venerdì 18 febbraio 2011

Non è un paese per giovani che pensano come vecchi

Ho già scritto un "elogio della giovinezza in azienda" ed è un tema che mi sta molto a cuore. Perché solo i Paesi che credono nei giovani investono davvero sul proprio futuro. L'argomento è tornato prepotentemente nella mia attualità professionale dopo un incontro fatto in un'azienda, dove si parlava di comunicazione interna, e dopo una bella discussione su Facebook.

Partiamo dalla riunione. Alla fine dell'incontro, c'è stata un'accesa discussione sulle cose da fare e da pianificare, cosa buona e giusta. Il problema non è il "volume" delle parole ma il loro significato profondo. A un certo punto ci si è arenati perché, nello sviluppo di un progetto del tutto nuovo, non si voleva andare oltre al concetto di "organigramma". Quella è "la struttura", una cosa concepita, conosciuta e vissuta tutti i giorni, non era possibile andare oltre valutando altre soluzioni senza voler scardinare un intero modo di intendere la vita aziendale. Una scelta del tutto ideologica. Partire dalle esigenze del dipendente e non da quelle dei vari settori sembrava un concetto troppo rivoluzionario, anche solo da discutere.

Le maggiori resistenze le hanno fatte due persone. Il primo a fare obiezioni sulle proposte di rinnovamento del concetto di comunicazione interna (ossia comunicazione bidirezionale, e non solo top-down) è stato un dirigente con decenni di esperienza in azienda. Non concepiva il fatto che le informazioni potessero essere generate anche dai dipendenti, tutto doveva passare per la dirigenza. In più, esprimeva scetticismo anche su molte soluzioni che fanno parte integrante di una Intranet (e di un'azienda) dei nostri tempi, ossia pagine wiki, blog interno e forum. Questo non mi ha sorpreso più di tanto, anche se ci sono ultrasessantenni che capiscono perfettamente che il mondo è cambiato e che imparare cose nuove conviene pure a loro. Quello che mi ha colpito è stata la reazione, sulla stessa linea, di una ragazza della mia generazione. Stesse obiezioni, stesso modo di pensare, stesso scetticismo del dirigente. Non era una semplice presa di posizione di tipo gerarchico (mi allineo al punto di vista del mio capo), era evidente che credeva in quello che diceva. Senza alcuna scusante generazionale. Perché?

Se vivi in un sistema vecchio con categorie vecchie, inevitabilmente sei portato a pensare in modo vecchio. Anche se hai 25 anni. Chi ti forma, i tuoi punti di riferimento, sono persone di un'altra generazione che spesso non si arrendono al cambiamento. Per questo sei portato a credere ciecamente alle linee Maginot che loro innalzano in modo ideologico, ignorando l'evidenza che saranno facilmente superate da nuove idee e modi di pensare. Il problema non è solo l'età anagrafica, ma l'ambiente professionale obsoleto in cui si lavora.

Al mio rientro in ufficio ho trovato su Facebook una bella discussione sulla questione anagrafica della classe dirigente. Ci si è confrontati sull'idea di prevedere per legge che, al compimento di un'età definita (diciamo 60 anni), si debba andare in pensione, che si sia politici, imprenditori o dirigenti. Io sono d'accordo. Non perché non ci siano ultrasessantenni validissimi (Steve Jobs ha 56 anni e ci sta arrivando, tanto per dire) ma perché è giusto che una nuova generazione porti le sue idee, il suo modo di pensare, il suo entusiasmo in enti e aziende. Prendendosi le sue responsabilità. Se sei un 35enne e pensi come un 65enne c'è qualcosa che non va. Per la tua vita, per il tuo lavoro e, anche, per il tuo Paese.  

2 commenti:

  1. Credo non si tratti solo di un fattore anagrafico ma di protezione di rendite e posizioni acquisite.

    Personalmente ho un carattere ed una predisposizione al "nuovo" da quando avevo 10 anni, internet non esisteva, ma esistevano giocattoli creativi come "Il meccano", le costruzioni "Lego" o più semplicemente i soldatini con i quali inventare storie e situazioni.

    Oggi ben 36 anni dopo ho lo stesso spirito e spero di conservarlo ancora per altri 50 :-)

    Imparare ad accrescere rendite e posizioni anzichè conservarle aiuta anche gli altri ad arricchirsi e questo è la base della crescita comune.
    Chi non comprende questo concetto non è antico, è semplicemente stolto.

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  2. Massimo, il mio post era volutamente provocatorio perché volevo sottolineare che si può essere "obsoleti" anche a 30 anni. Ma io stesso mi rendo conto che un ventenne sveglio ha una marcia in più del sottoscritto su alcune cose, pur essendo io stesso "predisposto al nuovo" come te. Mio padre ha 71 anni, scrive mail, usa l'home banking, fa ricerche su Google e usa Skype per parlare e vedere il nipotino in diretta. Ma è d'accordo con me: il testimone va lasciato, a un certo punto. Io vedo nel mondo politico e aziendale tanta gente di più di 80 anni che comanda. Persone fantastiche per dare consigli, non più adatte a tenere il timone. Perché ci vogliono occhi attenti, braccia forti ed entusiasmo. Ad ognuno il suo ruolo.

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