lunedì 22 agosto 2011

La pubblicità è l'anima della crisi (e non solo quella economica)

Quest'estate sono rimasto sfavorevolmente colpito da molte iniziative pubblicitarie di dubbio gusto. E ho fatto "sentire la mia voce" in rete nei confronti di aziende che promuovevano messaggi sconclusionati, poco efficaci e poco attenti al target. Non sono un bacchettone, una campagna con immagini forti non mi ha mai imbarazzato se l'idea che ci stava sotto era buona. O almeno c'era. O al limite si riusciva a comprendere. Invece ultimamente vedo molte campagne che tendono a colpire (come è giusto che sia) ma in modo fine a sé stesso. Forse la causa è che mancano i soldi, sicuramente mancano pure le idee. Come se qualcuno volesse colpirti con un pugno sullo stomaco non perché ce l'ha con te ma solo per fare la figura da macho con la possibile fidanzata. Semplicemente, un'idea sbagliata.

Ho visto sederi messi in primo piano, con mutande e scarpe di contorno, per motivi assolutamente oscuri (anche se in parte la spiegazione l'ho data qui) e fantomatici, e poco credibili, evasori fiscali bacchettati come parassiti della società (spot già ampiamente analizzato, e bocciato, da Giovanna Cosenza sul suo blog). Ma, al di là delle singole brutte idee, noto che la pubblicità descrive in modo perfetto, anche se indiretto, una società debole, poco convinta dei suoi mezzi, in piena crisi di soldi e, soprattutto, di valori. Un esempio? Ci sono aziende che promuovono intimo per bambine (sì, bambine) con immagini di piccole donne fatali. A me la cosa ha dato il voltastomaco, ditemi se a voi fa lo stesso effetto: guardate qui. Non capisco proprio il motivo per cui io, persona sana di mente, dovrei vestire la mia piccola con quella biancheria ma immagino che ci siano genitori (che non invidio per nulla) che lo vogliono fare. La questione è un'altra, di principio e di Legge.

In Italia i minori di 14 anni non possono essere protagonisti di spot pubblicitari, lo prevede la Legge (art. 10, Legge 112/2004). Eppure si vedono decine di campagne pubblicitarie con minori, tutti i giorni (basta fare i casting e le foto all'estero). La questione è più ampia e più importante: i bambini vanno tutelati, nella loro privacy e nella loro immagine, sia per Legge che per autoregolamentazione di un settore. Quando io ho studiato per diventare giornalista, ho appreso i principi della Carta di Treviso: gli operatori dell'informazione avevano deciso di autoregolamentarsi per "difendere l'identità, la personalità e i diritti dei minorenni". Questa era davvero una grande idea. Qual'è il problema? Che dal 2006 ad oggi non se ne parla quasi più. Una conferma, indiretta, della crisi del giornalismo, al di là delle copie vendute.

Sui media, ogni giorno, decine di ragazzi e minorenni vengono sbattuti in prima pagina. L'immagine della povera Yara Gambirasio (13 anni) apparsa ovunque è quella in canottiera e micropantaloncini impegnata in una spaccata mentre fa ginnastica. Permettetemi, un'immagine che io non avrei mai pubblicato, indipendentemente da quelle messe a disposizione da genitori o inquirenti. E si tratta solo di un piccolo esempio. Viviamo in un'era in cui i minori sono bombardati di messaggi: la responsabilità di tutelarli sta non solo allo Stato ma anche a noi. Iniziando a protestare, anche solo con un messaggio su una bacheca aziendale su Facebook, facciamo qualcosa che vedono molti altri. Non so se porterà a qualche risultato. Quello di cui sono sicuro è che la foto di una bambina in lingerie pettinata come Amy Winehouse non ci mancherebbe affatto.

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