Ieri, 30 Novembre, all'IGF Italia è stato presentato il Manifesto per l'Open Government (che si può leggere anche qui). Cos'è? Si tratta del frutto del lavoro di diversi professionisti, accomunati dalla voglia di promuovere l’innovazione all’interno del Paese e della Pubblica Amministrazione, che si sono incontrati e confrontati su questi temi (ne avevo già parlato in questo post). Portare l'innovazione nella PA sembra solo un consumato e poco credibile slogan elettorale, un proposito quasi impossibile da attuare. In un'Italia impantanata in patologie istituzionali e politiche, chi vuoi che ci perda del tempo ormai? Loro invece ci credono. Va bene, hanno scritto un manifesto, mica hanno fatto una rivoluzione. Ma la cosa più importante è che hanno creduto nei contributi delle persone, che hanno espresso liberamente opinioni, pareri e critiche sul loro operato. Sul loro blog, sui social media, via e-mail, di persona.
"Per rendere il nostro lavoro il più condiviso possibile, abbiamo pensato di coinvolgere tutti coloro che vogliono fornire un contributo di valore per la redazione del Manifesto" era scritto sul blog. Io, come tante altre persone (i nomi si leggono nei commenti), ho espresso il mio parere su due dei principi enunciati. Nel principio 7, che prevede di educare i cittadini alla partecipazione per la gestione della cosa pubblica, avrei voluto che fosse più sottolineato il fatto che necessita una formazione specifica per tutte quelle persone che, essenzialmente per motivi anagrafici, non conoscono le opportunità offerte dalla rete. Per quanto riguarda il principio 8, relativo alla promozione dell'accesso alla rete, ho proposto che fosse evidenziato maggiormente il "come" si può promuovere la cultura d'uso. Ho detto la mia, contando su una piccola riflessione dei promotori ma non molto di più.
Leggo oggi il Manifesto ufficiale. Gli "idonei percorsi formativi" inseriti nel principio 7 e la "società dell'informazione pienamente inclusiva" del principio 8 sono termini che nella versione iniziale non c'erano. Derivano dalla riflessione fatta dopo aver letto gli emendamenti proposti da me e da altri. Cosa vuol dire questo, che cambieranno il mondo? No, nessuna illusione. Ma sapere che professionisti di vari settori si impegnano per portare l'innovazione nella Pubblica Amministrazione e, semplicemente, riflettono su quello che dicono o scrivono altre persone mi spinge ad essere ottimista. Il filosofo Cleobulo diceva che è "meglio ascoltare che parlare molto". Una lezione che sarebbe molto utile per molti, troppi politici italiani.
(photo credit: Illustir su Flickr)
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