giovedì 3 dicembre 2009

La rivoluzione dei contenuti

La gestione della conoscenza è una priorità assoluta ma non tutti ne percepiscono l'importanza. In questi giorni, Rupert Murdoch ha sostenuto la necessità di far pagare le notizie agli utenti, principalmente per avere soldi sicuri (e cambiando totalmente idea rispetto a 3 anni fa, ma si sa che la crisi provoca anche questi effetti). E Google ha accettato questa "visione del mondo". Ma il modo di pubblicare le news è solo un aspetto del mare magnum della gestione dei contenuti disponibili sul Web. Internet ha aperto infinite porte per permettere a chiunque di accedere, gratuitamente e in pochi secondi, a informazioni che solo qualche anno fa erano limitate a chi comprava e leggeva quotidiani, riviste e libri. L'utente ha un ruolo del tutto attivo, ricerca ciò che gli interessa, e non più passivo, quando "accoglieva" ciò che gli veniva dato, pur criticamente. Le persone cercano interattività, personalizzazione e qualità nei contenuti e l'offerta deve adeguarsi in questo senso.

E' una rivoluzione ancora in atto e serve tempo per analizzarne gli effetti. Di sicuro, la prima impressione è che la grande maggioranza di organizzazioni, enti e aziende che si presenta sul Web non ne ha ancora percepito l'importanza. Se la situazione non muta, questi soggetti ne pagheranno le conseguenze nel prossimo futuro. Vediamo perché. Wikipedia dice che la gestione dei contenuti ha 5 fasi nel suo ciclo di vita (ci ho messo 3 secondi a trovare queste informazioni, prima avrei dovuto saperle o andarmele a cercare in qualche libro) e la situazione attuale è questa:
  • Creazione: i contenuti spesso sono creati attraverso veloci "copia e incolla" da materiale del tutto diverso per caratteristiche e finalità e, per questo, sono poco fruibili via Internet.

  • Aggiornamento: in tantissimi casi, c'è una scarsa attenzione all'update dei portali, sia a livello di notizie (news del 2007 ...) che di contenuti (profili che si fermano agli "anni 2000"), per questo gli utenti vanno alla ricerca di altre fonti, non controllabili.

  • Pubblicazione: spesso ci si limita a dare l'ok alla "messa online", senza una necessaria correzione della bozza che evidenzi incongruenze o refusi, generando errori evitabili con 3 minuti di lavoro in più.

  • Traduzione: è vero che molti siti danno la possibilità di accedere ai contenuti in altre lingue, inglese in primis, ma spesso le traduzioni sono fatte frettolosamente e non prendono in minima considerazione le diversità culturali e comunicative esistenti tra persone di Paesi diversi.

  • Archiviazione e utilizzo: i contenuti sono quasi sempre "dati in affido" a una singola persona o a un singolo team, che provvede a pubblicare e archiviare queste informazioni senza condividerle e rendendole, spesso, "invisibili".

Un quadro a tinte fosche? Sicuramente si, ma si può fare qualcosa in modo efficace e sufficientemente veloce. E' necessario che la gestione dei contenuti sia percepita come un'attività fondamentale per qualsiasi organizzazione e che siano sviluppati strumenti adatti per realizzare, gestire e, soprattutto, condividere le informazioni. E' una vera e propria rivoluzione culturale per chi ha sempre pensato a "comunicare col megafono" (come direbbe Franco Perugia) e a informare i propri ascoltatori, senza badare troppo ai piccoli errori. Un utente medio ci mette tre secondi a scoprire il vostro sbaglio e a condividerlo in rete. Non era meglio pensarci prima tre secondi in più?

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