martedì 22 dicembre 2009

Battere la neve col Web (e un po' di fortuna)

Neve a 3 giorni dal Natale. Bellissimo. Tranne se devi farti 170 chilometri in macchina per tornare a casa da Venezia dopo un weekend in famiglia e un incontro di lavoro. Mezzi alternativi: zero.

Ore 17.30, Mestre, pioggia ghiacciata ma non neve. Cosa fare, tenendo conto che hai un figlio di 13 mesi che non ti permette di valutare come "accettabile" il fatto di stare fermo in autostrada per ore con meno 5? Faccio una scelta in base a questi strumenti:

  • Internet: mi connetto Wi-Fi e guardo le previsioni meteo in tempo reale su tre siti, tutti abbastanza concordi sulle tappe del mio itinerario, ossia un po' di neve ma, per la maggior parte, pioggia. Guardo il sito delle autostrade (tratti aperti e senza code) e relative Webcam su punti strategici, confermano che piove ma non nevica. Provo a vedere su qualche social network ma, dato che devo ottimizzare il tempo, decido che non sono il posto più adatto.

  • Cellulare: telefono e mando messaggi a persone che vivono nelle zone in cui dovevo passare, risposte omogenee in tempo reale sul fatto che c'è un freddo da cani ma pioggia lieve.

  • TV: cerco TG regionali e verifico televideo, informazioni molto generiche e per niente utili.

  • Radio: nulla tranne informazioni generali sull'emergenza neve e speciale di Radio24 molto milanocentrico, nessuna news per me che devo passare per Occhiobello (sulla Bologna-Padova).

  • Quotidiano: guardate le previsioni meteo (prevista pioggia in serata) e l'oroscopo, che pareva favorevole (mica ci credo ma ci si attacca un po' a tutto).
Risultato: partenza immediata per cogliere il momento di pioggia nelle successive due ore e arrivare a casa. Da Padova alla mia uscita nevica ma non troppo, 100 all'ora costanti con grande tensione interna alla macchina (tranne il piccolo, che si gode lo spettacolo bianco). Arrivo alla barriera senza particolari problemi. Statale sopra il Po perfetta (neanche un pelo di ghiaccio, complimenti a tutti i sindaci) e sono a casa in 2 ore e 15 minuti, ossia 30 minuti più del solito.

Lezione: Internet e telefonia mobile promossi a pieni voti, quotidiano più che sufficiente, TV e radio bocciate. Magari vent'anni fa sarei partito lo stesso e arrivato nello stesso tempo ma la causa sarebbe stata una sola: una buona sorte sfacciata. Sia benedetto il Web. E ora, buon Natale a tutti, mi godo la mia fortuna 2.0.

giovedì 17 dicembre 2009

C'è del caos in Danimarca

Un disastro organizzativo. Questo il giudizio dato alla Conferenza sul clima di Copenhagen realizzata dall'ONU.

Doveva essere un summit internazionale di altissimo livello, con l'approvazione di accordi e standard internazionali per la tutela dell'ambiente. Si sta invece rivelando un evento gestito malissimo dal punto di vista organizzativo, anche nei suoi elementi fondamentali.

Vediamo perché:

  • Scelta della location: come si sa, è la prima e fondamentale tappa per la riuscita di un evento. Deve essere selezionata in base all'affluenza prevista, puntando ad ottenere l'obiettivo "sala piena" ma con significativi margini di adattamento alla situazione reale. Bene, il Bella Center danese, location modernissima e funzionale, può ospitare 15.000 persone e sono stati accreditati 45.000 partecipanti! Gli organizzatori hanno dovuto bloccare gli accessi perché "the conference has now exceeded the psysical capacity of the venue". Con persone, regolarmente accreditate, lasciate fuori al freddo ad aspettare.
  • Gestione dell'accredito e dell'accesso: la gestione degli accessi è un altro fattore fondamentale per gestire un evento e, soprattutto, comprenderne la riuscita o meno dal punto di vista quantitativo e qualitativo. I partecipanti devono essere messi in condizione di capire dove devono andare e cosa devono fare nel modo più semplice e intuitivo possibile. A Copenhagen la situazione è questa: stazione della metropolitana chiusa per "ragioni di sicurezza", code confuse perché i cartelli di accesso cambiano continuamente, gente che aspetta fuori senza comprendere il perché, la Guardia Nazionale danese (!) che distribuisce caffè senza zucchero.
  • Gestione della comunicazione di un evento: gestire la "visibilità" di un evento è fondamentale e lo strumento prioritario è il sito Internet. Bene, navigando sul portale del COP15 si leggono frasi come "once there is more clarity on the total number of participants ..." (traduzione, non abbiamo la più pallida idea di quante persone possiamo gestire) oppure "we receive a high volume of e-mails each day [...] and we don't have the resources to answer" (traduzione, non eravamo preparati a un evento di questa portata). Ogni commento appare superfluo.
Al di là dei risultati che potrà portare questo summit (molto scarsi se non nulli, a mio personalissimo parere), si evince che anche le Nazioni Unite e Paesi storicamente efficientissimi come la Danimarca non sono immuni da errori, anche elementari, nell'organizzazione di un evento. Tutti abbiamo sempre da imparare, mica solo a Copenhagen.

martedì 15 dicembre 2009

Il momento offline

Prendo spunto da un bel post realizzato da Gianluca Diegoli nel suo blog [mini-marketing] per parlare di una cosa che chiamerei "momento offline". Ma come? Nella comunicazione il must, l'imprescindibile, il necessario è l'online. Con l'apologia dei social network e le prime pagine dei quotidiani dominate dai numeri di utenti che si iscrivono a gruppi che inneggiano o denigrano uno che tira souvenir meneghini in faccia a un altro che di lavoro fa il Presidente del Consiglio. Statistiche in tempo reale, mica si scherza. Ma a chi giova tutto ciò?

Il piccolo problema è che il rumore di fondo dell'online sovrasta ogni senso critico, ogni idea, ogni riflessione. Ci si impegna talmente tanto a difendere la propria posizione "in linea" che si perde il motivo per cui ci si è andati. Ecco perché è necessario avere un "momento offline". Per analizzare il tutto e trarne conclusioni sensate. Non si deve per forza andare a Fanano come ha fatto Diegoli (a 96 chilometri esatti da dove sto scrivendo ora). Si stacca dal PC e dallo Smartphone, si legge e si riflette. I blog statunitensi questa evoluzione la stanno già facendo, offrendo opinioni strutturate, coerenti e utili, anche molto diverse tra loro. Voci fuori dal mainstream che accrescono il valore aggiunto di Internet. Parole con un mittente e con un gruppo di destinatari interessati a quello che viene detto. Come l'e-mail, così fuori moda. Così asincrona. Così necessaria.

giovedì 10 dicembre 2009

Come difendere la privacy? Con la coerenza

Facebook e privacy. E' un connubio possibile? Un intelligente articolo pubblicato sul sito di Electronic Frontier Foundation (EFF), ripreso anche sul blog di Luca De Biase, effettua un'analisi molto attenta sulla questione. Con molte perplessità, che condivido pienamente. La nuova politica promossa da FB sulla privacy è apparentemente molto tranquillizzante per la tutela delle informazioni personali e qui sta l'inghippo. Se l'utente si sente più sicuro, inserirà spontaneamente più dati su di sè. Ossia quello che i vertici di FB vogliono. E' un'operazione sicuramente furba ma non troppo bella nei confronti di 350 milioni di utenti. Soprattutto per il fatto che i default settings sono molto più "aperti" di prima. E' vero, nessuno costringe nessuno a usare il social network e a inserire determinate informazioni. La verità è che la nostra privacy è prioritaria quando passiamo davanti a una telecamera o quando dobbiamo compilare un modulo. Poi andiamo su FB e mettiamo di tutto, senza problemi. Un po' di coerenza, ogni tanto, ci Farebbe Bene.

giovedì 3 dicembre 2009

La rivoluzione dei contenuti

La gestione della conoscenza è una priorità assoluta ma non tutti ne percepiscono l'importanza. In questi giorni, Rupert Murdoch ha sostenuto la necessità di far pagare le notizie agli utenti, principalmente per avere soldi sicuri (e cambiando totalmente idea rispetto a 3 anni fa, ma si sa che la crisi provoca anche questi effetti). E Google ha accettato questa "visione del mondo". Ma il modo di pubblicare le news è solo un aspetto del mare magnum della gestione dei contenuti disponibili sul Web. Internet ha aperto infinite porte per permettere a chiunque di accedere, gratuitamente e in pochi secondi, a informazioni che solo qualche anno fa erano limitate a chi comprava e leggeva quotidiani, riviste e libri. L'utente ha un ruolo del tutto attivo, ricerca ciò che gli interessa, e non più passivo, quando "accoglieva" ciò che gli veniva dato, pur criticamente. Le persone cercano interattività, personalizzazione e qualità nei contenuti e l'offerta deve adeguarsi in questo senso.

E' una rivoluzione ancora in atto e serve tempo per analizzarne gli effetti. Di sicuro, la prima impressione è che la grande maggioranza di organizzazioni, enti e aziende che si presenta sul Web non ne ha ancora percepito l'importanza. Se la situazione non muta, questi soggetti ne pagheranno le conseguenze nel prossimo futuro. Vediamo perché. Wikipedia dice che la gestione dei contenuti ha 5 fasi nel suo ciclo di vita (ci ho messo 3 secondi a trovare queste informazioni, prima avrei dovuto saperle o andarmele a cercare in qualche libro) e la situazione attuale è questa:
  • Creazione: i contenuti spesso sono creati attraverso veloci "copia e incolla" da materiale del tutto diverso per caratteristiche e finalità e, per questo, sono poco fruibili via Internet.

  • Aggiornamento: in tantissimi casi, c'è una scarsa attenzione all'update dei portali, sia a livello di notizie (news del 2007 ...) che di contenuti (profili che si fermano agli "anni 2000"), per questo gli utenti vanno alla ricerca di altre fonti, non controllabili.

  • Pubblicazione: spesso ci si limita a dare l'ok alla "messa online", senza una necessaria correzione della bozza che evidenzi incongruenze o refusi, generando errori evitabili con 3 minuti di lavoro in più.

  • Traduzione: è vero che molti siti danno la possibilità di accedere ai contenuti in altre lingue, inglese in primis, ma spesso le traduzioni sono fatte frettolosamente e non prendono in minima considerazione le diversità culturali e comunicative esistenti tra persone di Paesi diversi.

  • Archiviazione e utilizzo: i contenuti sono quasi sempre "dati in affido" a una singola persona o a un singolo team, che provvede a pubblicare e archiviare queste informazioni senza condividerle e rendendole, spesso, "invisibili".

Un quadro a tinte fosche? Sicuramente si, ma si può fare qualcosa in modo efficace e sufficientemente veloce. E' necessario che la gestione dei contenuti sia percepita come un'attività fondamentale per qualsiasi organizzazione e che siano sviluppati strumenti adatti per realizzare, gestire e, soprattutto, condividere le informazioni. E' una vera e propria rivoluzione culturale per chi ha sempre pensato a "comunicare col megafono" (come direbbe Franco Perugia) e a informare i propri ascoltatori, senza badare troppo ai piccoli errori. Un utente medio ci mette tre secondi a scoprire il vostro sbaglio e a condividerlo in rete. Non era meglio pensarci prima tre secondi in più?

lunedì 30 novembre 2009

Accesso negato, insuccesso assicurato

Dubai è argomento caldissimo in questi giorni. Tra analisi economiche e borse in crollo, si è parlato anche del blocco dell'accesso alla rete da parte delle autorità dell'emirato. Nel numero di Wired di dicembre si parla di un tema analogo, ossia di come Freegate stia "fregando" (curiosa l'assonanza dei due termini) i blocchi imposti dai governi dell'Iran e della Cina. Ah, noi occidentali, come siamo fortunati ad essere così liberi. Poi ci vestiamo, andiamo al lavoro, proviamo a vedere qualcosa su YouTube e ... bloccato?! Proviamo con hotmail, magari c'è qualche problema al ... ma come? Bloccato pure questo?!

Sono sempre più numerose le aziende che bloccano gli accessi ad alcuni siti, non si sa bene con quale discrezionalità, perché "dimuniscono la produttività dei lavoratori". Ritengo sia una colossale sciocchezza dal punto di vista della comunicazione interna, pensata dalle stesse persone che negano a qualche lavoratore di uscire qualche minuto prima dell'orario stabilito perché, se no, dovrebbero concedere questo "privilegio" a tutti. Non si vogliono fare discorsi generici sulla libertà di opinione e di accesso all'informazione, argomenti troppo nobili e ampi per le mie possibilità. Mi limito a fare alcune considerazioni sui vari "contro" di questa scelta:

  • Sfida tutta da perdere: se sfidati, i dipendenti possono mettere molto più impegno del "capo" nel trovare escamotage o trucchi (attraverso "tunnell" e cose varie) per accedere comunque a quei portali. Raggiunto l'obiettivo, il responsabile ci fa la figura del cioccolatino.

  • Creatività dannosa: per cercare soluzioni che aggirino i tuoi blocchi, i dipendenti utilizzano la loro creatività "contro" l'azienda invece che a favore. Ha senso?

  • Crollo della fiducia: dopo aver speso ore in formazione e nel cercare di fare gruppo, blocchi YouTube. Se speri di risolvere così la situazione, probabilmente hai già sbagliato il modo di fare formazione e hai perso solo tempo nel cercare di fare gruppo.

  • Gestione inefficiente del team: se una risorsa spende ore sui social network invece che a lavorare, fare un blocco non risolve nulla, troverà un altro modo alternativo per perdere tempo. Non è più semplice parlarci direttamente, anche a muso duro, per capire dove sta il problema?

  • Figura da tecnosauro: già oggi, si può accedere al Web con i cellulari e sarà sempre più semplice in futuro. Le reti Wi-Fi inevitabilmente si amplieranno. Requisire pure i cellulari e schermare eventuali WLAN esterne è una soluzione? Credo proprio di no.

Il capo deve fare il capo in tutti i sensi, guidando un gruppo di persone per renderlo sempre più affiatato e, soprattutto, motivato. Deve dare loro regole precise e fiducia al tempo stesso. Questo vale sia per le piccole che per le grandi aziende, si tratta sempre di comunicazione interna. Se uno fa un buon lavoro, non è così negativo che spenda un quarto d'ora per andarsi a vedere la mail, fare un commento su un blog, accettare un amico su FB o inserire un paio di righe su Twitter. Se esagera, ci si parla, come se facesse troppe pause caffè. O vogliamo bloccare pure le macchinette? Magari, in Cina o a Dubai ci sono già arrivati ...

venerdì 27 novembre 2009

Non è così molle questa blogosfera

La Blogosfera è "molle"? Giuseppe Granieri ha fatto sul suo blog un post intelligente e provocatorio sull'argomento, con un gran bel titolo. Questo ha generato un'ampia discussione in rete, cosa sempre positiva se fatta con i giusti toni e con la giusta intelligenza. Non sono d'accordo su molte delle cose che scrive, in primis con la sua critica alla dimensione personale dei blog italiani. Per me, questa è proprio la forza di un blog, sono l'esperienza, il giudizio e la competenza di chi scrive a determinarne il valore stesso. E' un terreno che, per la sua stessa natura, spinge ad essere più convincenti e argomentati di quanto si faccia in altri "posti", come Facebook o Twitter.

Leggo blog realizzati da persone con molte cose da dire, spesso intelligenti, spessissimo molto diverse tra loro. Alla faccia della cultura italica che esige una contrapposizione politica in ogni posto, dal bar al Web, fatta di toni alti e lotta acerrima a chi la pensa diversamente da noi. Il blog rimane un posto di riflessione e confronto positivo. E penso che, in questo campo, siamo molto meno indietro ai soliti anglosassoni, anzi abbiamo alcune peculiarità molto positive: siamo partiti più tardi, come sempre, ma abbiamo capito come non commettere alcuni errori. Concordo pienamente con quanto dice Luca de Biase nel suo post: i blog non sono solo una critica all'esistente o un riflesso della società locale, ma un motivo di miglioramento e innovazione. Prendendo strade diverse. Non vedo niente di molle in tutto ciò.

mercoledì 25 novembre 2009

Le notizie non notizie

Un interessante post del blog Le Relazioni Pericolosamente Pubbliche parla delle "notizie non notizie", ossia quegli annunci che i responsabili delle società ritengono di significativo interesse ma che, in realtà, hanno un'importanza che si ferma all'interno del cancello aziendale (spesso, anche molto prima).

L'implementazione di un nuovo software gestionale, l'investimento di risorse in formazione o la creazione di una nuova area del sito aziendale sono solo alcuni esempi di queste "false notizie". La cosa brutta è che, quasi sempre, si creano aspettative altissime in termini di visibilità, seguendo la filosofia "mi sono fatto un mazzo così per fare questa cosa, ora andare sul Sole 24 Ore mi pare il minimo". E noi, esperti di comunicazione, dobbiamo affrontarle con alti rischi per la tutela del nostro lavoro. Non abbiamo però altra scelta che dire la verità. Non per questioni etiche, quanto perché quando non usciremo sul Sole 24 Ore (ma neanche sulla Gazzetta di Modena, con tutto il rispetto), avremo una solida spiegazione, che abbiamo dato prima. Non una scusa posticcia. Il nostro lavoro è anche questo, dire a un cliente cos'è o cosa non è una notizia.

Belle parole. Ognuno di noi però ha sentito (o peggio, detto) in riunione, con toni enfatici, la seguente frase: "Ma certo, le assicuro tot uscite sul Corriere Economia". Senza avere idea delle notizie da comunicare, ma solo per sottolineare il nostro accreditamento nei confronti dei media di riferimento. Bullshit, direbbero negli States. Il nostro compito è tradurre questa espressione in italiano accettabile e spiegare la cosa al manager di riferimento, con franchezza, onestà e un po' di faccia tosta. Se si devono affrontare gli occhi di chi ha perso le notti per implementare SAP, consiglio vivamente anche un elmetto in kevlar.

martedì 24 novembre 2009

L'Infedele

Ieri sera ho partecipato alla puntata dell'Infedele di Gad Lerner su La 7. Una bella esperienza passare un paio d'ore tra operai di Termini Imerese, sindacalisti duri e puri, precari "a tempo indeterminato" e liberi professionisti all'avventura come me. E avere anche la possibilità di parlare della mia esperienza. A livello di comunicazione, direi che il Viceministro Urso, persona che stimavo, non ne è uscito bene, troppi numeri e poca sostanza. Rispecchia esattamente la linea governativa attuale. Ottimi invece gli interventi di Vladimiro Giacchè: parlare di economia in modo così semplice, chiaro e diretto non è affatto facile. Un grazie anche a Gad Lerner e alla redazione dell'Infedele (in particolare a Michele Cavallaro) per l'opportunità. Mica capita tutti i giorni!

giovedì 19 novembre 2009

Un invisibile sul Corriere


Ho lasciato un mio commento sul nuovo blog del Corriere della sera, "Generazione Pro Pro", che vuole parlare e dare voce a tutti quegli "invisibili" che affrontano la crisi tutti i giorni senza andare sui giornali o sulle tv. Un universo ampio e ricco che comprende un sacco di lavoratori, dai precari ai liberi professionisti, dalle microimprese ai disoccupati. Bene, il mio commento è stato ripreso sia sul Blog stesso che sul Corriere della sera per "darmi voce"! Ringrazio Jacopo Tondelli, giornalista che ha scritto l'articolo e con cui ho iniziato uno scambio di mail davvero simpatiche, e tutta la redazione del Corriere. Sono arrivati "sul pezzo" un po' in ritardo, ma ci sono arrivati molto bene. Quel commento che ho scritto è stato generato dallo stesso impulso che mi ha portato a pensare a questo Blog: avevo qualcosa da dire e l'ho detto utilizzando i mezzi a disposizione. Sono contento che ci sia qualcuno che ascolti. Ora vado a mettere la copia del Corriere in bacheca!

martedì 17 novembre 2009

FB significa Fare Business?

Il NY Times ha pubblicato un interessante articolo, dal titolo assai impegnativo: "How to market your business with Facebook" (si può leggere qui in inglese). Il testo spiega alcuni "trucchi" su come utilizzare il più famoso social network dei nostri tempi (per ora) per trovare nuovi clienti e creare community in grado di rafforzare il brand delle aziende. Tutto questo grazie al passaparola, strumento di comunicazione formidabile, che è l'essenza stessa di Facebook. L'utente medio ha, infatti, circa 130 amici. Se uno fa due calcoli, sembra una manna dal cielo molto economica e facile da sfruttare, in realtà è tutto da vedere.

Per quanto riguarda lo strumento Facebook, gli "amici veri", quelli che potrebbero davvero convincermi a provare qualche nuovo strumento o servizio, non sono più di quelli reali, ossia 10 al massimo. I restanti 120 vanno bene per chiacchierare, punto e basta. Sono amici di amici, ex colleghi, ex compagni di scuola o perfetti sconosciuti, che non vediamo mai di persona e ci sarà pure un perché. Quindi il target non si amplia poi più di tanto rispetto ad altri strumenti più tradizionali, se si vuole utilizzare il fenomenale strumento del "word of mouth" (come dice il NY Times). I 300 milioni di persone presenti su Facebook "pesano" ma si tratta di un universo così eterogeneo che sono ottimi per qualche titolo ad effetto. Non certo per fare business, almeno con il modello di social network odierno.

Facciamo anche una riflessione sulla nostra situazione, in Italia. L'articolo del NY Times spiega che per fare fortuna con FB non funziona il messaggio "compra-compra-compra" di tipo pubblicitario. Serve interazione con gli utenti, comunicare con chi loda e con chi critica, ascoltare quello che la gente ha da dire, mantenere aggiornati i contenuti, prendere idee altrui per migliorare la situazione della propria azienda. Tutto giustissimo. Vediamo a che punto siamo, in modo semplice. Prendiamo 100 siti di aziende italiane, il caro vecchio Web, e verifichiamo almeno la cosa più semplice, quanto curano l'aggiornamento dei contenuti. Tra Novità (con la N maiuscola) datate 2006, "comunicati stampa recenti" dell'Ottobre 2008 e poche immagini di qualità pessima, la situazione non è affatto rosea. E non si sta parlando di gestire un'interazione con gli utenti in tempo reale, ma di curare solo che 20 pagine Web dicano cose nuove e vere. Non abbiamo ancora una cultura del Web per fare business, figuriamoci per i social network. Ci stiamo lavorando tutti ma la strada è ancora lunga.

Continuare a leggere il NY Times è un'ottima cosa per il mio business, specialmente se al tempo stesso dò un'occhiata al Corriere della sera, alla Gazzetta di Modena e a un buon numero di portali, compreso quello della mia azienda. Così dopo posso finalmente cazzeggiare su Facebook.

giovedì 5 novembre 2009

La comunicazione ad "effetto Mp3"

Leggo avidamente il numero di Novembre di Wired, rivista che rappresenta a mio parere la più bella novità editoriale del 2009 in Italia per tre motivi: approccio innovativo, cura dei dettagli e grande attenzione ai contenuti. C'è un articolo molto interessante di Robert Capps (si può leggere qui nella versione inglese) che parla della "good enough revolution". In un mondo sempre più impegnato e indaffarato, la gente preferisce la praticità alla funzionalità, la semplicità alle prestazioni. In poche parole, vincono gli strumenti facili da usare che non devono rendere da 10, ma da 6+. Un esempio è l'Mp3: a livello di suono, è qualitativamente molto inferiore al CD ma la sua semplicità di utilizzo e di condivisione ne hanno decretato un successo clamoroso. La stessa cosa si può dire dei video sul Web, da YouTube allo streaming (contenuti spesso a bassissima definizione ma facilmente accessibili da qualsiasi PC in qualsiasi momento). In più, questi strumenti hanno costi bassi, fattore non trascurabile in un momento come questo.

Tutto questo è molto attinente al mondo della tecnologia, ma per quanto riguarda la comunicazione? A mio parere, l'effetto Mp3 è validissimo. Le aziende stanno tagliando i costi, spesso quelli per marketing e ufficio stampa sono i primi ad essere presi in considerazione. Ma la comunicazione può garantire un rapporto costi-benefici molto vantaggioso, specialmente se la pensiamo in modalità "good enough". L'utilizzo esteso di strumenti come Skype può abbattere i costi legati al mantenimento delle relazioni con clienti, partner e media. Lo sviluppo di contenuti e servizi all'interno del sito Web può essere più semplice ed economico rispetto alla stampa di migliaia di flyer, brochure e schede prodotto. L'organizzazione di eventi di marketing virtuale (ci si trova sul Web invece che in Fiera o in una sala congressi) può essere potenzialmente meno efficace, dato che il faccia a faccia ha sempre la sua importanza, ma permette di mantenere contatti utili con costi decisamente inferiori.

Questo approccio non comporta assolutamente fare attività raffazzonate, "piuttosto che non far niente meglio piuttosto". Tutto il contrario. Significa fare più attenzione a cosa chiedono le persone, pensare a iniziative innovative nella loro semplicità e massimizzare così i profitti. Un esempio: i ragazzini preferiscono andarsi a guardare su YouTube filmati di Guerre Stellari fatti in casa da loro coetanei, con mantelli neri e pentole in testa, piuttosto che prendere il DVD originale ad alta definizione. Sono più facili da vedere, più innovativi, più divertenti. Un esempio più adulto? Google SketchUp è un softwate di rendering molto più semplice, intuitivo e, soprattutto, economico di AutoCAD e molti architetti e ingegneri l'hanno già adottato. Qualcuno davvero pensa che gli edifici saranno meno solidi e sicuri? Semplicemente, no.

martedì 27 ottobre 2009

Aziende 2.0

A SMAU 2009 sono stati presentati i risultati di un sondaggio realizzato per vedere quanto le aziende IT italiane conoscano e utilizzino strumenti "web 2.0" come Blog, Social Network, Web Video, Forum e contenuti generati dagli utenti (pensiamo a You Tube per esempio). Per vederli (in formato PDF) potete cliccare qui.

Nonostante il campione analizzato fosse numericamente buono ma non così ampio (Direttori Generali, Responsabili Marketing e Sales Manager di 98 imprese in tutto), sono emersi dati piuttosto interessanti:
  • Questi strumenti sono conosciuti da quasi tutti (dal 96% del totale per i social network al 55% per i contenuti generati dagli utenti) ma sono ritenuti ancora poco rivolti al business to business (la pensano così due intervistati su tre).

  • Le fonti di informazione da cui hanno appreso l'esistenza e il funzionamento di questi strumenti sono riviste e siti specializzati (41%) e seminari e conferenze (27%). Paradossalmente, solo il 9% li ha conosciuti navigando su Internet.

  • Gli intervistati dichiarano di utilizzare molto spesso questi stumenti ma, nel 68% dei casi, i dipendenti delle loro aziende non vengono coinvolti nella vita aziendale attraverso Blog o Social Network.

  • Gli strumenti del Web 2.0 sono poco interessanti per le aziende: solo i "tradizionali" Web video prendono una sufficienza piena (voto 3,32 su un massimo di 5), gli altri vanno dal 3 in giù (2,94 i Social Network, 2,63 i Blog e 2,57 per i contenuti generati dagli utenti).

  • Rischio o opportunità? I Social Netwok e i Blog vengono visti con un livello di timore molto significativo ma il 74% dichiara di volersi dotare di questi strumenti nei prossimi anni.

Questi risultati rispecchiano una realtà molto particolare, che si può sintetizzare così: è bello sapere cos'è il Web 2.0 ma andiamoci piano prima di utilizzarlo in un'ottica aziendale, "business is business". Ma è la sua essenza stessa, che unisce la massima condivisione dei contenuti, la centralità dell'utente e l'interazione attiva tra un numero ampio di persone, che sembra essere del tutto sconosciuta agli intervistati. Il 79% di loro è, però, convinto che gli investimenti in questi strumenti aumenteranno nei prossimi due anni. Ma il Web 2.0 è un mondo ancora tutto da scoprire soprattutto dal punto di vista culturale. E le imprese dovranno "investire" anche sui propri dipendenti e clienti in termini di apertura e fiducia. E' l'unico modo per avere un Futuro 2.0.

venerdì 23 ottobre 2009

Web Advertising? Sempre con buon senso

Numerosi articoli sono apparsi ultimamente riguardo al fatto che, nonostante la recessione, c'è un significativo rilancio degli investimenti fatti sulla pubblicità sul Web. Mentre la crisi che sta avversando la carta stampata e la TV a livello mondiale sembra avere una fine ancora molto lontana. Al di là dei facili entusiasmi, mi sembra che le motivazioni, per una volta, siano abbastanza semplici. Le persone (o consumatori, per dirla alla Alan Friedman) utilizzano sempre più tempo libero sul Web, perchè riescono a trovare quello che cercano, da una notizia a un nuovo paio di occhiali, in modo più veloce ed efficace rispetto a qualsiasi altro media.Per cui, il target cresce sempre più, crisi o non crisi. In più, le tariffe della pubblicità su Internet sono molto più basse rispetto a quelle di un quotidiano o di una TV, fattore sicuramente molto incisivo per le aziende in questi tempi di vacche magre.

A questo punto, una domanda sorge spontanea: qual'è l'efficacia della pubblicità sul Web? Sicuramente, ha il vantaggio di dare ai responsabili delle aziende un "giudizio" molto più veloce sull'efficacia di una campagna pubblicitaria in termini di vendite. Ma il punto resta sempre quello: valutare l'efficacia in base alle vendite. Se io realizzo un prodotto così così, con una campagna pubblicitaria geniale riuscirò comunque ad ottenere buoni risultati? Non credo proprio. Il Web non è la panacea di tutti i mali, è uno strumento con potenzialità ancora enormi da utilizzare con intelligenza e buon senso. Quando ho finito di leggere le analisi sull'Internet Advertising, vado ad aprire un paio di siti di aziende italiane che mi interessano. Trovo le "news" aggiornate al 2006. Duemilaesei? Clicco sulla sezione multimedia e trovo 5 foto a bassa definizione. Come è possibile? Anche nei cellulari ci sono fotocamere con 4 megapixel.

Se fossi un responsabile di un'azienda italiana, intanto inizierei a spendere un po' di tempo (e "schei", come direbbe mia mamma) per aggiornare il mio portale aziendale, una vera e propria porta sul mondo che ha bisogno di un budget limitato. Poi per pensare alla pubblicità online, c'è sempre tempo. Ah, a proposito: il mio ultimo post è dell'9 Ottobre, 14 giorni fa. Un'eternità per un blog. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Anche digitale.

venerdì 9 ottobre 2009

"C'è una raccomandata per la Vecchia Signora"

Una squalifica per doping per una raccomandata non aperta. Questo il rischio corso da Fabio Cannavaro, capitano della Nazionale campione del mondo e difensore della Juventus. I fatti sono citati dal portale del Corriere della sera. Ma come? In una delle più importanti società di calcio a livello italiano e internazionale, quotata in Borsa, non si leggono le raccomandate con ricevuta di ritorno spedite dal Ceft, il Comitato per l’esenzione ai fini terapeutici del CONI? Ebbene è così. I diri­genti bianconeri hanno anche mostrato la busta ancora sigillata. Questo caso dimostra, per l'ennesima volta, quanto sia fondamentale per un'azienda saper fare bene le cose semplici. Si monitorano 24 ore su 24 le agenzie di stampa, si spulciano siti web misconosciuti per verificare che non ci siano rumors su giocatori e società, si aggiorna il proprio portale sull'ultimo infortunio del mediano al mignolo del piede (oppure, di una puntura di un'ape per un difensore) e poi non si leggono le lettere ufficiali. O si "rimbalza" una telefonata importante.

La comunicazione di una società di queste dimensioni non può permettersi di fare errori che una segretaria giudicherebbe imperdonabili, con piena ragione. Ad oggi, la Juventus rischia una multa ma poteva andare peggio. Sul proprio sito, conferma di essere disposta a chiarire "eventuali disguidi documentali" con la Procura antidoping. Dovrebbe anche pubblicamente chiedere scusa a Cannavaro per un pasticcio che poteva costargli un significativo danno d'immagine. "La Juventus assicura a Fabio Cannavaro e a tutti i giocatori che farà installare negli spogliatoi apposite buche delle lettere numerate, in modo tale da poter recapitare eventuali raccomandate in modo efficace e celere". Questo mi piacerebbe leggere sul sito. Ma si sa, il calcio è una cosa seria.

venerdì 2 ottobre 2009

Arriva la maturità per il Web

In Italia, il 53% di coloro che utilizzano internet ha fra i 35 e i 55 anni. Questa è, a mio parere, una delle notizie più interessanti contenute nell'indagine commissionata dall'Ordine dei Giornalisti della Lombardia e presentata in questi giorni in occasione del convegno sul "Futuro del giornalismo". Il Web non è più un mondo dominato dai giovanissimi ma, come era facile prevedere, è "maturato" pure lui. Infatti, il 59% di chi naviga è diplomato e il 32% è laureato. Molti ragazzi iniziano a lamentarsi del fatto che trovano i propri genitori impegnati su Facebook o su Twitter. Questo significa che Internet ha perso la sua spinta innovativa? Tutto il contrario.

Al giorno d'oggi anche mio padre ha sentito la necessità di dotarsi di una linea ADSL per navigare più velocemente, leggersi la posta elettronica e guardarsi notizie aggiornate in tempo reale. Una scelta totalmente sua (mi avesse chiesto consiglio, gli avrei detto di scegliere un altro provider ...). Due giorni fa ci siamo parlati su Skype, pur non essendo a migliaia di chilometri di distanza. Non siamo ancora al punto di mettere i filmati delle vacanze col nipote su YouTube ma la strada è quella. Anche le persone nate senza mouse o cellulare in mano stanno capendo quanto il Web è importante e quanto lo sarà nel prossimo futuro. Tutta la società sta entrando prepotentemente in quest'ottica. Un aspetto che è pura innovazione.

lunedì 28 settembre 2009

Libero non professionista: perché?

Oggi è nato questo blog, dal titolo "Libero non professionista". La domanda sorge immediata: perché? Quando si sente la voglia di comunicare non esiste una motivazione razionale, si sente un impulso, si sa di aver qualcosa da dire e lo si fa utilizzando i mezzi a disposizione. Magari non saranno pensieri e parole che cambieranno qualcosa nella nostra vita ma è sempre bello ricordarsi di avere una voce. Senza urlare, basta parlare per dire la propria sul mondo che ci gira intorno.

Un blog è un modo bello, nuovo ma anche un po' tradizionale, di esprimere la libertà che si ha dentro, "buttando lì" quello che si pensa, quello che si sa, quello che si è. In libertà. Parlando di attualità, comunicazione, marketing, media, Internet, musica e non solo. Non c'è la necessità di essere professionisti di qualcosa a tutti i costi, si può anche parlare semplicemente. Questo è il mio piccolo obiettivo. Ma tenendo conto che questo può essere utile a qualcuno là fuori. "Comunicare l'un l'altro, scambiarsi informazioni è natura; tener conto delle informazioni che ci vengono date è cultura". Lo diceva Goethe, mica Steve Jobs.