giovedì 27 gennaio 2011

Ricordare tutti per non dimenticare nessuno

Oggi è il Giorno della Memoria e farò un post un po' diverso dal solito. Parto sempre dalla comunicazione ovviamente, ma con un percorso particolare, molto personale. Andiamo con ordine. Oggi tutti i media ricordano la Shoah, ieri Marco Paolini e il suo "Ausmerzen" hanno avuto un ottimo risultato in termini di spettatori su La7. Su Facebook, insieme ad alcuni amici di rete, abbiamo parlato delle "pietre d'inciampo", una geniale idea dell'artista tedesco Gunter Deminig che unisce storia, cultura ed educazione civica. Ricordare per non dimenticare, appunto. Leggere Primo Levi per cogliere la portata disumana di quegli atti. Ma non dimentichiamo neanche che l'antisemitismo all'epoca era pratica diffusa e che, come scrisse Daniel Goldhagen nel suo "I volonterosi carnefici di Hitler", molta, normalissima, gente comune, sostenne, direttamente o indirettamente, l'idea dell'olocausto. Ma non voglio approfondire la storia, è una mia passione ma non è il mio mestiere.

Quello che mi stupisce è che, in giornate come questa, quasi nessuno, specialmente sui giornali, in TV, sul Web, ricordi i tanti, tantissimi italiani che furono catturati e deportati in Germania. In tutto oltre 700.000 persone, di cui 40.000 morirono nei campi di concentramento. Non erano ebrei. Avevano solo la colpa di portare una divisa dell'Esercito italiano. Il 9 settembre 1943 il Re Vittorio Emanuele III, il maresciallo Badoglio e decine di esponenti del Governo, dell'Esercito e della Casa reale scapparono via da Roma, senza armi ma coi bagagli, in fretta e furia, per andare a Brindisi. Nessun ordine dato alle truppe, vennero lasciate allo sbando, con un vero e proprio atto di tradimento nei loro confronti fatto dalla persona a cui avevano giurato di obbedire. Abbandonati a loro stessi, i soldati italiani vennero, tranne rare occasioni, facilmente catturati. Non furono considerati "prigionieri di guerra" (come la Convenzione di Ginevra prevedeva) ma "internati", quasi senza diritti e costretti a lavorare. Non ne parla nessuno.

Perché dico questo? Perché mio nonno, Armando Polesel, era uno di loro, era un soldato di fanteria di stanza nell'attuale Croazia, un sergente maggiore che fu catturato e deportato. Ritornò in Italia malato e morì qualche anno dopo, giovanissimo, lasciando una moglie e tre figli piccoli. L'anno scorso, dopo numerose insistenze da parte di mio padre, gli hanno conferito una medaglia d'onore (prevista dalla Legge n. 296/2006, poco pubblicizzata anche quella). Oggi, 27 gennaio 2011, dobbiamo ricordare "la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati". Questo dice la legge n. 211 del 20 luglio 2000 che ha istituito il Giorno della memoria. Il mio piccolissimo contributo vuole appunto ricordare tutte le vittime, compresi quei 700.000 italiani in divisa che, troppo spesso, vengono dimenticati. Per colpe non loro. Sinceramente, oggi di Ruby, di Tulliani e di tutto il resto non me ne importa assolutamente nulla.

lunedì 24 gennaio 2011

Piccole grandi soddisfazioni

Qualche giorno fa scrivevo di come, in un 2010 di lavoro duro ma intenso, abbia potuto conoscere un sacco di persone interessanti, tutto grazie alla rete. Oggi voglio citare un piccolo, grande caso di successo. Io e Cristina ci siamo "conosciuti" leggendo e apprezzando i rispettivi blog oltre un anno fa. Facciamo più o meno lo stesso lavoro, qualcuno potrebbe dire che siamo competitor, utilizzando un linguaggio forse già morto e sepolto. Abbiamo iniziato ad interagire, a confrontarci sulle reciproche esperienze, sui lavori che stavamo facendo, sui temi che ci interessavano. Tra un lavoro e l'altro, tra una riunione e un convegno, semplicemente e spontaneamente. Ci siamo dati consigli e "consulenze" a vicenda, senza bisogno di dover firmare carte o accordi, solo per il piacere di condividere alcuni aspetti del nostro lavoro. Tempo perso direbbero forse i nostri commercialisti, tutto l'opposto in realtà.

Diversamente da me, Cristina scrive anche libri per lavoro, editi da FrancoAngeli. Da una nostra conversazione sull'utilità di tenere un blog per lavoro (altra perdita di tempo secondo alcuni che non si spiegano il perché uno debba fare qualcosa senza essere pagati per farla), ne è nata una specie di intervista, fatta via Skype una mattina di qualche tempo fa. Sulle cose che ci siamo detti lei ha scritto un box e l'ha inserito nel suo nuovo libro, come piccolo caso di successo. Un volume di cui ho già parlato, che sto rileggendo in questi giorni e che consiglio a tutti. Il libro è "Comunicazione low cost", lei è Cristina Mariani. Un po' di recensioni, molto più autorevoli della mia, le trovate qui. Una grande soddisfazione per me, nata dalla volontà e dal piacere di condividere idee, esperienze e progetti con persone che fanno il loro lavoro con passione, tutti i giorni. Potete leggere le pagine qui sotto (ho l'autorizzazione di Cristina e della sua casa editrice).


Un piccolo particolare: io e Cristina non ci siamo mai visti di persona. Ci abbiamo provato ma non ci siamo riusciti finora, forse colmeremo questa lacuna a Modena, i primi di febbraio. O forse continueremo a parlarci come vecchi amici e colleghi via mail, via Skype, sui commenti dei rispettivi blog, su Friendfeed. Certe volte ti rendi conto davvero delle enormi opportunità che la rete ti offre in modo semplice e immediato. Solo qualche anno fa, io e Cristina ci saremmo visti a qualche convegno, magari guardandoci un po' storti perché facciamo lo stesso lavoro e puntiamo alle stesse aziende. Con la rete maturiamo anche noi, talvolta quasi inconsapevolmente ma lo facciamo. Cristina intanto ha un sacco di carne al fuoco ma non voglio anticipare nulla. Solo un consiglio: io continuo a seguire il blog "Generazione Pro Pro" di Dario Di Vico sul sito del Corriere della sera, nei prossimi giorni ci saranno novità. Fatelo anche voi.

martedì 18 gennaio 2011

Rispetto e fiducia nei dipendenti? Rivoluzionario

Nelle aziende si parla spesso di comunicazione interna. In una riunione che ho fatto ieri con un cliente se ne è parlato a lungo, perché è un'azienda italiana con numerose filiali nel mondo e ha bisogno di comunicare meglio. Per un'altra società ho in ballo un progetto per sviluppare i contenuti e l'impostazione della Intranet esistente. Anche per questo, mi sono letto il nuovo libro di Giacomo Mason, "Intranet 2.0", che consiglio a tutti (ne avevo già parlato nei miei "consigli per gli acquisti"). Il problema è che poi alle parole non segue qualcosa di concreto, perché si deve decidere chi se ne occupa, quale piattaforma utilizzare e tante altre cose, tutte secondarie. La cosa più importante è la volontà di comunicare, che deve coinvolgere, soprattutto, il management. "Non è necessario che tutti i manager si allineino come soldatini ma ci deve essere almeno un dirigente che ci crede" dice Mason nel suo libro. Per definire il progetto, per coinvolgere le persone, per trovare i budget. Una cosa difficile. Oggi tuttavia abbiamo una notizia rivoluzionaria in questo senso.

Oggi apro il blog di Massimo Melica e leggo il suo ultimo post. Steve Jobs, numero uno di Apple, ha deciso di annunciare un nuovo congedo per prendersi cura della sua salute. Va bene, ma non stavamo parlando di comunicazione interna? Un attimo di pazienza. Questa notizia, purtroppo non nuova per Jobs (è la terza volta che succede), avrà un sicuro impatto sulle quotazioni in Borsa, ci si immagina una conferenza stampa, con analisi attente dal punto di vista legale. Oppure uno scoop di un giornalista, che scopre questa notizia tenuta nascosta dai vertici aziendali. Niente di tutto questo. Steve Jobs ha comunicato la notizia direttamente ai propri dipendenti, per primi, via mail. Una dimostrazione di grande rispetto e fiducia in loro, una scelta favolosa di comunicazione interna. Chiede solo rispetto per la sua privacy.

Contrariamente a mia moglie (estimatrice dei prodotti della Mela ben prima che nascesse il primo iPod), non sono un fan di Apple. Non mi piace soprattutto la loro politica commerciale di fare un "nuovo prodotto rivoluzionario" ogni sei mesi. Ma non posso non ammirare il lavoro e le idee di Steve Jobs. Da oggi la mia stima nei suoi confronti è ulteriormente aumentata perché ha deciso di dare priorità al suo team. E non ha utilizzato piattaforme innovative o modalità clamorose, ha mandato una semplice mail. Questo vuol dire mettere per prime le persone che lavorano con te, a prescindere da come, quando e perché parli loro. Noi (in Italia) vedremo solo il calo delle azioni (-6% nelle contrattazioni ieri sui mercati europei) e avremo dei dubbi sui progetti futuri della società. Ma il problema è nostro. Non siamo abituati a rilevare il rispetto e la fiducia nei dipendenti come una cosa importante. Per noi è troppo rivoluzionaria.

giovedì 13 gennaio 2011

Andiamo in scena!

Ci sono certe piccole grandi cose che ti iniettano un entusiasmo incredibile e inaspettato. L'evento fatto da ACTA ieri alla Triennale di Milano è, senza dubbio, una di queste. Un vero e proprio show teatrale in cui liberi professionisti hanno fatto, per un giorno, gli attori non professionisti. E sono stati bravissimi. Hanno fatto capire alle tantissime persone, tutte fianco a fianco nella sala Agorà, la nostra vita e il nostro mondo in un modo del tutto particolare, ironico ed efficace, teatrale e realistico. Va bene, un bell'evento, una bella idea, e poi? Poi hanno creato un dibattito tra pari all'interno della sala, facendo parlare chi era venuto a vedere e poi spiegando direttamente le ragioni dell'Associazione, le sue esigenze, i suoi obiettivi. Un successo, ma c'è di più. E qui porto la mia personale esperienza dell'evento.

Sono arrivato là presto, perché volevo conoscere dal vivo alcune persone di ACTA che sento spesso in rete. La regista argentina Marcela Cerli, un concentrato di energia pazzesca, mi ha guardato e mi ha subito arruolato nello spettacolo. Ho fatto la nuvola. Quando saranno disponibili più video e foto dell'evento si capirà meglio. Non ho fatto a tempo ad arrivare là che ero diventato subito uno di loro. Senza moduli né form, solo pacche sulle spalle, sorrisi, battute, discussioni. Il tutto in cinque minuti e con persone che non avevo mai visto di persona in vita mia. Un entusiasmo che raramente si trova concentrato in un unico posto. Persone diverse, tutti serissimi nelle prove, tutti simpaticissimi nelle pause. E siamo andati in scena. Il mio ruolo è durato 10 secondi ma fare il rito teatrale del "merda, merda, merda" tutti insieme, all'inizio, è stato bellissimo.

Ieri mi sono sentito parte di ACTA in modo istintivo, diretto, personale. Tengo a precisare che ieri ero solo una persona interessata a un progetto, non ero né socio né iscritto. Oggi lo sono. Perché ho toccato con mano un'idea e ho conosciuto delle persone che hanno dentro di sé la volontà di raggiungere un obiettivo, diciamocelo, molto ambizioso: dare luce agli invisibili, difenderli, promuovere il loro ruolo nella società e nell'economia italiana. Se da ieri siamo più visibili, c'è da dire grazie a loro. Che hanno speso ore del loro tempo libero per provare uno spettacolo davvero bello. Il miglior modo di capire davvero il manifesto del lavoro autonomo di ACTA era guardare le persone che erano là a recitare. "Io sono libera non professionista, perché non si può essere, al tempo stesso, libero e professionista" è stato detto da una di loro. Anche lì c'era qualcosa di me. E un'altra parte di quello che sono davvero l'ho ritrovata dopo lo spettacolo.

Volete un consiglio? Non c'è da deprimersi, fuori dalla vostra porta c'è un sacco di gente bellissima da conoscere e da rivedere dopo tanti anni. C'è solo da buttarsi. Come cantava Battiato, le nuvole non possono annientare il sole. E di nuvole, grazie ad ACTA, da ieri me ne intendo.

(photo credits: ACTA)

mercoledì 12 gennaio 2011

Riordinare le idee

I 15 giorni di vacanza possono essere molto utili. Perché rientri al lavoro con la mente sgombra, con nuove idee, con un pensiero fluido, cose che ti fanno mettere in discussione opinioni che un mese prima consideravi intoccabili. Le avevi elevate alla stregua di dogmi professionali e non te ne eri reso nemmeno conto. Una riunione da un cliente, il mio primo giorno di ritorno al lavoro operativo. Si parla di progettazione, strategia, messaggi, segmentazione, analisi linguistica, il tutto per mettere a punto, in via definitiva, un progetto di comunicazione. Ho sentito chiaro nella mia testa che il percorso che volevo seguire aveva alcune aree migliorabili, magari da ripensare e da rivalutare. Era il cliente stesso che mi faceva accendere alcune lampadine, fatto che dimostra in modo chiaro e netto che stiamo facendo la cosa giusta. Insieme.

Sono rientrato a casa e ho scritto, a penna, i concetti da rielaborare, i messaggi da modificare, le nuove idee da rivedere. Sono andato a riprendermi un paio di libri per rinfrescare la teoria, consultato un paio di presentazioni su Slideshare e girovagato un po' su Google. Le aree buie si sono subito schiarite, le idee sono venute fuori spontaneamente e i suggerimenti del cliente sono stati inseriti nel posto giusto. Il lavoro resta, assolutamente, "in progress" ma la strada è molto più illuminata. Perché ho potuto guardare criticamente il mio lavoro, senza facili autoindulgenze derivate dalla mancanza di tempo o da obiettivi troppo vincolanti.

Andare alla libreria, cercare su Internet, ascoltare nuovi pareri sono cose che spesso non sono così facili da fare. Ci diciamo che non abbiamo tempo perché abbiamo così tante cose a cui pensare. Tutto vero e tutte balle, al tempo stesso. Quelle cose le possiamo fare molto meglio se la nostra mente è libera di osservare, di riflettere e di meditare. Il tempo per migliorare il nostro lavoro lo dobbiamo trovare sempre, senza attaccarsi a scuse e dogmi vari. Avere del talento significa capire che si può fare di meglio scriveva Antoine Albalat 110 anni fa. Una frase su cui meditare.

(photo credit: Flickr, The walking disaster)

lunedì 3 gennaio 2011

Le persone che sconfissero l'algoritmo


Oggi è il 3 Gennaio, sono ancora in ferie (per quanto sia un controsenso essendo io il capo di me stesso ma mi piace pensarla così) e stavo mettendo a posto un po' di materiale. Analizzando le varie informazioni, mi sono accorto che quelle più interessanti, più argomentate, più intelligenti le ho trovate quasi tutte sui miei siti, blog o social network di riferimento. Le ricerche su Google sono state molto infruttuose e mi hanno fatto perdere un sacco di tempo. Per carità, lungi da me nel mettere in discussione "the big G", di cui utilizzo un sacco di cose, dalla posta al reader, dai documenti alle mappe (pure dove sto scrivendo ora è loro, tanto per dire). Notavo solo che quest'anno ho fatto ricerche efficaci solo all'interno di posti conosciuti, creati o segnalati da persone conosciute. Trovando dei veri e propri tesori.

Qualche esempio? Li faccio volentieri, perché possono essere utili a molti, oltre a me. Ho detto che il 2011 sarà il mio anno della condivisione e voglio iniziare bene:
  • Si vogliono giudizi intelligenti sull'evoluzione del mondo del marketing? Ecco Gianluca Diegoli e il suo [mini]marketing (parlarci di persona davanti a uno spritz è pure meglio).
  • Si vuole entrare nel vivo dell'evoluzione "social" della comunicazione? Un salto dal Doctor Brand e da Alessandro Prunesti lo si deve fare.
  • Si vogliono consigli pratici e semplici, quelli di buon senso, per usare al meglio la rete? Niente di meglio di Alessandra Farabegoli (che ringrazio per la citazione nel suo post di fine 2010).
  • Si vogliono fare bene attività di marketing e comunicazione senza spendere follie? Marketing Low Cost di Cristina Mariani è lì per quello.
  • Si vogliono avere giudizi e spunti per valutare il rapporto tra diritto e Internet? Consiglio vivamente Massimo Melica ed Ernesto Belisario.
  • Si vuole conoscere meglio come può evolvere la Pubblica Amministrazione grazie alle nuove tecnologie? Da seguire assolutamente Datagov e i suoi creatori.
  • Si vuole dare una ripassata alle basi della comunicazione aziendale per arrivare fino alle idee più innovative? Il professor Epifani offre lezioni sempre gratuite sul suo blog (e consiglio vivamente le sue presentazioni su Slideshare).
  • Si vuole avere un'idea di come di può fare e-learning? Oltre ad altre 1000 cose, Catepol fa anche questo (e davvero bene).
  • Si vogliono avere dritte tecniche sull'informatica, su come configurare un iPhone, un router e tante altre cose? Niente da fare, si deve andare da Andrea Beggi (e si trova pure la ricetta delle trenette al pesto).
Per il resto, basta andare nel mio blogroll e vederne altri. E ne mancano molti ma li trovate tutti in rete, basta "chiedere in giro". Tutte persone di grandissima esperienza e competenza nei loro settori che hanno una caratteristica molto particolare: mettono passione ed entusiasmo in quello che fanno e scrivono. Un algoritmo non lo può fare. Nel 2010 vince ancora l'uomo, nel 2011 vedremo.

(photo credits: Flickr, Xavier Donat)