venerdì 22 novembre 2013

Com'è andata la campagna delle lattine con i nomi? Quei "meno" sulle vendite qualcosa vogliono dire


Avete presente la grande campagna fatta da Cola Cola quest'anno per la personalizzazione delle sue bottiglie e lattine con i nomi? Si sono spese, giustamente, molte parole sulla rinuncia della presenza del brand storico (unbranding, piuttosto di moda ultimamente), sulla novità di quest'idea di marketing e su tante altre belle cose. Personalmente, però, sono rimasto un po' colpito dal fatto che ovunque si dicesse che "aveva ottenuto un boom di vendite", citando il caso dell'Australia (+11% in un mercato piuttosto piccolo, molto particolare a livello di consumi e molto diverso da quello italiano). La curiosità su come sarebbe andata in Italia mi è montata progressivamente e ho chiesto su Twitter a Coca Cola Hellenic (che distribuisce i prodotti nel nostro Paese) notizie sull'andamento delle vendite, non ottenendo risposta.
Bene, come è andata? I dati delle vendite del terzo trimestre 2013 e quelli di tutto l'anno sono stati annunciati i primi di novembre: trovate tutto qui, tutto ufficiale. I dati di vendita, aggregati per i vari mercati, sono tutti negativi, senza eccezione. Per quanto riguarda l'Italia, ci citano espressamente (pag. 6 del documento in pdf):
The main drivers of volume decline in the segment during the quarter were the weakness in all key categories in Italy and Greece.
Più avanti si approfondisce ulteriormente (cito solo una parte del testo per ragioni di spazio, consiglio vivamente di leggerlo tutto):
Volume in Italy declined by high single-digits in both the third quarter and the first nine months of 2013. Austerity measures continue to impact disposable income, and unemployment remains at high levels. In the third quarter, volume pressure was evident across all categories. 
Questo cosa significa? Che il marketing conta, e conta tanto, ma non è uno strumento magico. Puoi fare campagne innovative che diano un'immagine più vitale e dinamica al tuo grande e glorioso brand (obiettivo raggiunto) ma queste incidono solo per una parte sui risultati finali. Se c'è crisi nera, non si fanno miracoli. Chiariamo: gli obiettivi di marketing non sono gli obiettivi di vendita, l'ho scritto anche sul libro e lo ribadisco senza indugio. Detto questo, però, le vendite sono un fattore che incide per tirare le somme nei report, non possiamo nasconderci dietro a una lattina.

L'errore sta in quel famoso +11% in Australia, così enfatizzato nei comunicati stampa. Lì c'è stato un errore di comunicazione: si è fatto passare il messaggio che quella campagna "geniale" stava già raggiungendo brillanti obiettivi di vendita senza sottolineare a dovere che è un mercato piuttosto piccolo, particolare e distante dall'Europa non solo a livello chilometrico. Si poteva prevedere che da noi sarebbe stata più dura, visti i dati economici che ci riguardano a livello di crollo dei consumi. L'unbranding, la personalizzazione del prodotto e il buzz sui social media non possono fare miracoli (questo l'avevano intuito, va dato loro atto). I dati ora sono visibili a tutti. L'Australia è "the lucky country", ricordiamocelo la prossima volta. 

2 commenti:

  1. Mi chiedo come sarebbe andata senza questa campagna: la valorizzazione economica della visibilità è difficile ma non va dimenticata. Durante la campagna CocaCola era onnipresente sui social, anche tra i non consumatori abituali.
    Com'è andata la categoria in generale? Hai dei dati sui soft drinks?

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  2. Certo, infatti dico che a livello di visibilità i risultati li hanno raggiunti. Per quanto riguarda la categoria in generale, il segno è meno però in Italia Coca Cola ha un posizionamento dominante. Riguardo a Pepsi, ho trovato solo dati a livello europeo sul loro sito (volumi calati di un punto percentuale): bisognerebbe chiedere a Marcello Pincelli, neo AD di Pepsi Italia. Fammi sapere se trovi informazioni a riguardo, caro Unknown. :-)

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