giovedì 14 ottobre 2010

C'è chi dice no*

Facendo la "rassegna quotidiana" dei miei blog di riferimento, leggo un bellissimo post pubblicato da Giovanna Cosenza (Disambiguando). Una giovane insegnante ha avuto il coraggio di dire no a una proposta di lavoro in un liceo scientifico. Perché la "filosofia" della scuola prevede di dare i 12 punti all'insegnante ma di "non pagare nessuno". Ora, per chi legge potrebbe sembrare ovvio e facile dire di no alla proposta di fare 18 ore settimanali di insegnamento in 5 classi in modo del tutto gratuito. Siamo davvero sicuri che sia così semplice?

Questo tema mi sta a cuore perché ultimamente stavo solo cercando di tirare fuori le parole giuste per trattarlo. E questo post segue idealmente quello che ho scritto qualche giorno fa sui "costi dei contenuti". Quanti ragazzi giovani lavorano gratis come stagisti, magari facendosi anche numerosi chilometri in macchina, con le aziende che "li pagano in formazione" (motivazione grottesca e meschina)? Quante agenzie e consulenti fanno alle aziende prezzi stracciati, dei veri "sottocosto" da supermercato (senza averne i vantaggi), perché "c'è la crisi, non si può dire di no"? E, tornando al post iniziale, tutti gli altri insegnanti di quella scuola che lavorano gratis e che, finora, pare siano stati zitti? Parliamo della realtà. Nel settore dove io lavoro, nella consulenza, non ci sono onorari minimi, perché si tende a favorire la libera concorrenza. Però il dibattuto è acceso e una recente sentenza della Corte di Cassazione sui minimi tariffari degli avvocati ne è la prova: sono stati riconosciuti come sussistenti tutti i requisiti che fondano la legittimità delle dette tariffe minime in relazione al diritto dell'Unione europea. Anche Il Sole 24 Ore ha trattato l'argomento, sostenendo che la Cassazione vuole evitare una concorrenza che si traduca nell'offerta di prestazioni "al ribasso", tali da poter determinare un peggioramento della qualità del servizio.

Torniamo a noi, che non siamo la Cassazione. Cosa possiamo fare? Prima di tutto, evitare di diventare "carne da cannone" sul mercato. Ogni categoria dovrebbe realizzare un patto professionale all'interno delle proprie organizzazioni di riferimento (che si possono anche auto-creare) per determinare dei limiti minimi di prestazione. La mia idea è quella di un limite minimo di riferimento in base agli anni di esperienza nel settore, condiviso e trasparente: per chi ha 5 o più anni di esperienza, un minimo di 80-100 Euro all'ora di prestazione professionale. Difficile? Impossibile? Può darsi. Intanto, proverò a sentire l'ACTA. L'unica cosa a non fare è generare una guerra tra poveri. Perché le aziende hanno bisogno di persone serie e competenti a cui rivolgersi per avere quel valore aggiunto che non possono ottenere da personale interno. E potrebbero, così, ottenere maggiori garanzie per avere un rapporto tra costi e benefici ancora più favorevole. Per iniziare, seguiamo l'esempio del post iniziale: c'è chi dice no. Brava Giulia*.  

* Omaggio a un grande poeta italiano, Vasco Rossi.

2 commenti:

  1. Assolutamente d'accordo sul dire "no" a chi specula sulla crisi per abbassare le tariffe dei consulenti al di sotto del minimo che consentaun reddito dignitoso. Per questo dobbiamo, TUTTI!, rifiutarci di lavorare sottopagati. Al nostro lordo orario vanno infatti detratti: tasse, contributi INPS, spese sostenute per la produzione del reddito (benzina, telefono, ecc.), e anche tutte le ore dedicate alla parte "commerciale di noi stessi" e (importantissimo) all'autoformazione. Io dedico ALMENO un'ora al giorno, festivi compresi, a leggere, studiare ed aggiornarmi. Conti alla mano, il commercialista mi ha detto che meno di X non posso fatturare. E io eseguo. Piuttosto, non lavoro, o faccio altro. Fine mese? Teniamo tutti famiglia? Vi dico la mia soluzione. Mi tengo un secondo lavoro, meno appassionante ma redditizio, ma non abbasso le mie tariffe.

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  2. Cristina, assolutamente d'accordo. Con te sapevo di sfondare una porta aperta ma è opportuno che ce le diciamo chiaramente queste cose, soprattutto tra di noi. Teniamo tutti famiglia e, per questo, la dobbiamo difendere.

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