I social media allontanano lo spazio di discussione dagli ambienti classici, ossia quelli delle aziende e degli enti pubblici, verso le persone, verso i cittadini. Questa è sicuramente una rivoluzione epocale a livello di comunicazione e, obiettivamente, è molto positiva. Ma se tu sei un'azienda o un ente pubblico, questo allontanamento non è troppo sbilanciato? Passare dal ricevere il singolo cittadino o cliente dentro le sicure mura dei tuoi uffici all'andare a discutere, in netta minoranza, in una piazza virtuale di qualcun altro è sicuramente un bel salto. E come si sceglie cosa o chi ascoltare? Questi sono alcuni temi, molto interessanti, sottolineati dal moderatore Claudio Forghieri e discussi all'interno dell'evento “Idee in circolo”, organizzato venerdì scorso a Bologna da TagBoLab.
Noi utenti siamo molto contenti di poter dialogare con un'azienda o un ente direttamente online, in uno spazio neutro (in realtà, di un terzo soggetto). Ed è cosa buona e giusta, ci mancherebbe altro. Però, al tempo stesso, mettiamoci nei panni di un sindaco: le fonti di preoccupazione possono essere molte e condivisibili. Come ha detto il professor Roberto Grandi, i Social Media fanno parte integrante della sfera pubblica, uno spazio dove c'è dibattito e in cui ognuno può contribuire ad arricchire la discussione. Tuttavia, oltre a mancare un sistema di moderazione, devono anche realizzarsi dei meccanismi precisi che portino alle decisioni effettive. E qui sta una delle questioni principali: come si possono analizzare le proposte che vengono dalla rete, dove spesso la critica è tutt'altro che costruttiva, in vista del processo decisionale?
Noi spesso critichiamo aprioristicamente gli enti pubblici. Sono inefficienti, non ascoltano i cittadini, hanno procedure rimaste a 15-20 anni fa. Tutto vero. Nella città dove vivo, ci hanno messo un mese per protocollare una segnalazione di un marciapiede molto ghiacciato vicino alla stazione (pericoloso per le persone), terminando la risposta con un “mi dispiace ma abbiamo altre priorità”. Esperienza personale, mica sentito dire. Detto questo, è evidente che “non si può pensare di dialogare con un'istituzione” (Fleur Cowan), non è una persona e i meccanismi sono molto più complessi. L'unica cosa certa è che cittadini ed enti hanno molto da imparare l'uno dall'altro. Sicuramente, il mondo pubblico e quello politico devono ancora capire molto su come “funziona” la rete e i Social Media (un grottesco esempio). Il massacro della Moratti a Milano è un esempio lampante su “cosa non fare”, per quanto riguarda il “cosa fare” non c'è una risposta univoca, valida per tutti.
Intanto, porrò al mio Comune un ennesimo tema di riflessione: Rimini ha “aperto” la bacheca della propria pagina su Facebook alle segnalazioni dirette dei cittadini/utenti, dando poi conferma sulle attività realizzate in seguito a queste (citando eventuali numeri di protocollo). Un esempio pratico, reale e semplice su come i Social Network possano essere usati per avere una miniera d'oro di informazioni su cosa pensano i propri cittadini, e del tutto gratuita. Certo, non è tutto oro quel che luccica, ci vuole un team dedicato e formato per la sua gestione, per garantire risposte veloci e competenti. Ma iniziate a pensarci. Noi cittadini possiamo essere molto propositivi (io qualche idea l'ho già espressa e qualche esempio di enti virtuosi l'ho già citato) così come i Comuni possono essere molto più ricettivi. L'obiettivo è trovare uno spazio pubblico più adeguato alle esigenze di entrambi. Questo sì che sarebbe rivoluzionario.
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