martedì 28 maggio 2013

I minori sui media, social e non: iniziamo a rifletterci su


Leggo oggi un bel post di Massimo Melica sulla sempre troppo poco trattata relazione tra minori e giornalismo/comunicazione. Come gestire correttamente una notizia, di quelle brutte della cronaca ma non solo, che riguarda un minore? I giornalisti hanno regole piuttosto precise, che talvolta non rispettano ma che ci sono e sono molto chiare (essendo giornalista, le ho studiate). Consiglio a tutti di leggersi la Carta di Treviso, un manifesto di rara sensibilità che sottolinea non solo la tutela giuridica degli under 18 ma anche le responsabilità che si assume il maggiorenne giornalista che ne scrive e li fotografa. E c'è di più. Viene tutelato il principio di "difendere l'identità, la personalità e i diritti dei minorenni vittime o colpevoli di reati, o comunque coinvolti in situazioni che potrebbero comprometterne l'armonioso sviluppo psichico".

La Carta di Treviso è del 1990, è stata successivamente rinnovata e rivista nel 1995 e nel 2006. Per adeguarla alle nuove necessità, soprattutto in termini di strumenti di comunicazione, c'è stata un'attività di promozione della stessa nel 2012 ma, come appare subito evidente, c'è un grosso limite: è riservata ai "media" tradizionali. Era il 1990 e Tim Berners-Lee avrebbe definito il protocollo HTTP, il cuore di Internet, solo un anno dopo. Ora è evidentemente inadeguata a gestire il panorama mediatico attuale, il tempo passa per tutti, anche per le buone cose. Come dimostra anche il caso citato da Massimo Melica: c'era fretta di pubblicare la notizia, si è lasciata la foto di un amico (forse un minore) che non c'entra nulla col fatto. Una scelta infelice: io, lettore, avevo intuito che era il fidanzato presunto colpevole. Non una cosa da poco se si vuole tutelare l'armonioso sviluppo del ragazzo ritratto.

Il giornalista però si pone il problema, sa le proprie responsabilità, può spiegare le motivazioni (come fa a Melica) ed è già un atto importante. Se c'ero io col mio smartphone e i miei, diciamo, 10mila follower su Twitter (ne ho 1/25, per la cronaca), mi sarei fatto dei problemi a fotografare la scena e a condividerla? E se c'erano dei bambini? E se avessi legato alle immagini giudizi affrettati e non verificati (a proposito dei giudizi sommari 2.0, leggete qui)? Il problema non è piccolo: ognuno di noi oggi è produttore di contenuti e le responsabilità sul web sono difficili da attribuire e tutelare. Lungi da me pensare alle censure ma, lo voglio sottolineare bene, la Legge vale anche su Internet. Per questo, è bene iniziare a porsi il problema di gestire le immagini online di qualcuno. Iniziando da quelle dei nostri figli, ma questo sarà per il prossimo post.

(Photo credits: l'immagine, famosissima, è di Anne Geddes, modificata da me)

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