Come spiega benissimo PierLuca Santoro nel suo blog, nel Regno Unito esiste una netta distinzione tra la stampa seria e quella sensazionalista, ossia i tabloid, cosa che non c'è da noi e in tanti altri Paesi, dove la divisione è tra stampa nazionale e locale. Quello britannico è un ambiente molto particolare, dove i quotidiani vendono tantissime copie cartacee in più non solo rispetto a noi ma anche rispetto ai tempi in cui Internet non esisteva (ho già approfondito qui come il presunto assassino dei giornali di carta, forse, non è il Web). Bene, volete approfondire bene la questione? Vi do un consiglio, lasciate stare Google e anche i quotidiani italiani.
Leggendo quattro fonti, molto diverse tra loro, mi sono fatto, in mezz'ora, un'idea sufficientemente chiara e obiettiva non solo della situazione del News of the World ma anche di quella dell'editoria in generale. Sono punti di riferimento quotidiani, perché apprezzo il rigore professionale e l'attenzione all'approfondimento di chi le scrive. In più, mi permettono di avere punti di vista diversi da valutare per farmi un'opinione mia, non una riciclata leggendo due paragrafi di quotidiano. Niente esterofilia, alcuni blog sono italiani al 100%:
- Il blog sui media del Guardian, scritto da Roy Greenslade. Tanto per sottolineare la qualità informativa del Guardian (il primo a dare la notizia) e l'attenzione verso i suoi lettori, questo quotidiano ha uno spazio dedicato alle notizie legate al News of the World in tempo reale.
- Il blog di Luca de Biase, noto giornalista di elevata qualità e competenza, di cui cito un passaggio: "Un giornale finisce: non per mancanza di lettori sulla carta, non perché i motori di ricerca portano via fatturato, ma perché perde credibilità. E in questo caso la credibilità è stata irrimediabilmente perduta".
- Il blog "Il Giornalaio" del già citato PierLuca Santoro, un punto di riferimento rigoroso e molto affidabile per chiunque voglia farsi un'idea dell'evoluzione del settore dei media. Cito un passaggio: "È ora che [i quotidiani] tornino al ruolo di cane da guardia, abbandonando spettacolarizzazioni ed esasperazioni fini solo a se stesse [ri]conquistando il loro ruolo di organi d’informazione al servizio del lettore, del cittadino".
Gentile Riccardo, sono assolutamente d'accordo! Vallo a spiegare, però, a tutti questi manager, diciamo, poco lungimiranti, che vogliono vedere immediati ritorni economici o di immagine a costo quasi zero.
RispondiEliminaMentre per costruire credibilità e approfondimento (e far sì che la gente se ne accorga e apprezzi la differenza) ci vuole tempo...
Buon lavoro.
Cri,
RispondiEliminainnanzitutto, benvenuta. Hai ragione, da noi fare progetti di lungo periodo è difficile, si vogliono risultati subito e si cercano le vie più semplici e immediate (come "sbatti il mostro in prima pagina... ma anche nelle successive dieci"). Ma questi manager, evidentemente, non fanno poi così bene il loro lavoro. Il Corriere della sera è passato dalle oltre 620mila copie vendute nel 2006 alle 490mila del 2010. La Repubblica da 588mila (2006) a 449mila (2010). E via così. I manager devono guardare ai numeri, no? E questi dicono, molto meglio di noi, che la strada da percorrere è un'altra.