giovedì 24 novembre 2011

Chi ascolta, impara (ed è simpatico a tutti)*

Un bel post del blog Brain Traffic (gente da seguire attentamente se ti interessa il content management) enuncia una regola semplice e per nulla innovativa ma che consiglio sempre di ripetere una volta alla settimana, preferibilmente il lunedì: ascoltare è (ancora) il miglior modo di imparare qualcosa. Spesso, con il passare degli anni e dei progetti, la nostra esperienza ci porta a essere conservativi: abbiamo realizzato un sito su un'azienda che opera nelle telecomunicazioni o nell'edilizia e ci convinciamo, sbagliando, che le soluzioni che abbiamo scelto in quel caso siano valide sempre. Non è così. Perché questo significherebbe non ascoltare chi ci sta davanti, ossia il responsabile di un'azienda con una sua storia, le sue peculiarità, i suoi obiettivi, i suoi pregi e difetti. La nostra esperienza, utilissima per evitare errori, è molto meno efficace per avere nuove idee ("non si impara con l'esperienza, perché la sostanza delle cose cambia continuamente" diceva Susan Sontag).

Come spesso fanno, gli americani consigliano un numero preciso di regole da seguire, spesso concetti stereotipati che si alternano a buone idee per ottenere un "bel numero" (le 10 regole, 5 buoni consigli, etc.). In questo caso, le condivido tutte ma, allo stesso tempo, le faccio mie, dando le mie priorità:

  • Restiamo curiosi: quando ci approcciamo a una nuova azienda, abbiamo voglia di conoscere dove ci troviamo ma, allo stesso tempo, sentiamo il bisogno di dimostrare di essere un "plus" che giustifichi il nostro incarico. Questo ci porta spesso a limitare il nostro raggio d'azione e a volerci occupare della storia aziendale solo dal nostro arrivo in poi. Ci sono PC, armadi, persone, cassetti e schedari che hanno tesori al loro interno e di cui nessuno si ricorda. Dobbiamo essere noi a esplorare l'azienda e ascoltare le persone che ci vivono dentro, non limitandoci alla mappa che ci hanno dato. 
  • Facciamo le domande stupide: siamo davanti a un nuovo imprenditore e dobbiamo conoscere cosa fa e come la pensa su tante cose. Abbiamo la fortuna di potergli fare domande che il 90% dei dipendenti più esperti non farebbe mai, per la paura di perdere credibilità nei suoi confronti. E dobbiamo sfruttarla. Spesso le domande stupide portano a risposte molto interessanti e a idee brillanti. "Mi scusi, potrebbe sembrare una domanda stupida, ma..." è sempre un'ottima tecnica per iniziare un discorso interessante.
  • Facciamo domande aperte: le risposte che iniziano e finiscono con un sì o un no non sono quasi mai utili a raggiungere scopi ambiziosi. Non si può entrare nello specifico di una questione in questo modo. Bisogna coinvolgere le persone che abbiamo davanti con domande in grado di aprire certe serrature. Spesso le buone risposte vengono da dove meno te le aspetti: lasciare alle persone la possibilità di esprimere almeno un'idea non è mai una cattiva idea.
  • Riflettiamo, respiriamo, parliamo: lo ammetto, ho enormi margini di miglioramento su questo aspetto perché la passione per il mio lavoro mi porta a parlare d'impulso, a rispondere d'istinto, a dire subito la mia. Cinque secondi in più di silenzio e di riflessione prima di parlare possono farci solo bene, perché le nostre opinioni sono come lampadine a basso consumo: ci mettono un po' a diventare chiare e luminose ma poi durano a lungo. E sono molto più efficaci per chi le deve usare.

Queste, ovviamente, non sono solo regole professionali, ma consigli validi anche per la vita normale, come ci ricorda Erin Anderson, l'autrice del post citato all'inizio. Verissimo. La regola delle domande stupide, tuttavia, fuori dall'ufficio funziona molto meno. Specialmente se siete davanti alla persona che amate.

* Titolo ispirato da un aforisma di William Mizner: "Chi sa ascoltare non soltanto è simpatico a tutti ma prima o poi finisce con l'imparare qualcosa"

(Photo credits: Flickr, Portobeseno)

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