lunedì 27 febbraio 2012

Il futuro dei media: l'esperimento spagnolo

Leggendo un post di Luca De Biase, ho scoperto un'interessante ricerca fatta dal Berkman Center di Harvard sul rapporto tra giovani e media digitali per quanto riguarda la qualità dell'informazione. La si può scaricare qui, gratis e senza alcuna registrazione.Uno degli argomenti più rilevanti è che il grande aumento di produttori di contenuti avvenuto con Internet ha comportato una rivoluzione nel mondo dell'informazione. Di per sé, questa non può non essere giudicata una notizia positiva. Tuttavia, come accade sempre per questioni complesse come questa, c'è un altro lato della medaglia: le troppe informazioni rendono più difficile la selezione, la percezione della qualità e dell'affidabilità delle stesse. Come filtrarle? Su questo tema uscirà tra qualche mese un interessante libro di Alessandra Farabegoli che uscirà a breve, ma torniamo ai giovani.

I ragazzi, come facciamo tutti, cercano le informazioni con i motori di ricerca. La quantità dei risultati, non sempre ordinati secondo criteri comprensibili e chiari, genera frustrazione e ansia. Hanno poco tempo per trovare quello che cercano e la limitata qualità media di ciò che ottengono può comportare l'abbandono della ricerca. Oppure, aggiungo io, la selezione acritica delle notizie che si aspettano di trovare. Come ho già detto, io mi sono imposto di limitare le mie ricerche su Google per ottimizzare il mio tempo di ricerca e puntare su risorse informative di cui ho testato, nel tempo, la qualità e l'affidabilità. Le persone contano più di un algoritmo, almeno per ora. Questo tuttavia vale per le questioni che conosco bene, di cui ho riferimenti chiari ed evidenti. Per tutto il resto, i motori di ricerca sono l'unica alternativa a media tradizionali in forte crisi di credibilità (e di sostenibilità economica) in questa rivoluzione dell'informazione.

Cosa si può fare? Lo scenario è incerto e in evoluzione. Tuttavia, nonostante tutto, dei media abbiamo tutti un reale bisogno. Non abbiamo né il tempo né le competenze per selezionare tutti i tweet affidabili, ad esempio, in un flusso che sta diventando sempre più copioso. Ci serve qualcuno che faccia un rigoroso e credibile controllo dei fatti per conto nostro. Resto convinto che il giornalismo possa svilupparsi grazie a Internet ma, ad oggi, non esiste un modello preciso. Le riflessioni sono molte, le possibilità pure. Però mi sbilancio e scommetto deciso sul modello El Pais spagnolo, che sta portando avanti una rivoluzione coraggiosa dove la distinzione tra cartaceo e digitale non esiste più (vedi sotto). Un giornale che diventa rete, che va verso il lettore, che non ha paura di Internet, che vuole offrire "qualità e rigore" in ogni sua espressione, con qualunque mezzo. Questo probabilmente è quello di cui abbiamo bisogno.



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