martedì 30 agosto 2011

Ci sono molti modi per fare una strategia


Le ferie estive sono sempre un bel momento per riflettere. Rientrando in ufficio, sono andato a rileggermi uno scambio di mail che ho avuto con l'amica e collega Cristina Mariani, discussioni che hanno il costante pregio di darmi parecchi spunti e mai banali. La questione, semplificata, era questa: un potenziale cliente chiede di rifare i contenuti del sito, solo quelli, senza badare all'impostazione del portale stesso e al resto degli strumenti di comunicazione che l'azienda utilizza. Dato che, nonostante alcune obiezioni, non sente la necessità di un piano strategico e strutturato, non c'è il rischio di fare solo un'attività "cosmetica"e non sostanziale? Non è meglio dire al cliente che bisogna rivedere il tutto alla luce di un piano di comunicazione e, prima, di marketing ben strutturato?

La questione sembra semplice: certo che sì, si deve partire da un progetto ampio e completo per poi declinare la cosa in vari passaggi e step successivi. Chiaro, coerente e lineare. Invece io ci ho pensato su e le ho risposto diversamente, basandomi sulla mia esperienza sul campo. Se io, che lavoro da sempre nel business to business, rispondessi a un potenziale cliente che bisogna iniziare da un piano generale, farei un progetto su cento. Perché, detto in modo chiaro, le aziende che mi contattano non hanno la consapevolezza di averne bisogno, spesso perché nessuno glielo ha mai spiegato prima. Si ritorna sempre alla questione di una mancanza di cultura di comunicazione d'impresa in Italia, uno dei tanti problemi strutturali del nostro mondo aziendale.

Proprio per questo, parto da un approccio diverso: inizio da quello che c'è, dal piccolo progetto, dai testi delle pagine del sito. L'analisi dei contenuti esistenti di un'azienda mi permette di mettermi nei panni dei suoi clienti, per capire cosa l'azienda dice e cosa non dice. Da qui, posso fare un'analisi molto utile, delineando, di fatto, una strategia di comunicazione del tutto nuova, basata su dati concreti e, soprattutto, che il cliente può capire. Non si tratta di restyling (cosa che non ho mai fatto) ma di partire dal pratico per realizzare, in un secondo momento, una strategia. Una concezione opposta a quella individuata inizialmente ma, almeno per me, del tutto valida. Che parte da un assunto molto semplice.

I clienti delle aziende B2B non vogliono testi scritti in modo impeccabile, con grande stile ed estrema padronanza della lingua. Vogliono avere le informazioni che cercano, in modo rapido ed efficace. Tante volte gli imprenditori incaricano persone "che scrivono bene" (giornalisti, ad esempio) per rifare i loro testi: pur facendo loro un ottimo lavoro, la cosa non funziona. Perché? Non hanno dato le informazioni che realmente servivano ai clienti e questo fa tutta la differenza del mondo. Non basta essere bravi a scrivere per comunicare le cose giuste, serve avere in mente una strategia di comunicazione. Per tornare alla questione iniziale, il sito può essere un ottimo banco di prova per far capire al cliente, sul pratico, cosa va e cosa non va in modo valido e diretto. Tante volte l'imprenditore rimane a bocca aperta quando, al primo incontro, gli sottolineo le stesse critiche che vengono dai suoi clienti o dai suoi storici concorrenti.

Non si tratta di fare o meno un piano strategico, si tratta di decidere quando farlo. Non è detto che farlo subito sia l'idea migliore. Analizzare i testi può essere un ottimo punto di partenza per strutturare, in un secondo momento, una strategia a 360 gradi. Partendo dal sito e dal company profile, ad esempio, ho consigliato a varie aziende di modificare i colori dei loro prodotti (elemento importantissimo in certi settori del B2B, dove sono riconosciuti per colore più che per marchio), di realizzare un nuovo modo di interagire con le loro filiali e di coinvolgere più uffici e settori nel lancio dei prodotti. Tutte cose a cui si è arrivati col tempo, aprendo una piccola breccia all'inizio. Del resto "content isn't easy" dice Kristina Halvorson. E qui, Cristina è perfettamente d'accordo con me.

lunedì 22 agosto 2011

La pubblicità è l'anima della crisi (e non solo quella economica)

Quest'estate sono rimasto sfavorevolmente colpito da molte iniziative pubblicitarie di dubbio gusto. E ho fatto "sentire la mia voce" in rete nei confronti di aziende che promuovevano messaggi sconclusionati, poco efficaci e poco attenti al target. Non sono un bacchettone, una campagna con immagini forti non mi ha mai imbarazzato se l'idea che ci stava sotto era buona. O almeno c'era. O al limite si riusciva a comprendere. Invece ultimamente vedo molte campagne che tendono a colpire (come è giusto che sia) ma in modo fine a sé stesso. Forse la causa è che mancano i soldi, sicuramente mancano pure le idee. Come se qualcuno volesse colpirti con un pugno sullo stomaco non perché ce l'ha con te ma solo per fare la figura da macho con la possibile fidanzata. Semplicemente, un'idea sbagliata.

Ho visto sederi messi in primo piano, con mutande e scarpe di contorno, per motivi assolutamente oscuri (anche se in parte la spiegazione l'ho data qui) e fantomatici, e poco credibili, evasori fiscali bacchettati come parassiti della società (spot già ampiamente analizzato, e bocciato, da Giovanna Cosenza sul suo blog). Ma, al di là delle singole brutte idee, noto che la pubblicità descrive in modo perfetto, anche se indiretto, una società debole, poco convinta dei suoi mezzi, in piena crisi di soldi e, soprattutto, di valori. Un esempio? Ci sono aziende che promuovono intimo per bambine (sì, bambine) con immagini di piccole donne fatali. A me la cosa ha dato il voltastomaco, ditemi se a voi fa lo stesso effetto: guardate qui. Non capisco proprio il motivo per cui io, persona sana di mente, dovrei vestire la mia piccola con quella biancheria ma immagino che ci siano genitori (che non invidio per nulla) che lo vogliono fare. La questione è un'altra, di principio e di Legge.

In Italia i minori di 14 anni non possono essere protagonisti di spot pubblicitari, lo prevede la Legge (art. 10, Legge 112/2004). Eppure si vedono decine di campagne pubblicitarie con minori, tutti i giorni (basta fare i casting e le foto all'estero). La questione è più ampia e più importante: i bambini vanno tutelati, nella loro privacy e nella loro immagine, sia per Legge che per autoregolamentazione di un settore. Quando io ho studiato per diventare giornalista, ho appreso i principi della Carta di Treviso: gli operatori dell'informazione avevano deciso di autoregolamentarsi per "difendere l'identità, la personalità e i diritti dei minorenni". Questa era davvero una grande idea. Qual'è il problema? Che dal 2006 ad oggi non se ne parla quasi più. Una conferma, indiretta, della crisi del giornalismo, al di là delle copie vendute.

Sui media, ogni giorno, decine di ragazzi e minorenni vengono sbattuti in prima pagina. L'immagine della povera Yara Gambirasio (13 anni) apparsa ovunque è quella in canottiera e micropantaloncini impegnata in una spaccata mentre fa ginnastica. Permettetemi, un'immagine che io non avrei mai pubblicato, indipendentemente da quelle messe a disposizione da genitori o inquirenti. E si tratta solo di un piccolo esempio. Viviamo in un'era in cui i minori sono bombardati di messaggi: la responsabilità di tutelarli sta non solo allo Stato ma anche a noi. Iniziando a protestare, anche solo con un messaggio su una bacheca aziendale su Facebook, facciamo qualcosa che vedono molti altri. Non so se porterà a qualche risultato. Quello di cui sono sicuro è che la foto di una bambina in lingerie pettinata come Amy Winehouse non ci mancherebbe affatto.

lunedì 1 agosto 2011

Blog in ferie

Oggi è il primo giorno d'Agosto e, con me, va in ferie anche il blog. Come sempre, saranno settimane dedicate alle riflessioni sul futuro, alla formazione (ho già tre libri da leggere "per lavoro") e alla ricerca di spunti interessanti per i post dei prossimi mesi. Ma soprattutto saranno giorni che dedicherò alla mia famiglia, al mio piccolo e al relax. Sicuramente è stato un 2011 intenso, ricco di lavoro e di soddisfazioni, di qualche sassolino tolto (macigni, più che altro) e di qualche altro pensiero in più (la commercialista mi ha augurato buone ferie dicendomi quando dovrò pagare di tasse).

Quello che è sicuro è che voglio trovare nuovi temi di cui parlare. Niente di meglio che guardare alla vita reale per trovare spunti interessanti (il post sul bar della spiaggia dell'anno scorso aveva avuto un ottimo successo). Per ora buone ferie a tutti, io vado a riposarmi qui. Quello di profilo è il mio piccolo. Buon Agosto a tutti!