano rigidamente sui piani previsti dal principio. Non ascoltano il cliente. Ritengo invece che il primo obiettivo sia quello di mettersi davvero nei suoi panni, e certe volte è durissima lo so, e fargli capire che siamo sulla stessa barca. Magari solo per quei due giorni ma quelli contano davvero.
Vedere il presidente di un'azienda scendere dal palco e, come prima cosa, venire a stringervi la mano per farvi i complimenti (e poi brindare insieme) è un'esperienza non pianificabile. Non è solo un evento andato bene perché progettato e organizzato bene, è qualcosa che è andato oltre. Vuol dire che ha notato impegno, passione, disponibilità, comprensione e competenza, tutte cose che un documento o una presentazione non riescono a trasmettere. Talvolta basta un sorriso tranquillizzante e una stampante rimessa a posto al volo quando non era compito tuo. Le battaglie si vincono anche così.
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