Oggi faccio un post di tipo totalmente nuovo. Perché? Ho trovato in giro due o tre begli spunti su cui scrivere, che approfondiscono tesi che mi stanno care o di cui ho già scritto in passato. Invece di fare due o tre post singoli, li aggrego, ne faccio uno solo. Le motivazioni? Di ogni tema non voglio scrivere tantissimo, voglio solo porli come tema di approfondimento o discussione. Ogni tanto mi accorgo che tendo a scrivere sempre le stesse cose (la "maturità" avanza inesorabile), per questo cerco di puntare un po' più sulla qualità e non sui numeri. Lo so, facendo tre post diversi avrei più visitatori e visualizzazioni ma, per una volta, decido di fregarmene. Se non vedrete più post di questo tipo, capirete subito il motivo.
L'utilità del blogroll, oggi
In tanti si chiedono se oggi il blogroll, ossia l'elenco di siti interessanti che affianca i blog, abbia un senso, in un'era di Social Network, informazione veloce e in tempo reale. La domanda se l'è posta PierLuca Santoro, ossia una delle mie fonti di riferimento per quanto riguarda media e dintorni.
Io rispondo chiaro: sì, a me servono. Perché quando ho dovuto cercare fonti di qualità, mediate e autorevoli sulle quali informarmi, i blogroll di alcune persone di cui mi fido in Rete sono stati utilissimi. Mi hanno fatto trovare quello che cercavo in pochissimo tempo. L'alternativa? Google o una ricerca su vari Social Media, molto più incerta e time consuming. Come sempre accade, lo strumento in sé non è mai utile, lo diventa in base al contesto e all'opera di chi lo usa. Io credo sempre più a quanto mi dicono le persone rispetto agli algoritmi. L'avevo già detto qui e qui (uno dei due è il mio post più letto di sempre).
Il caso "dell" su Twitter
Non è il solito #fail di un'azienda alle prese coi Social Media, è qualcosa di più particolare. Leggete qui. In sostanza, se cercate su Twitter cosa comunica o cosa dice l'azienda americana Dell, ed è solo un esempio, trovate un miscuglio di informazioni eterogenee e per nulla legate tra loro. Perché il sistema legge sia la parola in sé sia la preposizione, segnalando ogni news che include "Dell", "dell'appartamento" o "Dell'Utri". Un problema magari da poco oggi ma che potrebbe però minare la credibilità di questo Social Media come fonte informativa nel prossimo futuro. Un caso isolato? Leggete perché non si può cinguettare "W l'Italia". Twitter può diventare davvero un'Ansa "user generated", a patto che lavori seriamente in questo senso. In primis, deve eliminare questi problemi (non troppo difficile ma non lo stanno facendo), poi deve progettare sistemi di Social Media Fact Checking che analizzino l'autorevolezza delle fonti e la credibilità delle notizie per evitare anche problemi nelle relazioni internazionali (più difficile). Ne ho già scritto qui.
Le interazioni tra media tradizionali e digitali
El Paìs, di cui sto seguendo l'evoluzione del progetto di integrazione tra cartaceo e digitale, ha infranto una barriera simbolica: ha sbattuto l'hashtag in prima pagina.
La cosa tecnicamente non ha alcuna utilità pratica (ovviamente il cartaceo non mi permette di cercare quella parola su altri profili o fonti, ossia ) ma dimostra, ancora una volta, l'attenzione della redazione agli sviluppi neolinguistici e neocomunicativi portati dai Social Media. In più, dimostrano che non vedono alcuna divisione tra il cartaceo e il digitale, dimostrando, coi fatti, la loro volontà: siamo gli stessi, ovunque ci trovi. Come ho già scritto, loro e il Guardian stanno sperimentando il futuro, da noi nessuno si è fatto avanti seriamente.
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lunedì 12 marzo 2012
lunedì 5 marzo 2012
Fact checking vuol dire credibilità
Proprio qualche settimana fa, riflettendo anche su qualche aspetto mediatico del caso Costa Concordia, riflettevo sull'esigenza impellente di strutturate un "Social Media Fact Checking". Il caso di Rossella Urru ha riportato di nuovo alla ribalta la necessità di fare una verifica delle notizie che ci arrivano, con i media (tradizionali e "sociali") che fanno gare di velocità, non di accuratezza. Con un danno non calcolabile in termini di credibilità, ossia quella che fa vendere le informazioni. Qui c'è un ottimo riassunto dei commenti e delle riflessioni fatte da addetti ai lavori, giornalisti e non, sul caso della cooperante rapita, la cui immagine è presente ovunque su Twitter. Il dibattito si è acceso, finalmente. Come sostenevo tempo fa, sempre parlando di fact checking, abbiamo più bisogno di un ProPublica che di un Huffington Post.
La velocità è sempre una brutta consigliera ma sui Social Media è necessariamente una componente importante. Twitter lo considero quasi un'evoluzione "user centered" del concetto delle agenzie di stampa: se vuoi una notizia in anteprima, qui la trovi. Il problema è che spesso il "retweet", così facile da fare, può coinvolgere una notizia non verificata. In realtà, il problema c'era anche prima, con comunicati stampa non controllati e pubblicati con un po' di leggerezza. Come dice giustamente il direttore de La Stampa, "l'errore vero è dei giornalisti". Come per il caso dei fantomatici risarcimenti ridicoli per la Costa Concordia (citati dal britannico Daily Telegraph, che non ha mai rettificato), anche qui l'inizio di tutto ha sede in una redazione tradizionale e, per giunta, molto autorevole e rispettata, ossia Al Jazeera.
I nuovi giornalisti, consapevoli della velocità con la quale si propaga una notizia oggi, hanno anche questo ingrato ma necessario compito: investire nel fact checking, nella verifica delle notizie, in termini di risorse e di procedure. La credibilità costa cara, lo so, ma è un elemento fondamentale per la sopravvivenza di qualsiasi media. Il futuro sta anche lì.
Altri utili approfondimenti su questo discorso li trovate qui, qui e qui.
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venerdì 15 luglio 2011
Breve invito a rinviare il suicidio (di un quotidiano italiano)*
Oggi il Corriere della sera ha pubblicato, nella sua home page, una notizia, anzi una non notizia (e già sarebbe cosa grave per un quotidiano). Cito testualmente, con un po' di nausea che mi cresce in modo costante e incontrollato: "Gli scatti segreti di Sarah Scazzi. Guarda le foto. Le immagine inedite tratte dal cellulare della ragazza". Non metto lo screenshot della notizia perché a me un po' di pudore è rimasto ma basta andare sul sito del Corriere (non metto neanche il link e non è un caso). Non ho resistito, perché certe volte non si può proprio farlo, e ho scritto questa e-mail, di getto, alla redazione Cronache (si può fare da qui).
Gentili Signori,
leggo oggi sulla home page del Corriere che pubblicate "gli scatti segreti di Sarah Scazzi", presi dal suo telefonino. Rifletteteci un attimo, un momento solo: non vi vergognante neanche un pochino? Gli scatti privati di una ragazza, ammazzata dai suoi stessi familiari, sbattuti in prima pagina come niente fosse: vi sembra una bella idea? Rispondetemi sinceramente.
Una volta questo era un giornale autorevole e credibile, non tanti anni fa, e vendeva oltre 700.000 copie. Oggi pubblica morbosità che sono, di fatto, delle non notizie e vende 490.000 copie. Secondo voi, non c'è proprio alcuna correlazione tra le due cose? Ditemi che fanno tutti così. Ditemi che prendere foto di ragazze uccise dai loro profili di Facebook e pubblicarle è prassi comune. Continuate pure a giustificarvi, chi sono io per impedirvelo? Se andate sotto le 400.000 copie non date però la colpa a Internet, alla crisi e a tante altre cose. Guardatevi in faccia, troverete subito la risposta. E pensate a recuperare una credibilità, ne avete un dannato bisogno. Per sopravvivere.
Ve lo dice uno di quei 200.000 lettori fissi che avete perso in 5 anni. Un giornalista. Uno che, oggi, un po' si è vergognato per voi.
Saluti.
Riccardo Polesel
Scrivevo proprio qualche giorno fa che il futuro dell'editoria sta nell'avere credibilità e dare approfondimento ai lettori. Il Corriere della sera, un ex autorevole quotidiano italiano, sta andando esattamente nella direzione opposta. A Marzo 2011 siamo a 491.957 copie vendute (meno 20.000 copie da Marzo 2010). Vedremo tra un anno chi ha ragione.
Aggiornamento: ho inoltrato la lettera a Ferruccio De Bortoli, Direttore del Corriere della sera, che mi ha risposto, personalmente, e mi ringrazia [per la riflessione in merito]. Forse c'è speranza.
* Omaggio a Franco Battiato, genio dei nostri tempi
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