Parto da un "provocatorio" articolo che ho trovato su Business Insider: "Content Is No Longer King: Curation Is King". Secondo l'autore (ringrazio lafra che l'ha segnalato su Friendfeed), i contenuti regnavano quando erano scarsi, di qualità, come un articolo sul NY Times, i film della Miramax e il resto del "best of the best". Ora, sul Web, c'è sovrabbondanza di contenuti per cui il re è cambiato, è la "cura" dei contenuti a sedere ora sul trono. Questo approccio, volutamente provocatorio, non mi trova del tutto d'accordo. Ho sempre pensato che il contenuto, per regnare, doveva essere per forza qualcosa di curato, di qualità, di interessante. Doveva avere, appunto, quei "quarti di nobiltà" che lo facevano emergere dal resto, per farlo diventare un fattore decisivo per convincere una persona a leggerlo, ascoltarlo, vederlo.
I contenuti devono "contenere" qualcosa da dire e devono comunicarlo bene, con cura. Non sono qualsiasi cosa messa sul Web, come non erano qualsiasi cosa pubblicata sulla carta stampata né qualsiasi cosa trasmessa in TV. Mica prima c'erano solo il NY Times e la Miramax. In un mare magnum di quotidiani, riviste, serie televisive, film, programmi TV e radio, si sceglievano le fonti da consultare in base a parametri di serietà, autorevolezza, cura e innovazione. Sul Web sta accadendo la stessa cosa. Siamo ancora in una fase di espansione, un momento di passaggio in cui i contenuti di qualità emergeranno per diventare sempre più protagonisti. Comunicare non è trasmettere un'informazione, ma "far conoscere". E' un compito difficile perché si deve creare un legame forte tra chi parla e chi ascolta. E questo può succedere solo se si tratta di contenuti realizzati con cura. Content is king, curation is queen. And kingdom come.
P.S. Trovato anche un interessante contributo sul tema di Kristina Halvorson (grazie a Cristina Mariani per la segnalazione).
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