martedì 24 dicembre 2013

Cinque cose che mi segno sull'agenda di carta


Oggi è la vigilia di Natale, dubito di pubblicare altri post da qui alla fine del 2013 (la famiglia prima di tutto) per cui riassumo brevemente cinque riflessioni che ho fatto in questi giorni e che mi segnerò sull'agenda, cartacea, che terrò sulla scrivania.

  1. Proseguire con la qualità (e chi se ne frega dei numeri): come ho già anticipato qualche post fa, meno quantità e più qualità nella mia vita "sociale". Se vogliamo che i media ci diano notizie più utili e serie, iniziamo noi a produrre contenuti utili e seri. La battuta ci sta sempre, basta che sia pronta, originale e intelligente, non rimasticamenti da trending topic. Una riflessione in più se pubblicare o meno fa sempre bene (vero Justine?).
  2. Obiettivo sui risultati, meno sulla fuffa da addetti ai lavori: il post che è piaciuto di più è stato quello sulla Coca Cola perché rispondeva con qualche numero e qualche riflessione onesta a un quesito che si ponevano in molti, oltre a me. A gennaio Nutella darà i suoi numeri, prometto massima attenzione anche a quelli. E se non scriverò nulla sulle grandi novità dell'anno, abbiate pazienza.
  3. Massima attenzione alle relazioni personali: quest'anno, per tanti motivi e qualche colpa, ho un po' trascurato gli incontri "dal vivo" con persone e colleghi che stimo, bidonando numerosi eventi, camp o semplici aperitivi. Mi riprometto di essere più bravo nel 2014 perché mi sono reso conto che sono incontri che mi fanno bene e mi danno vari spunti anche dal punto di vista professionale.
  4. Priorità al lavoro: l'ho sempre data ma nel 2014 mi riprometto di dare il 110% a livello lavorativo, perché ritengo di essere arrivato a un buon punto di maturazione a livello di responsabile marketing ma ho ancora ampi margini di miglioramento (quando non li avrò più, inizierò a preoccuparmi). Temi di interesse? Pricing, mobile marketing, CRM e molto altro.
  5. Formazione, il grande ritorno: quest'anno ho trascurato la lettura di libri tecnici rispetto agli anni passati, avevo tante cose a cui pensare e poca voglia di fermarmi a leggere. Nel 2014 voglio tornare ai miei livelli abituali (una ventina di libri all'anno, metà per svago, metà per autoformazione) perché vedo che anche lì sono diventato un po' più pigro, ho meno input e non mi piace.
Buon Natale a tutti e grazie per i feedback che mi date in cento forme, sono benzina purissima per il motore di questo blog (e per la mia passione per queste cose).

martedì 17 dicembre 2013

Trovare clienti? Fa rima con dipendenti (e non con social media)


Lavoro da sempre nel B2B, spesso poco citato in statistiche, trucchi e "10 modi di..." presenti in tanti post in giro per il Web. Spesso prevalgono le logiche generali dei "clienti come persone" (B2C) anche quando questi sono aziende. Invece si tratta di un mondo a parte, con propri parametri e regole. Spesso è difficile spiegarlo in modo semplice.

Ci riesce, molto bene, una ricerca pubblicata da poco, sintetizzata in un'infografica (tipo di contenuto che non amo perché spesso privilegia la grafica e il numero ad effetto rispetto ai freddi dati, questa sembra una bella eccezione). Nella sostanza, come si trovano nuovi clienti nel B2B? Non ci sono scorciatoie 2.0, strumenti magici o pozioni "social" miracolose. Ci vuole tanto lavoro nell'utilizzare, al meglio, strumenti molto tradizionali come le mail, il telefono e gli eventi. In più, i case study e i testimonial funzionano. Sorpresi? Io non molto, è quello che vedo da anni.

L'analisi è chiara e interessante, mi limito a sottolineare tre aspetti:

  • Chi lavora in azienda (Internal/Inside Sales) trova più clienti: le motivazioni, la voglia di essere parte di un gruppo, l'impegno quotidiano portano più risultati degli "specialisti" esterni delle vendite. Spesso le PMI italiane si affidano a consulenti o a esperti esterni per fare il salto di qualità ma, come ho sempre visto fare, solo il duro lavoro quotidiano di gente con passione, e non così legata a premi e provvigioni, fa trovare buoni clienti. I soldi contano ma altre cose spingono anche di più.
  • Gli eventi contano ancora: in un periodo dove sembra che il contatto fisico sia quasi superfluo, superato dalla velocità e dalla facilità del virtuale, appare invece chiaro che ha una grande importanza. Difficile generare empatia, fiducia, entusiasmo attraverso uno schermo. Chiaro, si può generare un mix di iniziative per incontrare il cliente in più luoghi, reali e digitali, ma la stretta di mano, lo sguardo d'intesa, una battuta azzeccata conta ancora e tanto.
  • I Social Media non sfondano, anzi: tutti i luoghi "social" sono nella parte bassa dell'infografica, caratterizzati da una bassa efficacia nel trovare clienti nel B2B. Questo sottointende due fenomeni, complementari, ai quali assisto tutti i giorni: l'esagerazione della potenza dei network digitali che vedo in tanti addetti ai lavori (ne ho parlato spesso) si affianca a una sfiducia delle aziende verso luoghi nuovi, che non conoscono, strutturati per le persone e non per loro. Sono due posizioni estreme che tra qualche anno sono destinate ad avvicinarsi, senza dubbio. Ma i clienti bisogna trovarli oggi e questo è un fatto.
Fa bene ogni tanto leggere dati interessanti in posti che generalmente si snobbano, come le infografiche nel mio caso. Ma le lezioni si imparano spesso nei luoghi più disparati, basta provare a tenere sempre gli occhi aperti.

giovedì 12 dicembre 2013

La verità attraverso lo schermo


Alla fine, cercare le informazioni su Internet è sempre un'esperienza molto personale e soggettiva e il giudizio di cosa si trova dipende da tanti fattori. Tuttavia, c'è un elemento semplice e chiaro che in molti casi è oggettivo: lo scostamento tra la realtà e la sua percezione attraverso lo schermo. Cosa voglio dire lo spiego subito, un esempio di vita vissuta. La seconda volta che sono andato a New York, anni fa, ho prenotato una camera in un alberghetto al centro del Greenwich Village: camere non enormi ma parevano belle e nuove. Arrivato lì, ho scoperto che le immagini appartenevano alle uniche due camere ristrutturate, il resto erano stanze pessime. Dormito lì, cambiato hotel e allo stesso prezzo ne ho trovato uno molto bello, consigliato da un amica. Risultato: passaparola batte sito Internet 4-0.

La cosa si è ripetuta altre volte, anche se non con lo stesso, drammatico scostamento tra percezione e realtà. Mi sono sempre chiesto il perché. Ok, mi freghi una volta poi io non torno più e non ne parlo benissimo. Ti conviene? Sicuro sicuro? Il problema comunque non è il sito Internet ma chi lo fa, lo riempie, gli da vita. Altro caso di vita vissuta. Ho cercato su Google un bed & breakfast per una notte fuori, ne ho trovato uno nel quale le camere sembravano davvero belle in rapporto al prezzo. Il dubbio c'era: saranno davvero così? Tuttavia ho prenotato, sono andato là e il sito rispecchiava esattamente quello che era la realtà. Anzi, forse la camera vera era ancora meglio. Belle stanze avevano prodotto belle foto ma assolutamente realistiche e reali. Risultato? Cliente contento che ne parla molto in giro e che ci tornerà.

Quello che penso è che quello che trasmettiamo su Internet deve avere un fondo, e bello importante, di verità (vedi anche qui). Puoi abbellire, smussare, ordinare, illuminare quello che vuoi ma, alla fine, devi far trovare quello che le persone si aspettano di trovare. Lo stesso discorso vale per l'immagine di una persona, di un prodotto e, anche, di un servizio. Quante immagini di modelle/i vediamo in un sito aziendale, con finte riunioni, finti call center, finti dipendenti? Quello che mi chiedo è: perché tu, impresa, vuoi nascondermi quello che sei davvero? Preferisco vedere il tuo operaio o la tua addetta stampa al lavoro, anche se non sono biondi, magri e perfetti rappresentanti di una perfetta società multiculturale. Ci dobbiamo fidare di te e di quello che vendi, no?

Ah, volete sapere quali erano i due posti citati? Vi dico solo il bed & breakfast: se volete fare un weekend sulla Riviera del Brenta, tra Padova e Venezia, il posto vale la pena. E rispondono alle mail in 10 minuti. Tutto torna.

giovedì 5 dicembre 2013

The game of drones


Quando si pensa a un particolare progetto di comunicazione, su centinaia di post su Internet si trova la ricetta giusta per ottenere successo, per raggiungere i propri obiettivi di marketing e di vendita (due cose diverse, sempre utile sottolinearlo) in modo organizzato e coerente. A livello generale, gli ingredienti possono essere riassunti così:

  • Avere un progetto chiaro, delineato e condiviso, con tempistiche di progettazione e realizzazione molto definite;
  • Scegliere una o più notizie di grande impatto sia verso i propri clienti attuali sia verso quelli potenziali, riguardanti un prodotto o un servizio davvero innovativo;
  • Spingere un aspetto importante della propria unique selling proposition, ossia quella caratteristica che distingue la mia azienda da tutte le altre in modo oggettivo;
  • Valutare di coinvolgere sia i media tradizionali (giornali, TV, radio) che i social media, in modo diverso perché seguono logiche diverse ma, allo stesso tempo, coordinato;
  • Definire obiettivi di breve e medio/lungo periodo molto precisi e misurabili.
A leggerli così, precisi e puntuali, questi ingredienti sono senz'altro corretti ma, non si può non pensarlo, facili da scrivere e difficili da attuare. Tanta teoria, poca pratica. 

Per fortuna, talvolta accade che ci siano casi reali da cui attingere: uno, recentissimo, è quello dei droni di Amazon (vedi qui e qui). Guardiamo al progetto di comunicazione: chiarissimo con tempistiche di realizzazione legate a una scadenza molto precisa, il Cyber Monday. Una notizia di enorme impatto connessa in modo evidente a uno dei punti di forza principali della società, ossia l'efficienza delle loro consegne. Una grande visibilità data sia dai media tradizionali (che presuppone una gestione delle media relations davvero efficace a livello internazionale) che dai social media (che presuppone una precisa conoscenza degli utenti e dei loro gusti a livello di news). Obiettivi raggiunti nel breve periodo, senza alcun dubbio, e vedremo nel lungo. Una cosa sola, e molto grande, non mi è piaciuta: in relazione alla certificazione FAA, si è scelto, consapevolmente, di dire una solenne bugia (vedi qui un parere italiano sulla cosa). Un punto in meno sulla pagella.

Siamo tutti d'accordo, Amazon non è una PMI, è una macchina da guerra di grandi dimensioni. Ma spesso le grandi dimensioni possono esporre a molti più rischi quando ci si muove su progetti così ampi. Per questo, è bene guardare agli esempi positivi sempre e comunque: rifletterci su non può fare male, in ogni caso. 

(Photo credits: http://tuttacronaca.wordpress.com/tag/international-news/).