I 15 giorni di vacanza possono essere molto utili. Perché rientri al lavoro con la mente sgombra, con nuove idee, con un pensiero fluido, cose che ti fanno mettere in discussione opinioni che un mese prima consideravi intoccabili. Le avevi elevate alla stregua di dogmi professionali e non te ne eri reso nemmeno conto. Una riunione da un cliente, il mio primo giorno di ritorno al lavoro operativo. Si parla di progettazione, strategia, messaggi, segmentazione, analisi linguistica, il tutto per mettere a punto, in via definitiva, un progetto di comunicazione. Ho sentito chiaro nella mia testa che il percorso che volevo seguire aveva alcune aree migliorabili, magari da ripensare e da rivalutare. Era il cliente stesso che mi faceva accendere alcune lampadine, fatto che dimostra in modo chiaro e netto che stiamo facendo la cosa giusta. Insieme.
Sono rientrato a casa e ho scritto, a penna, i concetti da rielaborare, i messaggi da modificare, le nuove idee da rivedere. Sono andato a riprendermi un paio di libri per rinfrescare la teoria, consultato un paio di presentazioni su Slideshare e girovagato un po' su Google. Le aree buie si sono subito schiarite, le idee sono venute fuori spontaneamente e i suggerimenti del cliente sono stati inseriti nel posto giusto. Il lavoro resta, assolutamente, "in progress" ma la strada è molto più illuminata. Perché ho potuto guardare criticamente il mio lavoro, senza facili autoindulgenze derivate dalla mancanza di tempo o da obiettivi troppo vincolanti.
Andare alla libreria, cercare su Internet, ascoltare nuovi pareri sono cose che spesso non sono così facili da fare. Ci diciamo che non abbiamo tempo perché abbiamo così tante cose a cui pensare. Tutto vero e tutte balle, al tempo stesso. Quelle cose le possiamo fare molto meglio se la nostra mente è libera di osservare, di riflettere e di meditare. Il tempo per migliorare il nostro lavoro lo dobbiamo trovare sempre, senza attaccarsi a scuse e dogmi vari. Avere del talento significa capire che si può fare di meglio scriveva Antoine Albalat 110 anni fa. Una frase su cui meditare.
(photo credit: Flickr, The walking disaster)
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