Un interessante post di PierLuca Santoro (in uno stato di forma comunicativa strepitoso, devo dire) sottolinea come, analizzando un'impressionante mole di contenuti pubblicati su Twitter, la modalità più efficace per le aziende sia comunicare sia contenuti propri che contenuti altrui. I social media hanno proprie regole e la condivisione delle informazioni su Twitter, dove il "retweet" la fa da padrone, non fa eccezione. Il "rilanciare" contenuti altrui, ritenuti interessanti, è una delle principali regole del gioco del mondo dei Social Network in generale ma questo approccio può essere esteso a ogni contenuto aziendale, prevedendo un equilibrio costante tra la voce dell'azienda e quelle del settore dove opera.
Facciamo un esempio. Se noi analizziamo i contenuti espressi dalle aziende, troviamo spesso imprese che non fanno altro che parlarsi addosso. Sono tutte brave, efficienti e veloci. Il problema è che non spiegano in cosa sono così brave, efficienti e veloci. Queste sono "self-promoters". Dall'altra parte, specialmente sui Social Media, altre aziende non fanno altro che dare visibilità a link esterni, che parlano di settore, di mercato, di normative, di certificazioni. Tutte informazioni interessanti, per carità, ma sulle quali l'azienda non offre agli utenti alcun valore aggiunto: le stesse informazioni si potevano trovare, identiche, da altre parti. Queste sono "curators". La via di mezzo, la modalità più efficace, è quella di veicolare contenuti propri e altrui, in un equilibrio che dia una predominanza (60% circa) alle informazioni generate da altri. Spiegare in quale contesto opero, con quali regole e qual'è il mio contributo alla crescita del mio settore. Queste sono "balanced".
Appare ovvio che realizzare un equilibrio informativo, che dia predominanza sia alla qualità che alla qualità (requisito necessario per scegliere cosa dire), sia la soluzione migliore per dare un valore aggiunto significativo alle persone. Ma c'è un problema: non è affatto facile. Servono in azienda figure professionali che abbiamo le competenze, l'autonomia decisionale e la flessibilità necessarie per fare un lavoro efficace in questo senso. Esistono, oggi, dei Content Curation Manager in Italia? La cosa sicura è che le aziende, oggi, sanno neanche che esistano figure del genere. Altrettanto sicuro è che gli stagisti messi lì a gestire il sito, le bacheche di Facebook e il profilo Twitter non sono il grado di assolvere a questo compito, ovviamente non per colpa loro. Secondo PierLuca Santoro queste figure ci sono (risposta datami in diretta, ora, durante Innovatori Jam 2011, tanto per dire la potenza della rete) e sono perfettamente d'accordo. Ora sta a noi convincere le aziende che "è come andare in bicicletta: se vuoi restare in equilibrio devi muoverti" (Albert Einstein).
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