La crisi di credibilità e di identità dei media è, oggi, sotto gli occhi di tutti. Il caso di News of the World (ne ho già parlato qui) è ben lontano dall'essere chiarito in ogni suo punto ma, oggi, mi interessa parlare della notizia della settimana, ossia della strage norvegese. Ovviamente, non voglio parlare del caso in sé (mica mi occupo di cronaca nera, perché di questo di tratta) ma di come i media me l'hanno descritto. Sì, mi prendo come campione, "il lettore comune", e faccio una breve cronologia per spiegare i risultati di questa analisi.
- 22 Luglio: appena saputo della notizia, sono andato a informarmi subito sui media: TV, giornali, Internet. E non ho trovato dieci ipotesi, ma una quasi certezza, esplicitata da questa tag: #fondamentalismoislamico. Basta fare, oggi, una ricerca con Google per trovare tutte queste notizie: Ansa, quasi tutti i quotidiani (vedi qui, qui e qui ma gli esempi sono molteplici) e i TG. Un coro quasi unanime che includeva, nello stesso calderone mediatico, vignette offensive e intervento militare in Afghanistan, Mullah residenti in Norvegia e varie minacce già confermate.
- 23 Luglio: iniziano ad uscire le prime notizie confermate sul modus operandi e sull'attentatore. Viene fuori che è un biondo e alto norvegese, di estrema destra e, soprattutto, cattolico. I media, accortisi di aver preso una solenne cantonata frutto della voglia di sbattere il terrorista islamico in prima pagina, cosa fanno? Un bel mea culpa? Neanche per sogno, cambiano semplicemente una parte della tag: #fondamentalismocristiano (qui un esempio dei moltissimi, basta sempre Google). Cioè, è sempre la religione il tema centrale, la spiegazione di tutto. A me, come a tantissimi altri con cui parlo, sorgono grosse perplessità. Allora scrivo questo sulla mia bacheca di Facebook:
Riccardo Polesel
- 24 Luglio: le analisi sui media si fanno sempre più ampie, si pubblicano notizie sul presunto "fondamentalista cristiano" scoprendo che la questione religiosa ci azzecca poco o nulla. Questo tizio, questo pazzo, ha messo in giro numerose notizie su sé stesso, sulle sue idee, sui suoi progetti, fonti facili da trovare sulla rete. E i giornalisti non le hanno neanche cercate, buttandosi decisi sul facile luogo comune (questo post di Galatea spiega bene questo paradosso).
- 25 Luglio, oggi: leggo il Corriere online e trovo questo editoriale, dal titolo roboante. Tra le righe, trovo questa frase: l'omicida di oltre 90 persone pare si sia definito «un fondamentalista cristiano», termine privo di qualsiasi senso. Giusto, un termine che non ha senso riferito a un caso in cui il tema religioso non ci azzecca quasi nulla. Allora mi spieghi: perché ci avete sguazzato per due giorni e mezzo su questa definizione "priva di qualsiasi senso"? Perché non ha espresso sabato quel dubbio che io, umile cittadino privo di iscrizione all'Ansa, mi sono permesso di fare? Perché, oggi, non fate una sana autocritica dopo aver preso non una ma due solenni cantonate?
Niente, il giornalismo continua a chiudersi in sé stesso, a difendere posizioni indifendibili con la solita arroganza, non capendo che è proprio questo il suo principale problema. Che continuino pure a sbattere le foto di giovani vittime in prima pagina e a dare uno spazio enorme alla cronaca nera usando i soliti luoghi comuni, spesso sbagliati e fuorvianti. Che continuino pure a perdere lettori, tanto il facile (e sbagliato) colpevole c'è già, ossia Internet (a breve mi aspetto il tag #fondamentalismodellarete, tanto per restare in tema). Che continuino pure a ignorare il fatto che il ruolo del giornalista, oggi, è più importante che mai, dato che la rete gli offre fonti di informazioni incredibili da poter analizzare in modo professionale e credibile per dare un vero valore aggiunto ai propri lettori. Che continuino pure. Prima o poi si sveglieranno con la metà delle copie di oggi e faranno una solenne autocritica. Sarà troppo tardi, mi sa.
P.S. Il Guardian, che ha preso pure lui la sua bella cantonata, ha pubblicato un pezzo che riprende in parte le cose scritte qui sopra. Non citando mai il nome dell'attentatore, come ho fatto io (e non per caso)